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Disapprovare DeLa non significa non riconoscerne i meriti

È un buon presidente di calcio Aurelio De Laurentiis? La risposta è quasi scontata: assolutamente si. Eppure, nonostante tutto, questi Napolisti (soprattutto “er director” Massimiliano Gallo) continuano a rimproverarlo e a fargli le pulci per ogni sua dichiarazione.«Ma cosa volete da Aurelio – scrivono alcuni nei commenti – uno che ha portato il Napoli dalla C alla Champions?». In verità (fuor da ogni intento accademico) la parola “criticare” deriva dal greco e significa “distinguere”. Sappiamo ancora distinguere, ci riusciamo? Forse con qualche sforzo e un po’ di impegno ce la possiamo ancora fare. Disapprovare De Laurentiis per le sue scellerate dichiarazioni (scriverei quasi vergognose, ma evito) non significa non riconoscergli i tanti meriti che pure ha. Così come non significa non essergli riconoscenti. Ma c’è un limite a tutto. Quei «gli stritolo le palle» oppure «Messi è un cretino» o ancora «la coppa America è una competizione inutile» sono frasi che superano un senso del limite che ognuno dovrebbe darsi, non solo per rispetto verso gli altri ma soprattutto verso sé stessi. Per non parlare del ritiro dell’accredito al giornalista de Il Mattino o le ingiurie verso l’inviato della Gazzetta.
È cambiata tanto la comunicazione di De Laurentiis da qualche anno a questa parte, ed è cambiata in peggio. I primi tempi, quando ancora c’era Marino, si limitava ai suoi pippotti abituali su «questo calcio va riformato» oppure «io vengo dal cinema.. e lo stadio virtuale.. e il regista.. e il film di Natale.. e Christian De Sica.. e Carlo Verdone.. ecc. ecc.»: quelle dichiarazioni che erano ormai diventate liturgia domenicale. Non facevano impazzire quelle esternazioni, eppure erano tanto meglio di quelle di adesso. Ora ha preso consapevolezza di sé, dei meccanismi del calcio, un mondo di cui si sente sempre più parte. Dico solo una cosa: avrei tanto piacere se queste dichiarazioni le facesse in suo nome, senza vestirsi della casacca del Napoli che tanto somiglia a quella di Napoli. La società di calcio sarà pure sua, ma la città non ancora. Faccia le sue esternazioni a titolo personale, non in nome di quella napoletanità che neppure gli appartiene. Sembra voler fare una cattiva imitazione di quei tizi che stazionano nei bar o nelle varie botteghe che per apparire più grandi o più forti alzano la voce o usano il turpiloquio. Ma non c’è costrutto nelle sue frasi, né consistenza. Durano l’attimo di un sorriso stupido. Come quei ragazzini che in classe, attraverso una bravata, ottengono l’istantaneo beneplacito dei compagni. Ma, al suono della campanella, già non sono più nessuno e vengono abbandonati alla pagliaccesca solitudine di prima. Al passaggio del clown gli altri ridono, ma per poco. Sia serio anche nelle conferenze stampa e nelle interviste. Ci guadagnerebbe anche la sua immagine. Per Napoli non è più tempo di Masanielli e Pulcinella: lui questo lo sa, ma se ne dimentica. Non si fa cattivo servizio a nessuno a ricordarglielo. Eppure, per tanti, passerò anch’io per sabotatore e disfattista.. Mal che vada con il “ducetto” nostrano altro non potremo fare se non ritirarci sull’Aventino..
Valentino Di Giacomo

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