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Cari rafaeliti, col vostro dogmatismo non aiutate Benitez

Raccolgo i poco cortesi inviti del nostro direttore a esporre le mie idee senza infingimenti. E allora eccomi qua, sono quello brutto, sporco e cattivo che viene fuori quando le cose vanno male. Sono soprattutto quello che non ama particolarmente Benitez. Espongo il petto al nemico in un raro slancio di donchisciottesca auto-esposizione. E comincio.

Per me Rafa è un allenatore bravissimo, ma mi sembra un grande cuoco che entra nella cucina di un ristorante tradizionale e dice: “Facciamo l’anatra all’arancia”. Il vivandiere risponde: “Chef, in dispensa abbiamo solo sasicce, patate e friarielli”. E Rafa: “Ottimo, allora cominciamo a preparare quest’anatra…”.

Altra metafora ardita: non so quanti di voi seguissero il tennis negli anni Settanta, ma insomma, io non avrei mai chiesto a Barazzutti di scendere a rete. Sì, era un ottimo giocatore, ma doveva restare inchiommato alla linea di fondo per vincere la partita.

Allora mi chiedo: ma Rafa li hai visti i giocatori che ha? Siamo sicuri che siano adatti a interpretare le sue idee? Voi rafaeliti replicate convinti: “In tutta Europa si gioca così”. Punto e basta. Sarà vero, ma forse “in tutta Europa” hanno i giocatori adatti per farlo. E noi no. Il famoso possesso palla lo puoi fare se hai Xavi e Iniesta, o almeno Pizarro e Borja Valero, ma con Inler e Behrami mi sembra molto più difficile. Infatti quando il gioco si fa duro la palla non la teniamo mai, e quando ci proviamo la perdiamo scioccamente, subendo contropiedi mortiferi. Oppure, se riusciamo a tenerla, ce la passiamo a due all’ora da destra al centro fino a sinistra e poi indietro, facendo il solletico ai difensori avversari, che stanno lì a guardarci pensando: “Ah, per noi non c’è problema, continuate pure fino a domani mattina”.
E poi: ma da quando in qua il possesso palla garantisce la vittoria? L’anno scorso la Roma di Zeman venne a Napoli e tenne la palla tutto il tempo. Ce la concesse solo per brevi momenti, in cui noi gli facemmo quattro gol e ce ne andammo a bere una bella birra brindando alla salute del calcio totale.

Ve lo dico. Sono arrabbiato. Mi girano le palle perché non riesco a spiegarmi bene e non riesco neanche a capirvi fino in fondo. Avete accolto Rafa come un Redentore, l’Uomo che ci avrebbe affrancato dalle catene del gioco speculativo, sparagnino, retrogrado e misero. Ma perché non vi è mai venuto il sospetto che quel metodo così elementare fosse l’unico applicabile, visti i nostri giocatori?

Ecco, forse ho trovato il punto che ci divide in maniera irrimediabile: la convinzione che un allenatore possa tutto. “Il Napoli di Benitez”. No, il Napoli non è di Benitez. Il Napoli è di Higuain e di Hamsik, ma anche di Uvini e Radosevic. Questa attenzione enorme sull’allenatore rischia di deresponsabilizzare i giocatori, di farli sentire semplici e inerti pedine di una Grande Mente che tutto può. E invece no, i giocatori si prendessero meriti e demeriti, perché i protagonisti solo loro, non l’allenatore. Del resto pochissime squadre sono state di qualcuno: L’Ajax di Rinus Michels, il Napoli di Vinicio (questo sì), L’Inter di Herrera… In questo momento forse sono appannato, ma non mi ricordo il nome dell’allenatore campione del mondo. Chi era, Aragones o già Del Bosque?

Ah, poi c’è il Milan di Sacchi, l’uomo a cui Rafa si ispira. Due giorni fa parlo con un giornalista milanese e milanista, un uomo perbene, caro anche al Gallo. E lui mi dice: “Ma tu credi che Sacchi fosse osannato? Guarda che a Milano gli facevano il culo a strisce”. Eppure Sacchi ha vinto tutto giocando un grande calcio. Noi invece non dobbiamo criticare Benitez. E’ vietato. Sennò non facciamo sistema, non siamo lobby e ce lo meritiamo Mutti… Ma veramente? Su dai, non scherziamo.

A proposito di Sacchi e di Rafa. A me non piace l’idea di un modulo da applicare a prescindere dai giocatori. Se c’è Hamsik, ok, mettiamolo dietro Higuain. Ma se in quella posizione, in ossequio all’Immutabilità del Modulo, deve giocare l’ectoplasma di Pandev, allora no, non ci sto più. Invece a Dortmund c’era di nuovo Pandev. A fare cosa, non si è capito e non si è visto.

Ora, cari Rafaeliti, vedo che avete cambiato un po’ la vostra posizione. “Questa è una stagione di passaggio…”. Scusate, ma non è che “anno di transizione” significa che un sacco di palloni transitano nella nostra porta e ci restano pure? Se è così, ditemelo dall’alto dell’autorevolezza che vi contraddistingue, almeno mi metto il cuore in pace.

Altra posizione molto frequente: “Rafa non può fare molto, la squadra è incompleta, i ricambi sono pochi…”. Oh, assafamaronn, ci siete arrivati! Ma perché non ve ne siete accorti a settembre? Se non lo sapete ve lo dico io: Siete caduti nel tranello di De Laurentiis, sempre pronto a mandare avanti gli altri, che a lui vien da ridere mentre conta i soldi. La furbata di Aurelio sta tutta in una frase: “Benitez è il nostro miglior acquisto”. E tutti: “Sìììì”. Scusate la franchezza: questa è una cazzata fenomenale. Proprio perché c’è un allenatore molto bravo, abituato a giocare su più fronti alternando gli uomini, si doveva costruire un organico all’altezza. Adesso magari la rosa sarà completata (ci credo poco), ma per la Champions è tardi.

Invece siamo ancora in tempo per raddrizzare la rotta. Su questa barca azzurra lo skipper è Benitez. Questo non si discute e non si deve discutere. Però ha bisogno dell’equipaggio. Diciamolo chiaramente. Senza fare questioni di principio o guerre di religione. Cari Rafaeliti, non fate gli offesi, non arroccatevi sui vostri dogmi. Più esprimete acritico consenso e cieca fiducia in Rafa, meno lo aiutate. Anzi, lo fate sentire ancora più solo in mezzo alla tempesta. D’accordo, è un capitano di lungo corso, ma non è Gesù, non potrà camminare sulle acque e neanche trasformare Fernandez in Thiago Silva.
Giulio Spadetta

ps Caro direttore, ho capito che avevi bisogno di un nemico e mi sono immolato. Hai visto che bell’amico che hai?

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