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Solo lo stadio, il San Paolo di Napoli, può essere l’incubatore di un nuovo movimento per il Sud

Solo lo stadio, il San Paolo di Napoli, può essere l’incubatore di un nuovo movimento per il Sud

Sabato scorso il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo molto interessante di Vladimiro Bottone intitolato “I nuovi sudisti? Sono gli ultras”. Una lettura non banale che abbiamo pensato di condividere sul Napolista. Sono trascorsi tre giorni e speriamo di non fare danno al quotidiano nel ripubblicarlo integralmente. On line lo trovate qui. 

Un’area culturale che per comodità chiamerò sudista – e che sarebbe riduttivo etichettare come neo-borbonica – ha fatto oggetto di attenzione critica il mio ultimo romanzo, Vicaria. Le attenzioni, specie se sono spie di qualcos’altro, si ricambiano. Ora è il mio turno. Io non commetterò l’errore di trattare quell’area con sufficienza. Poiché comprende anche storie personali nutrite di passione e cultura. Ma soprattutto perché siamo di fronte ad un movimento po-li-ti-co e la Politica si maneggia con il rispetto dovuto alla più grande medicina e al più potente veleno dell’Umanità. Della dimensione politica il sudismo possiede alcune caratteristiche salienti: a) un Nemico; b) una mitologia coerente con l’evocazione di quel nemico e traducibile in simbologie e slogan capaci di mobilitare l’opinione pubblica. Si badi: la mitologia – fondativa di ogni movimento politico e indispensabile perfino ai padri costituenti – non è sinonimo di menzogna o favola. Equivale, piuttosto, ad un rileggere la Storia attraverso il taglio della spada: di qua il Bene (i nostri), di là il Male (il Nemico). Nessuna gradazione intermedia è consentita, poiché il Nemico deve assommare la Colpa e portarla come una divisa (se occorre come una camicia di forza). Il sudismo ha dunque un’epica: l’epopea del brigante, figura eroica capace di esaltare al contempo il ribellismo e il sanfedismo, tenendo insieme descamisados e gentiluomini di camera. Ma la mitopoiesi del sudismo realizza, soprattutto, una nuova narrazione della vicenda meridionale all’atto dell’Unità e dopo l’Unità. L’Unità come annessione illegittima e processo di colonizzazione del Mezzogiorno; come rottura di una società ben governata che aveva in sé tutte le chance per giocarsi in modo più che competitivo la partita della modernità. L’Unità come causa necessaria e sufficiente del mancato sviluppo meridionale. Questo insieme di assunti, che contiene parti di vero assolutizzate a Verità e dunque trasfigurate in mito politico, nasce da due sentimenti che rispetto. Un certo amore per la terra dei padri, la «patria napoletana». E, insieme, il desiderio di non doversi più vergognare della propria storia. L’importante, aggiungo, è che non ci si propini in cambio storie consolatrici quanto una ninna nanna (e improprie come una ninna nanna dopo l’età evolutiva). Giusto per non sostituire una mitologia risorgimentale con una mitografia altrettanto sacralizzata di segno opposto. Giusto per non passare da una fanfara all’altra, «da una sacra famiglia all’altra».

Ma se tutto fosse circoscritto a questo – alle opinioni di persone distintissime innamorate della storia locale – potremmo limitarci a qualche schermaglia da presentazione libraria. Non è così, invece. Questi discorsi da cenacolo, prima o poi, completeranno la loro naturale gestazione e troveranno l’incubatrice giusta. Quella che permetterà all’ideologia sudista di compiere il salto dimensionale necessario per nascere al mondo della politica. E, quindi, di venire pesata elettoralmente. Qual è quest’incubatrice? Rispondo con un indovinello. In quale luogo si è resa visibile, in una dimensione di massa, la prima contrapposizione virulenta ed esplicita fra Nord e Sud del dopoguerra? Dov’è che si mobilitano, si incanalano e si politicizzano, da più di trent’anni, le pulsioni pre-politiche della società italiana diventando manifestazione di un credo, rito collettivo e comunione identitaria? Nel catino degli stadi (vero che ci siete arrivati da soli?). Come quel San Paolo, superstite emblema dell’orgoglio municipale, dove l’unica versione della storia recita: il Napoli è ciò che avrebbe potuto essere se non fossero state perpetrate, ai suoi danni, le ruberie da parte della machiavellica squadra sabauda capace di colonizzare il Belpaese calcistico con la violenza della frode, falsando così lo svolgimento di quella che dovrebbe essere una leale competizione fra territori. Manca poco, dunque. Quando la nuova fede politica sudista e l’antica fede calcistica troveranno il loro punto di fusione nel crogiolo del tifo, avremo bella che pronta una lega nuova di zecca. Quella Lega Sud che, a condizioni invariate, la società meridionale è destinata a partorire intercettando il malessere psicologico, nonché le sostanziose ragioni, di ceti e mondi accomunati dalla battuta d’arresto, su ogni piano, del Mezzogiorno d’Italia. Una Lega Sud uguale e contraria, nonché complementare, a quella padana. E’ bene? E’ male? Non saprei: sono soltanto un romanziere. Di sicuro, al fondo di questo processo, l’Italia sarà vicina a fratturarsi ulteriormente nelle matrici del suo stare insieme. Proprio come l’Europa terremotata di questi giorni – e per motivi in fondo analoghi – scinde le sue opinioni pubbliche fra euro-scettici nordeuropei ed euro-scettici mediterranei, simmetrici come gli orli di una faglia. Perché tutto questo? Ah, amici miei: ma io sono solo un romanziere…
Vladimiro Bottone

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