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Anno 2034-2035, il Napoli itinerante si gioca lo scudetto in un San Paolo spettrale

Anno 2034-2035, il Napoli itinerante si gioca lo scudetto in un San Paolo spettrale

Ecco la seconda e ultima parte del racconto di Giovanni De Matteo “Il campionato itinerante del 2034-35”. La prima parte l’abbiamo pubblicata pochi giorni fa.

Il cielo azzurro di Londra

Grazie alla notte dell’Arechi, il Presidente De Laurentiis dovette pagare una pesante cauzione per la partecipazione alla fase finale dell’Europa League. Ma soprattutto, avendo escluso il ritorno a Salerno, si trovò ad affrontare il nodo dello stadio. Dopo aver rifiutato numerose proposte da città italiane e aver a lungo corteggiato Berlino, siglò infine un accordo con il West Ham United per l’utilizzo dello storico Boylen Ground. Il Napoli avrebbe giocato lo scontro di ritorno dei sedicesimi di finale con i turchi del Galatasaray a Londra, sede della più grande comunità napoletana del continente al di fuori di Napoli. I maliziosi suggerirono che la scelta fosse stata dirottata Oltremanica all’ultimo momento, appena appreso l’esito del sorteggio, per evitare che la consistente comunità turca del Brandeburgo potesse neutralizzare il fattore campo.

Dopo il pareggio per 2-2 strappato nella bolgia della Türk Telekom Arena, il Napoli s’impose di misura ad Upton Park e guadagnò il passaggio agli ottavi. La terra di Albione aveva portato bene e Londra fu confermata come sede per il successivo incontro casalingo. Dopo due pareggi, il Napoli passò ai rigori sul campo del Benfica. E poi del Valencia. In semifinale incontrò l’Athletic Bilbao, storicamente la bestia nera della formazione partenopea. Ma questa volta l’avanzata del Napoli sembrava davvero inesorabile. L’undici azzurro vinse di misura sia lo scontro di andata che il ritorno ad Upton Park e strappò il biglietto per una finale tutta italiana: al Meazza, il 19 maggio 2035, avrebbe affrontato la Roma di Andrea Stramaccioni. 

Il ritorno della Máquina

Il girone di ritorno regalò ai tifosi partenopei ancora più soddisfazioni di quanto anche le più rosee aspettative dessero motivo di nutrire dopo la brillante prima parte della stagione. La gioia fu appena attenuata dall’eliminazione in Coppa Italia patita in semifinale contro la Lazio che poi avrebbe conquistato il titolo.

In campionato la Máquina di Pecchia macinò punti su punti. Il Napoli inanellò una sequenza di ventitré risultati utili interrotti solo da una tutto sommato indolore sconfitta a Genova contro la Sampdoria, con in campo una squadra largamente rimaneggiata per le squalifiche e le indisponibilità. Con 14 successi consecutivi “in casa” i partenopei superarono l’Inter, staccarono la Juventus e le romane e poterono presidiare la testa della classifica per otto giornate nell’infuocato finale di stagione. Solo il Milan del vicepremier Barbara Berlusconi riuscì a tenere il passo della capolista, emergendo alla distanza.

Galvanizzato, il presidente De Laurentiis tornò alla carica su un sogno che sembrava ormai aver riposto nel cassetto. Alla vigilia della finale di Europa League dichiarò ai microfoni: “L’esperienza di questa stagione entusiasmante ci induce a reclamare a maggior voce l’opportunità di un supercampionato europeo e per questo lunedì prossimo sarò a Parigi per discutere la proposta con i vertici dell’Uefa”.

Dal loro canto, le autorità cittadine non si rassegnarono a un ruolo di contorno nella storica stagione della squadra. L’assessore ai Lavori Pubblici annunciò che la valutazione del progetto presentato dalla Società partenopea era ormai alle battute finali e presto l’ufficio tecnico avrebbe fornito un parere finale. Il sindaco si sbilanciò ulteriormente commentando la splendida annata azzurra con queste parole: “È anche merito nostro questa stagione memorabile. E scusate se parlo senza mezzi termini e false modestie. Senza la nostra mano intransigente il Napoli non avrebbe potuto raccogliere lo slancio dei numerosi tifosi azzurri sparsi per tutta la penisola, e perfino all’estero, come nella città di Londra. I napoletani d’Italia e di tutto il mondo hanno fatto grande questa squadra. E questo è per noi un grande motivo d’orgoglio!”

Insomma, se il restyling proposto stentava a convincere le autorità, suonava una musica del tutto diversa per il “Modello Itinerante”. Una delle penne più sferzanti si spinse a commentare le parole del sindaco invitandolo a favorire anche la successiva stagione della squadra, incentivando ulteriormente il tasso migratorio che negli ultimi dieci anni, per via della Seconda Grande Depressione del Secolo, aveva già dimezzato la popolazione della città.

Resa dei conti a San Siro

Temendo il peggio, ignorando tutti i segnali distensivi lanciati dal tifo napoletano in giro per l’Italia, sprezzante della salatissima multa che l’Europa avrebbe imposto alla Federazione, per la finale di Uefa Europa League il Prefetto di Milano dispose le misure estreme: porte chiuse a San Siro.

Si giocò in un silenzio sepolcrale, la più triste finale di una competizione europea di cui gli annali portino traccia. In tribuna solo i cronisti giunti da tutta Europa, mentre il palco autorità era occupato, oltre che dai vertici Uefa, dal presidente della Repubblica Matteo Renzi e dal suo codazzo istituzionale: vari notabili del PPN con famiglie al seguito. Complessivamente, non più di duemila spettatori, in maggioranza sostenitori dei giallorossi, così come l’interezza della squadra televisiva inviata da MediaRai+, che consegnò alla storia l’ennesima telecronaca esemplare per imparzialità.

Davanti a cotanto parterre, la Máquina Nueva parve avere inceppato i suoi automatismi. La manovra non era più fluida come si era visto nel corso della stagione, la squadra si affidò alle individualità. Grande personalità dimostrarono i mediani Castro e Cooper, che si proposero come il vero motore del gioco azzurro.

I partenopei rimontarono due reti nel finale del secondo tempo. Al termine di 120 lunghissimi minuti comunque s’impose la Roma ai rigori.

Il Napoli non demeritò.

Gran finale di stagione

Ultima giornata. Il Napoli è due punti davanti al Milan che riceve in casa il Genoa. Gli azzurri ospitano la Juventus e per l’occasione il Comune offre l’uso del San Paolo in segno di tregua. De Laurentiis è ancora scottato dalla finale di Milano, storce il naso, si dimena, cerca disperatamente una via di fuga ma in quel momento non si trova a passare nemmeno un hoverscooter da arpionare con tutta l’agilità del suo corpo cyborgizzato da ottuagenario ringiovanito, insomma si sforza di resistere con fierezza mai doma, ma alla fine è costretto a cedere alle insistenze dei figli e dei nipoti: lo Scudetto potrebbe suggellare la pace con la città di Napoli, non solo con le autorità, compattando il tifo cittadino.

Così le squadre scendono in campo davanti a trentacinquemila spettatori, raccolti nei settori dichiarati agibili. Metà stadio offre uno spettacolo desolato di cemento nudo e scheletri di ferro. È la più brutta location immaginabile per un finale di campionato decisivo come quello, qualcosa che batte addirittura le gradinate deserte del Meazza della settimana prima, confortevolmente occupate dagli spettatori vip. I club del tifo cittadino hanno firmato una tregua: gli ultrà srotolano gli striscioni e intonano cori all’unisono, prendendo di mira la dirigenza societaria, la squadra colpevole di aver gettato alle ortiche il primo trofeo internazionale dopo quindici anni, la polizia e per poco anche San Gennaro. Cercano ripetutamente lo scontro con la tifoseria ospite. Bersagliano di sampietrini il pullman dei bianconeri.

E ancora una volta la Máquina Nueva fa cilecca. Andati in svantaggio in chiusura del primo tempo, nel clima ostile del San Paolo Juarez riesce a pareggiare a due minuti dal fischio finale. Ma il Genoa non riesce a fermare i rossoneri, che dilagano nel finale. Sebbene il Napoli abbia dalla sua gli scontri diretti, la differenza reti e la media inglese, le nuove regole introdotte dalla Figc a inizio stagione, recependo le direttive sulla semplificazione del governo Boschi-Berlusconi III, prevedono l’assegnazione del titolo mediante lancio della monetina.

La monetina viene lanciata.

Il titolo è assegnato al Milan.
Giovanni De Matteo (2 – fine)

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