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Giorgio Braglia, l’hyppie croce e mitraglia

Indimenticabile stagione, quella del ’73-’74. Il leone di Rio, Vinicio, in panchina a guidare una squadra che giocava a tutto campo, un movimento continuo in cerca del gol. Da Firenze era arrivato Orlandini, intelligente mediano, a far coppia con Ciccio Esposito. Con la maglia numero 9 il brasiliano Clerici : centravanti di punta e di manovra che cercava la rete, continuo e ostinato, nel fraseggio coi compagni. E arrivò dal Foggia Giorgio Braglia, ala sinistra dall’aspetto hyppie, alto e magro, capelli lunghi alla “nazarena” e andatura caracollante. A completare il personaggio, anche baffi e pizzetto: un moschettiere che avrebbe segnato in tre anni col Napoli 24 gol. Il primo,una domenica di novembre al san Paolo, contro una Samp che aveva resistito fino all’ 84esimo della ripresa. Poi il moschettiere la infilzò, e fu subito amore col pubblico azzurro . Piaceva di Braglia quella silhouette svolazzante sul fronte d’attacco, quel suo modo irregolare di muoversi, smarcarsi, dribblare, tirare. E quella tenacia nell’impegno che gli consentì di dar vita a un bel tandem con Sergio Clerici, il quale a sua volta segnò in due annate 29 gol. Il pubblico creò d’istinto un coro-slogan che presto dilagò: “Braglia, Braglia, Napoli a mitraglia”. O anche, per rendere omaggio al tandem: “Clerici, Braglia, Napoli a mitraglia”. E per gli azzurri fu un campionato ricco di speranze, fissate poi sul terzo posto finale, alle spalle della Lazio e della Juve. I biancocelesti, a sei giornate dalla fine, strapparono un pareggio a Fuorigrotta, tre a tre in una partita memorabile, con Chinaglia scatenato e il Napoli che non si arrese. La Lazio acciuffò lo scudetto. Ma fu il gioco “olandese” ideato da Vinicio a rappresentare la novità del campionato.Lo eseguivano in difesa Bruscolotti, Pogliana, Vavassori e Zurlini; a centrocampo Orlandini, Esposito e Antonio Juliano. In prima linea Clerici, Faustinho Canè e lui, Giorgio Braglia, finalmente in grado di mostrare il suo talento libero: capelli al vento, calzettoni alla caviglia, corpo roteante e folate in attacco.Vinicio portò, da allenatore, idee nuove per i campi italiani. La “squadra corta”, la tattica dell’off side e il cosiddetto gioco totale furono le caratteristiche che accesero i riflettori sul Napoli. I calciatori lo seguirono. E la squadra chiuse la stagione al terzo posto. Braglia aderiva al tipo di gioco scelto da Vinicio e la sua presenza si sentì. Però, quasi per tener fede al personaggio senza clichè, riuscì anche a mancare, nel corso del torneo, un grappolo di gol praticamente già fatti. Ma il pubblico continuò a volergli bene. Quel campionato si chiuse con due gol del moschettiere: vittoria a Marassi sul Genoa, quell’anno ultimo in classifica. Poi l’ala sinistra andò al Milan, poche partite e nessun gol, per chiudere la carriera ancora a Foggia. Certo senza dimenticare il coro festoso dei tempi napoletani: “Braglia, Braglia…”. Mimmo Liguoro

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