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Napoli-Atalanta è anche il povero Mattolini coi “mutandoni”

Napoli-Atalanta è anche il povero Mattolini coi “mutandoni”

Se ti chiami Mattolini e pensi che si possa avere il destino segnato dal nome che porti allora non puoi sfuggire. Rimani “Matto” per tutta la vita. Un fato che, comunque, non è stato benigno col nostro protagonista di oggi poiché una brutta malattia lo porterà alla morte ad appena 56 anni. Oggi il toscanaccio di San Giuliano Terme, classe 1953, non è ricordato per la “folgorante” carriera nel Napoli (nel senso di breve, una sola stagione, 1977-78, ma quasi tutto il campionato giocato) ma per episodi che ne contraddistinsero la sua permanenza a Napoli e per quanto gli è accaduto nel dopo calcio, a fine carriera. Partiamo da quest’ultimo dato. Tre anni dopo aver smesso di giocare col Catania, Mattolini si ammalò di insufficienza renale e dovette ricorrere a continue emodialisi subendo anche un trapianto di reni. Il destino, lui che i reni li usava per slanciarsi ed andare a prendere i palloni calciati nei “sette” e negli angoli dagli avversari adesso lo avevano tradito. Era il periodo in cui iniziarono a venire fuori gli scandali legati agli ex giocatori della Fiorentina, probabilmente dopati durante la permanenza in maglia viola. Troppi casi fanno un indizio, diversi suoi compagni morirono prematuramente e ne parlarono a lungo anche gli ex calciatori Carlo Petrini e Ferruccio Mazzola. Basti pensare a Beatrice, Ferrante, Saltutti, Longoni, Lombardi, altri l’hanno scampata bella come Caso, De Sisti e Galdiolo.

Massimo Mattolini ammise di aver fatto uso di Cortex, un ricostituente, ma non fu mai possibile stabilire quale fosse la relazione tra le dosi prese dal giocatore e il venir fuori della malattia. Di lui oggi si ha il ricordo di un uomo buono, le lacrime al capezzale quando lo andò a trovare l’amico fraterno Antognoni a pochi giorni dalla dipartita. Un tenero, forse tradito dalla non grande personalità, forse bugiardato da un anno a Napoli non proprio esaltante e da una stampa che non gli era per nulla favorevole e nulla gli perdonava. Basti pensare che dopo l’episodio che andiamo a raccontare lo stesso Sport Sud titolò “Mattolini ha indossato i mutandoni” con un bel po’ di ironia. Il Napoli, però, lo aveva preso dopo che il “Matto” era riuscito a scalzare l’icona Superchi dai pali della Viola e gli aveva dato fiducia, del resto la politica dei giovani voluta da Di Marzio poteva anche ammettere qualche scommessa. Con lui arrivò anche Restelli in cambio di Orlandini e Carmignani. E lui scommessa lo fu perché essere titolare nel Napoli a soli 24 anni, quando tutti, in quegli anni, puntavano sui portieri esperti non è cosa che capita tutti i giorni.

Oggi lo ricordiamo con tenerezza e nitidamente ci viene alla mente un Napoli-Atalanta 2 a 2 al San Paolo, nel febbraio del 1978, quando il portiere toscano fece giocare i numeri al lotto a chi era allo stadio. Tenete presente che Mattolini, detto anche Monsignore perché aveva la faccia di un curato di campagna, era alto e magro come una acciuga. Curioso a vedersi, dinoccolato, il portiere azzurro si presentò, all’uscita degli spogliatoi, con una calzamaglia nera sotto la maglia verde bottiglia ed un cappello in testa stile calcio pioneristico, sembrava una controfigura a metà tra Lev Jascin e Giuseppe Cavanna. Non ero allo stadio ma credo che Massimo dovette suscitare un bel po’ di ilarità tra i presenti. La partita andò come destino pareva averla incanalata visto il “buongiorno” del “Matto”. Segnò Peppiniello Massa e dopo pochi minuti pareggiò Paina colpendo di testa e sfruttando la non uscita del nostro estremo difensore. Allo scadere del primo tempo Stanzione deviò la palla nella propria rete consentendo agli orobici di passare addirittura in vantaggio. Secondo tempo al cardiopalma col Napoli che riuscì a bucare la porta di Pizzaballa solo a 5 minuti dal termine col solito Massa. Dopo la gara, negli spogliatoi, il portiere dichiarò: «Ho messo la calzamaglia per combattere l’umidità ma anche per evitare noie di uno stiramento che venerdì scorso mi ha costretto a saltare l’allenamento». Ma evidentemente la calzamaglia, che tanto fece parlare, non portò fortuna al portiere napoletano che beccò due gol senza poter opporre resistenza e fornendo una prestazione piuttosto opaca. Si scrisse che subito dopo la partita Mattolini, per scaramanzia, riconsegnò la “mise” ai magazzinieri. Da allora non la indossò più e iniziò a fare anche delle buone gare. La settimana dopo fu il migliore in campo all’Olimpico contro la Roma salvando lo 0 a 0 iniziale e un mese più tardi parò un rigore di Mascetti nella vittoria del Napoli a Verona (rete di Livio Pin). Ma questo non bastò per la riconferma, il Napoli aveva già contattato “Giaguaro” Castellini, in rotta col Torino, per l’anno seguente.

Una nota finale la vogliamo spendere per uno dei giocatori che più ha sentito la maglia del Napoli come una seconda pelle, guarda caso anche lui in campo in quella maledetta domenica del 2 a 2, prima volta da avversario nel “suo” stadio. Giovanni Vavassori, rivenduto all’Atalanta l’anno prima nell’ottica dello svecchiamento voluto dalla società (arrivò, però, un signor stopper come Ferrario ), fu il migliore in campo. Perché lui, bergamasco d.o.c., aveva dato un ginocchio per il Napoli dopo l’entrata assassina di Maraschi a Genova con la Samp, tribolando e non poco per poter ritornare a giocare (lo fece solo grazie ad un luminare dell’ortopedia come il professor Trillat). Perché lui si innamorò di una ragazza napoletana e la impalmò negli anni di Partenope. Perché lui, quando il Napoli navigava sull’orlo del fallimento in Serie B agli inizi del Duemila disse che sarebbe venuto ad allenare anche gratis da noi. Perché lui, ex ragazzo di Arcene nell’alta bergamasca, forse era diventato un po’ anche napoletano. E noi non finiremo mai di ringraziarlo.
Davide Morgera (Dall’alto, il titolo di SportSud sui mutandoni di Mattolini, il gol di Massa in quel Napoli-Atalanta e un contrasto tra Pin e Vavassori. Dall’Archivio Morgera. Sotto, il video di quella partita)

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