Che razza di scherzo è questo, mettere un Napoli-Lazio che decide un traguardo tanto importante all’ultima giornata. È la quarta volta che chiudiamo il campionato con questa partita ed è la terza volta che questa partita vale qualcosa, per il Napoli o per la Lazio. Il 28 maggio del 1939 c’era poco da chiedere ancora al campionato, allo stadio Partenopeo arrivarono settemila spettatori, 36.000 lire di incasso, finì 0-0: Napoli settimo e Lazio decima. Ma le altre due volte è stata battaglia ed è stato batticuore.
Il 20 maggio del 1973 La Lazio si sta giocando lo scudetto. Prima dell’ultima giornata la classifica dice: Milan 44, Juventus e Lazio 43. Le partite sono: Verona-Milan, Roma-Juventus, Napoli-Lazio. Il Napoli è nono e senza motivazioni apparenti. Una in effetti esiste: far perdere lo scudetto alla Lazio. La partita dell’andata, a Roma, era stata turbolenta: 3-0 per la Lazio ma con tanta ruggine. Chinaglia aveva preso in giro Vavassori, Rimbano per difendere il compagno gli promette: “Alla prima occasione ti spacco le gambe”. Negli spogliatoi i due si mettono le mani addosso. Chinaglia alla fine dirà: “Vavassori mi ha sputato e Rimbano mi ha minacciato. Io sono un gentiluomo, non voglio commentare”. Non commenta neppure Vavassori che smentisce liti e sputi, mentre Rimbano dichiara che con Chinaglia è disposto a incontrarsi in ogni momento, “in campo o fuori”. La settimana che precede l’ultima giornata è tesa. All’ingresso negli spogliatoi, Wilson va subito a cercare Vavassori. Il Napoli in campo gioca duro e attacca. Le notizia che arrivano dagli altri campi sono clamorose: il Milan perde 3-0, la Juve perde 1-0. Con lo 0-0 di Napoli sarebbe spareggio tra Milan e Lazio. Ma la Lazio con un gol sarebbe campione.
Nell’intervallo i giocatori cercano la pace con i napoletani. I laziali vanno da Juliano e più o meno gli ricordano che il Napoli non ha nulla da chiedere al campionato. La risposta che viene attribuita al capitano azzurro passa alla storia. Gli dice: “Siete arrivati tardi”. Maestrelli mette un attaccante in più: La Rosa al posto di Nanni. Proprio lui spreca diverse occasioni davanti a Carmignani. Intanto a 3’ dalla fine la situazione è cambiata: il Milan sta sempre perdendo a Verona, ma la Juve ha rimontato sulla Roma, a sua volta senza stimoli, e vince 2-1. La Lazio a questo punto deve segnare per andare allo spareggio. Invece all’89’ segna il Napoli con Damiani. I napoletani esultano, negli spogliatoi volano schiaffi. Wilson piange, Chinaglia sfascia quello che trova. Il Napoli viene accusato di aver preso un premio dalla Juve. Questa partita lascia parecchi veleni per diverso tempo. L’anno dopo al San Paolo Chinaglia segnerà una tripletta e mostrerà le corna al pubblico.
Il 29 aprile del 1990 siamo noi invece a giocarci qualcosa. Lo sprint scudetto con il Milan sembra quasi deciso alla giornata precedente, quando il Napoli vince a Bologna e il Milan perde a Verona (ancora). Ma l’ultimo ostacolo è la Lazio al San Paolo, al Napoli basta un pareggio per essere campione, ma con i due punti (allora non erano tre) ci sarebbe un vantaggio tale da annullare le proteste dei rossoneri per la partita vinta a tavolino contro l’Atalanta, per la monetina piovuta sulla testa di Alemao. Il Napoli vuole vincere per rendere credibile il suo secondo scudetto. Maradona vuole il gol per dedicarlo alla mamma in tribuna. Lo marca un ruvido Franco Marchegiani. Fiori gli para un colpo di testa. Il gol per fortuna arriva subito. Lo segna Marco Baroni, lo stopper. Diego continua la sua caccia. Fiori para ancora. Poi arriva una traversa su punizione e nel finale la Lazio prova a guastare la festa con due tiri di Alessandro Bertoni parati dal povero Giuliani.
Adesso, 31 maggio 2015, arriva questo scherzo qua. Non c’è la sola Lazio e non c’è il solo Napoli stavolta a giocarsi qualcosa. Adesso è faccia a faccia. Per noi è una specie di ritorno a Bilbao. E’ il primo preliminare di Champions. Ci serve un gol. Si può segnare subito come fece Baroni o si può segnare all’89’ come fece Damiani. Poi non bisognerà prenderne. Ma con un San Paolo pieno, compatto e unito come quello del 1973 o come quello del 1990 si può fare.
Mario Caruso