Ora, però, stiamocene calmi. Altrimenti facciamo il gioco loro

Secondo me, è venuto il momento di darsi una calmata. Darcela noi per primi, visto che loro non lo fanno ancora. Chi sono “loro”? Una dirigenza juventina molto sui nervi, perché convinta che c’è chi rema contro. Una stampa – e non parlo solo dei siterelli di tifo ma anche i decenti colleghi di Tuttosport […]

Secondo me, è venuto il momento di darsi una calmata. Darcela noi per primi, visto che loro non lo fanno ancora. Chi sono “loro”? Una dirigenza juventina molto sui nervi, perché convinta che c’è chi rema contro. Una stampa – e non parlo solo dei siterelli di tifo ma anche i decenti colleghi di Tuttosport – che va a pescare negli archivi una parola di Guida sul Napoli, facendo da dilettanti un lavoro da macchinina del fango. E forse perfino “noi”. De Sanctis ha parlato e forse una risposta, una sola, ci voleva. Ma da ora in poi il Napoli dica ai suoi di cucirsi la bocca.
Ovviamente sono già stato sospettato di essere juventino, ma sono abituato a non farmi domande inutili. Stiamo al tema: se continuiamo così, con queste polemiche da parole al vento, la sera del 1 marzo, quando al San Paolo si giocherà Napoli-Juventus, conteremo danni, incidenti e speriamo di fermarci ai danni alle cose. A quelli alle persone non voglio nemmeno pensare. E avremo celebrato un altro pezzo di funerale del calcio italiano come cultura e spettacolo civile.
Perciò: basta così. E a cominciare da noi. Meglio una battuta in meno, meglio un sfizio in meno, meglio rinunciare alla presa per il c—. E lo dico non per la Juventus, ma per il bene del Napoli. Non arriveremo da nessuna parte se partecipiamo a questo gioco al delirio.
Poi un discorso si dovrà aprire. E’ quello relativo a una tecnica raffinata, che non è nemmeno invenzione juventina, ma accorgimento messo a punto, almeno in Italia, dall’Inter di Mourinho.
Si comincia al primo minuto. Si urla su ogni fallo laterale, si chiamano in causa i segnalinee e il giudice di porta per ogni fallo da due soldi. Si chiedono ammonizioni. Si urla, “si tocca” fisicamente l’arbitro, lo si intimidisce sul piano fisico e psicologico. Ogni pentola, appena messa sul fuoco, è fredda. Ma dai e dai, l’acqua diventa bollente e quando poi alla fine della partita arrivi agli episodi chiave, l’arbitro è “cotto” a dovere. E magari gli fai pure il processo per una frase infelice. E’ una forma di massaggio psicofisico che va punita senza pietà, ma va anche creata come “fattispecie” (scimmiotto un linguaggio, perdonino i giuristi presenti, è per farsi capire): cioè se è evidente che nel corso della partita giocatori, allenatori e ormai perfino strascinafacenti ed accompagnatori lavorano al “massaggio”, questa tecnica va punita.
E non escluderei nemmeno che la stessa tecnica venga applicata ai media, per preparare gli incontri chiave con il giusto pathos, il che spiegherebbe perché il club Juve colluda con tanta assenza di reazioni decenti e decorose verso la campagna di odio e insulti che il suo pubblico conduce verso i napoletani. A maggior ragione, non assecondare, non farsi coinvolgere.
Se vogliamo ancora il calcio, bisogna salvare gli arbitri. Amici Napolisti, anche Mazzoleni, per intenderci.

Vittorio Zambardino

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