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In curva come alla gita scolastica

Napoli-Novara non è una partita da stadio pieno. E lo si capisce subito, a partire dai campetti di calcio che non ospitano auto come al solito, ma due squadre di ragazzi che hanno più agonismo del Napoli dell’ultima partita. Qualcuno anche in maglia azzurra. Tanto che il parcheggiatore/affitta campo ci scherza volendolo vendere come il campo d’allenamento del Napoli.

L’atmosfera è goliardica. Anche troppo. Questa partita è importante per il morale, la dignità e, perché no?! Anche la classifica.

Ma appena entriamo in curva ci rendiamo conto che dovremo fare i conti con un clima di gita scolastica. Ci mettiamo l’anima in pace e osserviamo i vari personaggi che ci circondano. Belli, sorridenti e con gli occhi a cuoricino. Quelli dei bambini che vedono per la prima volta uno scivolo o un’altalena, quelli degli innamorati che vedono arrivare la propria sposa all’altare, quelli dei tifosi che entrano per la prima volta in un teatro di sfide viste, fino ad allora, sentite in radio o viste solo in tv.

Tre tipologie in particolare quelle che mi hanno colpito.

Davanti a noi, appena arriviamo due famiglie, entrambe con un figlio maschio. In una, il padre era partecipe, ma non troppo. Nell’altra il padre era il tour operator dello stadio. Colui che spiegava ai neofiti com’era fatto lo stadio, le panchine a che servivano, perché c’erano due porte e che i giornali sui sediolini non servivano per non sporcarsi il sedere, ma per mantenere i posti a chi stava arrivando. Era iperattivo, saliva e scendeva gli scalini per fare foto al rettangolo verde sotto di lui. E’ impazzito quando ha visto entrare i giocatori. Poi non l’ho più visto.

Accanto a noi due coppie di ragazzi. Gli uomini discreti, con sciarpa al collo e sguardi in giro. Le donne in versione book fotografico dell’ultim’ora, rigorosamente con le due dita in segno di vittoria ben in vista. Che porta pure un po’ sfiga, ma non l’ho detto per non rovinare il sorriso di plastica, uguale in tutti gli scatti, tipo video di Lately degli Skunk. Persino gli occhi spalancati erano inquietantemente simili. Solo quando hanno fatto una foto con il rispettivo ragazzo, mi sono resa conto che avevo avuto un’idea sbagliata e nella mia testa li avevo accoppiati in maniera opposta. Poi non li ho più visti.

Sempre davanti a noi, ma una fila più su e più spostata verso destra c’era lei. La donna dalla faccia di bronzo più lucida della storia della curva. Una bella bionda che ha avuto il coraggio di tenersi  in testa per tutta la partita un mega cappello di peluche azzurro a forma di ciuccio. Con tanto di orecchie, muso, occhi e naso.  Lo faccio notare ad un amico già prima del fischio d’inizio e della spalla persa dall’arbitro. Poi ad inizio partita, viene notata anche un altro amico che spera sia una bimbetta ad avere cotanta costanza. Ma la ciuccia in questione avrà avuto trent’anni. Il cappello, poi, è passato anche al fidanzato accanto a lei. Ovviamente il tutto con una faccia seria da fare invidia a Galliani in Milan-Bologna del giorno dopo. Vi giuro che quel capello a forma di ciuccio era veramente enorme. Difficile non vederlo, complicato assistere alla partita per chi gli stava dietro. Al secondo goal, mi sono vibrate davanti più volte quelle orecchie enormi. Poi non le ho viste più.

Insomma, una curva bella, nuova, entusiasta. Una curva che ha lasciato a casa qualche veterano e accolto qualcuno alla prima esperienza. Una curva che sa anche ridere, oltre che  fischiare. Una curva ricca, fatta di tante anime diverse.

E io almeno tre ve le dovevo raccontare.

Deborah Divertito

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