Caro fratello MerdJ (fratello in quanto meridionale),
te lo prometto e lo prometto ai lettori: oggi la finisco. Poi prometto a quelli del Napolista di non scrivere per un mese, ne avranno fino sopra ai capelli di me. Oggi ci aspetta la descrizione del tuo tipo peggiore. Il MerdJ napoletano o dell’immediato retroterra. Quello mi serve, per poter parlare di Pozzuoli, di Procida e di Caserta. “Noi non siamo Napoletani”, corteo davanti alla Reggia la sera dell’ultimo scudetto. No. Certo, tranquilli. La risposta è no.
“Vi-Vogliamo-co-sì!”
Lasciami dire che ho apprezzato molto la reazione su twitter di tutti i tuoi confratelli ai primi due pezzi. È pur vero che me la sono andata a cercare, se uno prende a bastonate un nido di vespe non è che poi può lamentarsi per qualche puntura, ma vi ho ammirati nel vostro miglior splendore. Vediamo un po’ cosa avete scritto: devo ammalarmi, devo morire senza esser curato dal Servizio sanitario nazionale, sono un demente, un cesso, aizzo la violenza, anzi uno ha detto che se ci saranno incidenti al prossimo Juve-Napoli (o viceversa) io devo essere il primo ad essere arrestato. Peraltro c’è chi vuol passarmi “a fil di spada”, chi trova che somiglio a Jabba the Hat, chi mi ha promesso di venire fino a casa mia per consegnarmi un paliatone. Siete un pubblico stupendo perché non avete tradito le mie aspettative. Mentre vi ricordo che dopo l’ultimo Napoli-Juventus siete in 51 ad esservi beccati un Daspo (poi tutti annullati per difetto di forma nella notifica, vero). Andiamo avanti e sia messo agli atti che io disprezzo il comportamento di una parte dei tifosi del Napoli quando vi imitano, perché spesso lo hanno fatto, sia nelle opere che nelle parole.
La Chiesa Bianconera del Trentunesimo Giorno
Metto a verbale questa dichiarazione programmatica perché vorrei che tu, fratello mio, ti disponessi in modo meno scorbutico nei confronti di questo gioco in tre puntate… Eh sì perché un gioco è. Se avessi fatto il capitolo sugli intellettuali, che non scrivo per pietà verso di me e quelli del Napolista, avrei detto che il vostro problema è che vi prendete maledettamente sul serio. Che vi comportate come la Chiesa Bianconera del Trentunesimo Giorno e che non reggete una critica che è una. Siete peggiorati dopo Calciopoli ma un po’ siete sempre stati così. Andrea Agnelli è il vostro leader, Luciano Moggi il profeta esiliato ingiustamente e vi muovete come una falange (vi dirò che quel processo, che ho seguito via Radio Radicale quasi per intero, manco me convince del tutto e dico così perché so distinguere il piano della realtà da quello del tifo. Voi no). Noi, il nostro Aurelione, lo spernacchiamo un giorno sì e l’altro pure e non ci verrebbe mai in mente di confondere la bandiera che c’è nel nostro cuore con le vicende societarie. Ve l’ho già detto: noi non fuggiamo dalla nostra miseria e nemmeno dalla nostra goffaggine. Se volete vi prestiamo uno dei nostri più corrosivi commentatori, Spadetta: quello con un paio di pezzi rade al suolo pure Marotta che è bello robusto. Guardate che non è uno scherzo: il vostro paradosso è che più vincete, più state incazzati.
Col distintivo anche a messa
E dunque, mio adorato MerdJ napoletano, ti ho conosciuto fra Procida e Fusaro, dove ho passato la mia infanzia. La bandiera in un negozio dove se la guardi storto vieni servito storto. La Juventus come distintivo all’occhiello anche alla messa della domenica, giusto perché quell’angelo di don Luigi sopportava di tutto, ma restava tifoso del Napoli, pronto ad accorciare la messa per permettere a me, suo chierichetto, di arrivare in tempo allo stadio. In tempo per pigliare il posto buono nei distinti. Ti ho conosciuto sui banchi di scuola: “Quanti scudetti ha vinto la Juve, eh? Vuje site pezzienti, non vincete mai niente”. E tu pensi, mio adorato, che questa idea che tutto attorno a te ci sono i pezzenti non abbia influito sulla tua formazione? Sono 50 anni che ti guardo vivere, ormai ti conosco come se tu fossi l’ombra di me stesso. Perché tu sei me, sei l’altro me perduto (“Mon semblable, mon frère”, mio simile, fratello mio, avrebbe detto Baudelaire al suo lettore). La tua è l’ombra lunga del mio malessere, del mio spaesamento esistenziale. E’ la tua proiezione sugli altri che ti sono intorno della responsabilità per esser nati qui. Che come sai non è di nessuno. Succede a tutti noi in forme diverse: io me ne sono andato da Napoli perché cercavo di più nel lavoro, come tanti, come migliaia, ma portandomi Napoli come una scheggia di vetro nel cuore. Tu hai pensato di risparmiare sui viaggi e ti sei fatto bianconero. Tu, certo, adesso sei un signore. Anzi, tifare per il calcio vincente ti ha sottratto all’attaccaticcio della provincia. Tu sei il nuovo “globalista”, tifi per il meglio ovunque si trovi. Così te la racconti.
I Merd-altrasquadra
Non che la tua sia l’unica scelta di proiezioni calcistica. C’è il MerdInterista, il MerdMilanista e perfino il MerdRomanista. Come Claudio Velardi, quando dice “La Roma è l’Italia”, ma Velardi è un grande provocatore, non va preso sul serio. E poi è un signore e poi è amico mio. Ma nessuno di tutti questi è talebano come te, più che altro sono anime affannate. Franco Moretti, illustre anglista, oggi professore a Berkeley, un giorno mi disse: ti chiedo per chi tieni nella volata fra noi (lui è milanista Ndr) e la Juventus perché, quando mi trovo un meridionale di fronte, mi basta fare così con l’unghia ed esce lo juventino. Franco aveva insegnato a Salerno. Sapeva di cosa parlava.
Statolatria e Juvelatria
Nessuno è così da antologia come te. Ti ricordo giovane dirigente comunista, riccioluto, brillante, di molte letture – ché poi un’altra indagine andrebbe fatta. Perché tra i comunisti c’erano tanti juventini, compreso Togliatti, Luciano Lama, Enrico Berlinguer e – mi pare di ricordare ma non trovo conferme – Giuseppe Di Vittorio. La mia idea è che tra il totalitarismo e la statolatria comunista e la tua Fede sportiva ci sia un legame profondo, libidico in senso freudiano. Il culto e l’attrazione erotica per il potere invincibile, assoluto. E soprattutto non discutibile. Ma basta, torniamo a te: anche se sei andato via da Napoli, ti conservi così. Vuoi uno stato forte, una politica forte, un pensiero forte. Forse sei pure un po’ teocon. E sei juventino.
Ti ricordo in altre incarnazioni, ambizioso, ossessionato dalla competizione personale, vissuto nel culto di te stesso e sempre in guerra con l’esterno: che fossero “i padroni”, lo stato, gli altri giornalisti. Tu ti senti il migliore, tu vai a cercare l’eccellenza. Non so come dirlo, perché il tono ironico travolge e prende la mano, ma sono molto convinto di questa relazione nevrotica nello juventino meridionale tra affermazione personale e scelta calcistica. Lo dico perché sono convinto che non ci sia niente di “non serio” dentro la scelta di una maglia e di una bandiera. Siamo sempre noi, a sette come a settant’anni, e quelle cose “frivole” parlano di noi quanto le scelte più profonde e più serie della vita. Niente di più serio del pallone.
Un abbraccio
A Napoli ormai sei diventato coraggioso. Una volta ti mimetizzavi con l’ambiente. Quando la tua squadra vince si sentono i tracchi (botti) al Vomero e ai quartieri spagnoli, e una volta tanto non segnalano merce regolarmente consegnata. C’è chi dice che hai grande seguito in mezzo ai “malamente”, ma io non ho indagato questo aspetto e quindi non insisto. Vorrei poterti dire che ti voglio bene, che vorrei vederti rilassato, come noi perdenti storici. Ma a mano a mano che sfoglio l’album della mia memoria e guardo tutte le tue facce, mi sale al cuore una tristezza umida, una malinconia di vita perduta che fa male. Chiudiamola qui, perché fai schifo, ma sei pur sempre mio fratello. Ti abbraccio, Il tuo MerdN
Vittorio Zambardino
3 / fine
Le precedenti uscite
La prima parte: Smerdj, ovvero la Sindrome del Meridionale Juventino
La seconda parte: Tu sei il vero arci italiano