Ma Benitez al Chelsea ha fatto bene o ha fatto male? Mentre a Napoli mazzarriani e anti ormai da tempo si scornano (dite così voi napoletani, mi piace molto questa vostra parola: scornano), a Londra hanno fatto più o meno lo stesso per tutto l’anno quelli del partito pro-Benitez e quelli contrari. Alberto Egea ha fatto un’analisi asettica e lucida del lavoro di Rafa e del suo “polemico bilancio” (lo chiama così) per la rivista online Perarnau Magazine.
Scrive che Abramovich chiuse con Di Matteo e chiamò Rafa per raggiungere due grandi obiettivi: vincere un titolo internazionale e ammortizzare il grande fiasco finanziario dell’acquisto di Torres, il più grande della storia dopo Kakà. C’è riuscito? Il titolo è arrivato in Europa League, in campionato Benitez ha fatto un 1% di punti in meno di Di Matteo, e con la sua media punti una squadra avrebbe vinto la Premier solo in una delle 21 edizioni fin qui giocate. Torres è rimasto 20 giornate di fila senza segnare, ma è anche vero che in Europa League ne ha fatti 6 in 7 partite.
Egea riconosce questi meriti a Benitez, più un terzo, secondo lui superiore: aver rimesso fisicamente a nuovo il Chelsea, squadra che è arrivata fresca in fondo alla stagione dopo aver giocato 69 partite (sessantanove!), più di qualunque altro club in Europa. Così come gli riconosce il fatto di aver dovuto lavorare a Milano in condizioni semi proibitive. Per questo scrive “due anni e mezzo dopo, il ritorno di Benitez è una buona notizia per il calcio italiano, bisognoso di personalità che gli diano un aura mediatica, e lui la possiede”.
La cosa più interessante è l’analisi del Napoli, definito una squadra che, “a differenza dell’Inter del 2010, ha margini di miglioramento. In questa stagione ha lasciato la sensazione di essere una squadra con ambizioni ridotte. Tre partite al San Paolo hanno evidenziato la mancanza di ambizione del Napoli: l’eliminazione con il Bologna negli ottavi di Coppa Italia, il suo incomprensibile comportamento contro il Viktoria Plzen in Europa League, con la squadra umiliata (0-3), e la mancanza di sforzo per battere la Juve (1-1) in una partita che, se vinta, avrebbe riaperto la lotta per lo scudetto. Una squadra che si è arricchita di costanza e solidità in serie A – il suo secondo posto lo evidenzia – ma alla quale manca la convinzione in se stessa nelle partite che fanno la differenza tra le buone squadre e le grandi squadre.
Egea conclude: “Ed è qui che la scelta di Benitez sembra perfetta. L’allenatore madrileno firma per la squadra che, tra tutte quelle che ha allenato, più assomiglia al Valencia con cui diventò campione di Spagna. Un gruppo solido in difesa, agguerrito e pronto, bisognoso di qualcuno che lo contagi con il gene della competizione e della vittoria, la cui mancanza il Napoli quest’anno ha sofferto. Benitez, che senza dimenticare i due campionati con il Valencia, ha sempre dato il meglio di sé nelle competizioni a eliminazione diretta, è la scommessa di Aurelio De Laurentiis. Che dimostra di essere un presidente con una visione chiara della filosofia del suo club e che dà una responsabilità a colui il quale individua come l’uomo giusto per il salto di qualità che Napoli chiede a gran voce”.
Desmond Digger
I pregi e i difetti di Rafa Benitez (scritto da chi segue il Chelsea)
ilnapolista © riproduzione riservata