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Quanto vale Napoli-Chelsea tra premi, tv e incassi

Nel calcio, è il senso della vita. Nel business che rotola con un pallone è l’Eldorado (un giro di affari di 800 milioni di euro). La Champions League (o Coppa dei Campioni come si chiamava o una volta) è da sempre il sogno di ogni tifoso. Ma è da sempre anche il sogno di presidenti e uomini di calcio, e non solo per il fascino di quella originale, grande, ineguagliabile “Coppa con le orecchie” ma anche e, soprattutto, perché è una vera, inesauribile cascata di soldi. Le squadre italiane l’hanno vinta 12 volte: 7 il Milan (perdendo 4 finali), 3 l’Inter (2 finali perse) e 2 la Juventus (5 secondi posti). Stasera il Napoli, alla sua terza presenza in Champions League, affronta il Chelsea nella partita di andata degli ottavi di finali per continuare un sogno interrotto ventuno anni fa e superare se stesso e Maradona (sino ad ora miglior risultato nel 90-91 con eliminazione agli ottavi dallo Spartak Mosca), quello di passare nelle prime otto squadre d’Europa.

GOL E SOLDI
Ottocento mila euro a vittoria, 400 mila a pareggio. Chi raggiunge gli ottavi di finale ha un premio di tre milioni di euro, chi arriva ai quarti prende altri tre milioni e trecentomila euro, chi giunge in semifinale ancora quattro milioni e duecentomila euro. In finale chi perde si può consolare con cinque milioni e seicentomila euro e chi vince può festeggiare con nove milioni di euro. Soldi, soldi, tanti soldi. Ma è ancora niente. Il bottino grosso è legato al “pool di mercato” Uefa, la cui distribuzione è determinata dal valore del mercato televisivo in ogni paese. Per la stagione 2010-11, ad esempio, il Manchester United , che ha perso la finale, ha guadagnato circa 53.200.000 di euro, rispetto ai 51 milioni realizzati dal Barcellona, che ha vinto il torneo.

VINCITORI E VINTI
Se il calcio fosse davvero una questione di soldi, come sostiene Mazzarri (“più guadagni più sei forte”), sarebbe inutile scendere in campo. Se bastasse un monte ingaggi a determinare il valore di una squadra, giocheremmo un calcio virtuale, e le squadre farebbero prima a comprare economisti e commercialisti, anziché centravanti e difensori. Se i soldi fossero l’unica discriminante per determinare la forza di una squadra, questo ottavo di finale di Champions League che si gioca stasera tra Cska Mosca e Real Madrid allora non si dovrebbe disputare per manifesta inferiorità. Basta guardare i bilanci: il valore della rosa spagnola è attualmente di 531 milioni di euro, mentre quello dei russi di 135 (fonte transfermarkt.de), gli spagnoli sono il club leader in fatto di ricavi (438,6 milioni di euro), i russi non compaiono nemmeno tra le primi venti squadre europee.
Per non parlare del fiume di euro investiti. Il saldo delle campagne acquisti degli ultimi cinque anni è positivo per il Cska Mosca (14.710.000 euro) e negativo, ovviamente, per il Real Madrid (390.320.000): insomma ci troviamo agli antipodi in tutto e per tutto. Ed allora?

LA DEA DEL PALLONE
Ed allora ragionando con il solo libretto degli assegni non si arriva da nessuna parte, sarebbe tutto troppo facile. Il calcio, per fortuna è altro, il gioco più bello del mondo, un pianeta governato, come scriveva Brera, soprattutto, da Eupalla “la dea che presiede alle vicende agonistiche e che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi”. Solo per restare alla leggenda della Champions League come si spiegherebbero altrimenti le vittorie di club “minori” come Aston Villa, Celtic, Nottingham Forrest (2 volte consecutive) Steaua Bucarest e Stella Rossa? E per non andare tanto lontano nel tempo come si potrebbero, con un minimo di logica spiegare la clamorosa eliminazione di quest’anno del Manchester United a spese dello sconosciuto Basilea, la qualificazione dei carneadi ciprioti dell’Apoel Nicosia (ancora saldamente in corsa avendo perso solo per 1-0 il match di andata degli ottavi fuori casa con il Lione) e quella dello stesso Napoli alle spese del Manchester City di Mansur bin Zayd Al Nahyan, figlio del defunto Zayed bin Sultan Al Nahyan (presidente degli Emirati Arabi Uniti dal 1971 al 2004) un nome che nel mondo si traduce con petroldollari?

AZZURRI E BLUES
Napoli e Chelsea, faccia faccia stasera al San Paolo quindi: guardando la bacheca sono più o meno alla pari. Due gli scudetti del Napoli, quattro i titoli in Premier League del Chelsea che soltanto negli ultimi sette anni, grazie all’avvento del super appassionato russo Roman Abramovic è ritornato ai vertici internazionali ( basti pensare che nel 2005, centenario della società, i Blues con la guida di Mourinho hanno riconquistato la Premier League a cinquant’anni di distanza dall’ultimo titolo nazionale). Se il colore dei soldi ha un senso, guardando bilanci e investimenti l’equilibrio si perde, anche se ci troviamo comunque di fronte a società importanti e campagne acquisti molto importanti. Il Chelsea nell’ultimo quinquennio registra un meno 197.195.000 euro, mentre dal canto suo nello stesso periodo, e questo spiega anche l’exploit, il Napoli presenta un saldo negativo per 155.135.500 euro (a cui bisogna aggiungere l’acquisto al mercato di gennaio di Vargas). Se come investimenti non siamo di fronte davanti a grandi differenze (poco più di 30 milioni di euro da spalmare in 5 anni) ben diverso appare il “valore” delle due rose con quella londinese che sulla carta vale più del doppio di quella del Napoli (421 contro 190, fonte transfermarkt.de).
I duellanti
Sempre in prima linea ed ai microfoni Aurelio De Laurentiis, sempre nell’ombra e mai una dichiarazione, Roman Abramovic: Napoli-Chelsea è anche la loro sfida, due presidenti agli antipodi ma con una grande passione in comune, la Champions League, la voglia del grande palcoscenico europeo. Per il russo poi è diventata una vera ossessione, dopo la Champions persa ai calci di rigori in modo rocambolesco (scivolata di Terry sul dischetto sul penalty decisivo) nel 2008 contro gli odiati rivali del Manchester United. De Laurentiis, una dinastia nel mondo del cinema, oggi è quasi un presidente calcistico a tempo pieno. Già perché il calcio ha scalato in pochi anni posizioni determinanti negli interessi del gruppo De Laurentiis: il cinema pesa ormai, soltanto per il 26 per cento sui ricavi, mentre un altro 3 per cento è frutto di attività imprenditoriali secondarie. Il flusso principale, e di gran lunga, (71 per cento) arriva dalla Società sportiva calcio Napoli. Quei 32 milioni di euro spesi nell’estate del 2004 per acquisire la società azzurra, battendo la concorrenza di Gaucci e Zamparini, dopo due precedenti tentativi andati a vuoto, si sono dimostrati un grandissimo affare, molto di più di dieci premi Oscar.

I PRESIDENTI
De Laurentiis non è un presidente mecenate, anche se quando c’è da fare un assegno importante (Inler 16 milioni, Cavani 18 milioni, Vargas 11 milioni) non si tira certo indietro. Ma firma con la testa più che con il cuore. Non ha slanci, impennate. Completamente diverso è Abramovic, uomo schivo che rasenta la timidezza ma passionale ed imprevedibile, capace di improvvisi colpi di testa come all’inizio dello scorso anno, quando subito dopo aver annunciato l’attivo di bilancio del Chelsea rimischiò subito i conti, e mise sul piatto qualcosa come 83 milioni di euro (58 per l’attaccante spagnolo Torres e 25 milioni più Matic per David Luiz, difensore del Benfica) per rinforzare i suoi Blues. O come quest’anno, quando primo presidente nella storia del calcio, ha “comprato” un allenatore, il giovanissimo Villas Boas, scuola Mourinho, pagando una penale di 15 milioni di euro al Porto, pur avendo sulla panchina un tecnico della caratura internazionale come Ancellotti. Ma Abramovic è fatto così, vive il calcio con passione.

TIFOSI E BIGLIETTI
Sfatiamo una delle tante leggende che aleggiano intorno al Napoli ed i suoi tifosi. Per quanto il pubblico napoletano non faccia mai mancare il suo apporto alla squadra, bisogna registrare che esistono tifoserie ancora più affezionate in Champions League. Il Napoli dopo la prima fase, infatti, risulta, essere soltanto all’ottavo posto per presenze allo stadio. Nella top ten primo in graduatoria è il Manchester United (74.272 spettatori) seguito da Milan (70.991), Real Madrid (68.638), Barcellona (67.203; Bayern Monaco 66.000; Borussia Dortmund 65.718), Arsenal (59.332), Napoli (55.742), Ajax (50.256) e Shakhtar Donetsk 49.197. Sul prezzo dei biglietti, molte le critiche per la politica di aumenti effettuata dal Napoli per gli ottavi di finale. Salvaguardate le curve (passate da 27 a 30 euro) rincari sensibili si sono registrati negli altri settori. La tribuna laterale primo anello ha visto il raddoppio del prezzo: dai 39 euro della sfida con i tedeschi del Bayern Monaco agli 80 euro di oggi. Distinti e tribuna Nisida sono passati da 54 a 100 euro e da 64 a 120 euro per ticket, mentre la tribuna Posillipo da 139 a 180 euro. La stangata maggiore per la tribuna d’Onore: da 179 a 250 euro, ben 71 euro in più. La sensazione, non proprio piacevole, è quella di chi pensa non ci sia ancora molta strada da fare ed allora è meglio cercare di monetizzare al massimo. Eppure le cose non stanno così. Ma ormai è tempo che parli il campo.
Gianpaolo Santoro (tratto da Il Denaro)

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