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Benitez è una grande opportunità. Ma io desidero una città migliore, non diversa o normale

Pubblichiamo sotto forma di articolo un commento che Oscar Nicolaus ha rilasciato sul Napolista all’articolo di Massimiliano Gallo intitolato “La rivoluzione antropologica di Benitez: «Napoli deve smettere di considerarsi una città diversa»”

Caro Max, penso anche io che stiamo vivendo una grande possibilità e penso che Benitez sia l’interprete migliore perché questa si realizzi. Detesto gli allenatori che fanno sceneggiate sulla panchina, a Conte e a qualcun altro andrebbe comminato il daspo o diaspo come caspita si dice.
Amo perciò lo stile di Benitez e la sua saggezza. A volte preferirei incontrare alcune squadre con un centrocampista in più e forse Rafa, a volte, pecca di schematismo ma nessuno è perfetto.
Ciò che però più mi piace è la sua affermazione: non possiamo vincere ogni 25 anni!
Vale a dire dobbiamo costruire una squadra e una società che non si fa e si disfa ogni anno, che si esalta e si demoralizza a seconda del vento etc.. C’entra tutto ciò con le retoriche che si scatenano periodicamente sulla normalità e la diversità partenopea? A mio avviso, no.
I due partiti si scontrano da secoli. Basta dice uno con la retorica della bellezza, del calore, della fantasia che coprono immondizia, camorre, cialtroneria ed improvvisazioni. Regole, rigore, serialità, il tutto sintetizzato da una magica parolina: normalità.
Ma come? Vorreste, in nome di una modernità morente, soffocare lo spirito peculiare dei napoletani, li vorreste uniformare, omogeneizzare, cambiare l’azzurro in grigio: siamo diversi ed orgogliosi di esserlo.
Credo che utilizzare i termini di normalità o diversità in astratto e in contrapposizione siano solo operazioni culturali demagogiche o ottuse.
La penso, molto in sintesi, così: siamo tutti diversi e tutti uguali come recitava uno slogan. Nessun cambiamento, nessuna trasformazione sia sul piano personale che su quello collettivo può avvenire non contando sulle risorse e sulle capacità interne, sulle caratteristiche migliori di una comunità. Nessun “sovietico” farà crescere patate in Siberia. Bisogna valorizzare le tipicità perché, come diceva il poeta Auden, ciò che è veramente tipico è anche universale! Come la pizza.
Ma ciò che è veramente tipico non è chiuso in se stesso, non mette le proprie tradizioni, le proprie diversità in un freezer, non le balcanizza e le rinchiude in una muraglia autistica. Ha bisogno del confronto, del mare aperto, dell’organizzazione e degli attrezzi adatti per rinnovarsi continuamente.
Non abbiamo bisogno di sogni che ci facciano rincorrere imitazioni altrui, ma di sogni che ci migliorino e per questo abbiamo bisogno anche delle esperienze degli altri.
Ho amato Maradona perché ha testimoniato sul campo di come potessero accordarsi bellezza e vittoria, creatività e organizzazione, di come un argentino, un bergamasco, un milanese e un napoletano sapessero dialogare formando un formidabile team di squadra e società.
Non mi interessa avere una città diversa o normale (un giorno mi spiegheranno il significato di questi termini) ma una città migliore.
E mi interessa una squadra e una società che progetti un suo futuro migliore e, per esempio, che punti decisamente sulla valorizzazione di un vero vivaio giovanile. A proposito, che fine ha fatto la cantera? Su questo se è possibile ci tornerò perchè ha molto a che fare con un buon Manifesto culturale.
Forza Rafa, forza Napoli
Oscar Nicolaus

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