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Siani, la camorra e quegli anni a Torre Annunziata

Non so se “abuso” dell’ospitalità del Napolista ma vorrei riportare integralmente una nota che ho scritto, attraverso la bacheca di Facebook di mia moglie (non essendo io presente sul social network) sulla vicenda delle dichiarazioni del sindaco di Torre Annunziata sul film Fortapasc su Giancarlo Siani, riprendendo un post di una delle ragazze di Torre A. protagonista di quella marcia anti-camorra.
Grazie Ada, perchè non promuovi una discussione a Torre tra i protagonisti della marcia?
Non essendo presente in FB ho chiesto a Ilaria di ospitarmi nella sua bacheca perché le questioni sollevate da Ada toccano, come si vuol dire, la mia carne viva. Come molti di voi sanno ero un dirigente provinciale della mitica FGCI (la più straordinaria esperienza civica , sociale e umana prima ancora che politica che ci sia stata) ma prima ancora del movimento studentesco napoletano.
Agli inizi degli anni ’80 la parola Camorra era bandita in tutti gli ambiti eppure la sua violenza la respiravi nell’aria. Eravamo nel pieno dell’escalation della nuova camorra organizzata di Cutolo. Una banda di “pazzi”(col senno del poi solo così si possono definire) decise che non si poteva stare fermi e che i giovani potevano essere il grimaldello per ribellarsi o perlomeno provare a parlarne pubblicamente. E così, dopo un’assemblea di studenti ad Acerra, si lanciò l’idea di una marcia contro la Camorra nella città simbolo di Cutolo, Ottaviano. Fu uno straordinario successo di popolo e da allora si avvio un nuovo protagonismo dei giovani e degli studenti che coinvolse tanti settori e soggetti sociali. Dopo Ottaviano ci fu Afragola, Pomigliano, Casoria poi Torre e tante città dell’hinterland napoletano.
Si iniziò a parlare pubblicamente di Camorra, poteri criminali e collusioni. Senza nulla togliere a Roberto Saviano ma quel movimento ebbe sulla società napoletana lo stesso effetto che ha avuto la sua Gomorra e cioè una presa di coscienza collettiva. La cappa iniziò a essere rimossa. Nacque l’associazione degli studenti napoletani contro la camorra. Per carità non vorrei rifare la storia di quegli anni (anche se un giorno pur dovremmo farci una riflessione). A Torre erano anni difficili come ricorda Ada.
Subito dopo la strage di S. Valentino si decise che dovevamo partire da lì. L’associazione decise di trasferire fisicamente alcuni di noi li sul territorio. E cosi chiedemmo una stanza alla Cgil e il sottoscritto, insieme a Giovanni Rossi, tutte le mattine per mesi andava a Torre alle 8 per fare volantinaggi sotto le scuole e “reclutare” ragazzi e ragazze per un impresa di impegno civile che a quei tempi era dura. All’inizio eravamo in pochi con Ada, Raffaele, Concetta, Patrizia, Antonio e pochi altri.

In quel periodo ho conosciuto anche Giancarlo Siani. Poi il lavoro nelle scuole e l’idea della marcia anti-camorra. Come associazione, aiutati da un gruppo di giuristi, elaborammo il decalogo del buon amministratore che consisteva in 10 norme per rendere più chiari e trasparenti le procedure per le gare d’appalto. Chiedemmo ai comuni di approvarle e il Comune di Torre, dopo una discussione in Consiglio Comunale, non le approvò e questo fu il motivo che ci portò a non accettare l’adesione della Giunta Comunale alla marcia. Sentivamo di avere le istituzioni contro, un pezzo di città ostile e un altro pezzo impaurito del clima che si stava determinando.
Pur tuttavia avvertivamo che nei giovani c’era una spinta forte e su quella lavorammo. Iniziarono tante “pressioni” nei confronti del coordinamento studentesco perche accettassimo l’adesione del Comune. Ogni sera avevamo consiglieri comunali accompagnati da codazzi di persone che venivano alla Cgil per convincerci ad accettare l’adesione e in qualche caso lo facevano anche con velate minacce. Non potrò mai dimenticare un tipo che rivolgendosi a me e Giovanni ci disse che dovevamo smettere di denigrare Torre perche tanto lui sapeva benissimo che non eravamo di Torre ma che venivamo da Napoli e con aria di sfida declinò il mio indirizzo di casa compreso il n. civico.

E’ storia che quella marcia segnò una svolta e l’appello per una manifestazione nazionale a Napoli che vide dopo pochi mesi 200.000 giovani in marcia contro la camorra e per lo sviluppo. Sono sempre stato convinto che è grazie a quei movimenti e a quei semi lanciati in quegli anni che ci sia potuto essere, per esempio, un fenomeno come Gomorra.

Ed è anche per questo che trovo un autogol le dichiarazione del Sindaco Starita.
La memoria storica è parte fondamentale nella costruzione di una coscienza critica per le nuove generazioni. Libri e film come FortApasc aiutano e fanno bene alla ricostruzione della memoria storica di quegli anni senza la quale anche le battaglie di oggi non avrebbero efficacia.
Considero Starita una persona per bene e onesta ed è probabile che le sue preoccupazioni siano il frutto di una voglia di dimostrare che la città è cambiata e non è il far west di quegli anni. Legittimo. Ma non è certamente con la rimozione che si aiuta a realizzare quest’obiettivo. Poi, è vero che la città non è il far west di quegli anni ma non per questo significa che la camorra sia sconfitta o che non ci siano forme di sopraffazione e pervasività, non solo sul versante economico e sociale ma anche su quello dei modelli culturali, magari in forme più “raffinate” e subdole di una volta. Penso anche che il solo fatto di aver posto una questione del genere abbia di per sé provocato un danno alla coscienza civile di tanti cittadini onesti che a Torre, cosi come nelle realtà napoletana, sono la maggioranza. Se ho deciso di scrivere queste righe è anche perché, per la mia professione, continuo a lavorare su quei territori e penso di sapere di cosa stiamo parlando.
Grazie ad Ada per aver sollevato il tema e gli propongo di farsi partecipe e promotrice di una discussione tra i protagonisti di quell’esperienza: chissà che non ne venga fuori qualche idea e proposta che possa aiutare e servire anche oggi.
Un saluto a tutti voi
Peppe Napolitano
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