Non sono fatti di casa nostra, ma conta fino a un certo punto considerando che recentemente ci siamo occupati della Roma e abbiamo elogiato l’intervista concessa da James Pallotta alla Gazzetta dello Sport qualche giorno dopo il tanto discusso incontro tra Juventus e Roma. E, in genere, il capo è sempre l’ultimo a parlare. Soprattutto quando lancia messaggi chiari, quando prova a mettere a tacere le polemiche e a indicare una rotta che fin lì – tra squadra, allenatore e capitano – nessuno aveva seguito.
E invece che cosa accade? Accade che una settimana dopo, sempre sulla Gazzetta dello Sport, Morgan De Sanctis rilascia un’intervista di tutt’altro tenore. In sé l’intervista non è che dica granché, ma il messaggio che voleva lanciare fa il suo effetto: un messaggio molto simile alle dichiarazioni rilasciate da Totti. «Alla Juve conta vincere ma non importa il modo, con loro mai ad armi pari». «Se l’arbitro è indeciso mandano 5 giocatori a protestare per influenzarlo: è tutto studiato». «Fa riflettere la sproporzione fra quello che hanno conquistato in Italia e in Europa».
Addirittura l’intervista comincia con un virgolettato da saloon: «Senta, domani sul giornale voglio leggere tutto quello che le dirò. Non tolga nulla». Lancia una stoccata a Platini che aveva smorzato le polemiche ricordando come la Juventus fosse spesso sotto accusa: «Ha una visione troppo ristertta, è stato solo juventino». Difende il capitano (e chissà che il motivo dell’intervista non sia questo): «Ha fatto bene a parlare dopo il match. Bisogna saper perdere, ma si fa fatica ad accettare certe decisioni perche? si ha la sensazione di non giocare ad armi pari». Poi, però, al dunque, Morgan dichiara: «Non parlo di furti, intendo dire che dovrebbero ammettere di essere stati fortunati e non trincerarsi dietro la tesi dell’accerchiamento». Dice che non c’è disonestà intellettuale nella classe arbitrale, «ma purtroppo il sistema italiano si muove con leggi non scritte in cui il potente ha sempre ragione e gli si puo? concedere tutto». Della morte di Ciro Esposito dichiara: «So che forse non servirà, ma io un appello voglio farlo lo stesso. Napoli e Roma sono città che si somigliano sotto tanti punti di vista e devono tornare ad essere amiche come una volta. Mi dispiace che mamma Antonella abbia criticato Totti. È stata una strumentalizzazione perché Francesco parlava della sua esperienza di vent’anni. Comunque nel nome di Ciro dobbiamo fermare la spirale dell’odio». Insomma, nulla di che, frasi di circostanza; colpisce, piuttosto, il secondo passaggio in difesa di Totti. Persino quando si parla della morte di Ciro Esposito.
Tutto sommato, un’intervista in cui c’è poco arrosto e tanto fumo che serve a caricare l’ambiente giallorosso. Resta una domanda: avrà gradito Pallotta che una settimana dopo il portiere della sua squadra, sullo stesso giornale, ha usato toni diametralmente opposti ai suoi? Avevamo elogiato Pallotta e la sua cultura sportiva – oltre che imprenditoriale. Oggi non possiamo che accettare quanto una visione anglosassone sia minoritaria nel calcio italiana, tra gli stessi calciatori. Ci sono dei rituali da salvaguardare. De Sanctis ha indebolito la posizione di Pallotta. La Roma è americana ma è anche molto italiana. Prima o poi anche loro dovranno arrivare a un bivio.
Massimiliano Gallo
p.s. oggi il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista a Maicon, di tutt’altro tenore. Solo un passaggio dedicato a Juventus-Roma e una risposta da riportare alla domanda “Totti da avversario e Totti da compagno di squadra. Che differenze?”. «Da avversario ti fa infuriare, appena lo tocchi… Da compagno di squadra ti dà un sacco di vantaggi».