Nel momento in cui la partecipazione corale di tutto il popolo azzurro alla straordinaria cavalcata del Napoli si accende di toni parossistici, di cui le pagine del Napolista sono una testimonianza eloquente, non sembri un fuor d’opera disquisire su alcuni aspetti di attualità del mondo del calcio che possono apparire estranei ai nostri interessi contingenti.
Le recenti dichiarazioni di Ancelotti «con il mio passato milanista non andrei mai all’Inter», confermano il mio giudizio negativo sulla scelta di Leonardo di passare dalla panchina del Milan a quella dell’Inter.Il caso, apparentemente estraneo ai fatti di casa nostra, offre a mio avviso lo spunto per delle considerazioni che non possono non riguardarci, in quanto il calcio oramai costituisce un sistema integrato nel quale tutte le sue componenti culturali e socio-economiche si influenzano reciprocamente.
La scelta di Leonardo ha posto di fronte due realtà apparentemente contigue, che si sono drammaticamente scontrate in termini dialettici.
Abbiamo visto da una parte l’intero popolo milanista che in occasione del derby ha unanimemente manifestato la propria ostilità nei confronti di Leonardo, fatto oggetto degli epiteti più infamanti per il suo tradimento. E dall’altra l’intero mondo del giornalismo sportivo cartaceo e televisivo, e la schiera di prezzolati opinionisti, giustificare la scelta di Leonardo come espressione del calcio professionistico.
A ben guardare non ci troviamo di fronte a un semplice contrasto di opinioni rispetto a una vicenda sportiva, ma piuttosto in presenza di uno scontro cruento tra quella moltitudine variegata di tifosi che, sia pure irrazionalmente, a vario titolo crede nello sport come valore e non vuole che la industrializzazione del calcio finisca per rubargli l’anima e l’intero sistema mediatico al servizio del calcio organizzato in maniera imprenditoriale per manipolare e sottoporre a un processo di alienazione una entità culturale che coinvolge milioni di persone di ogni classe sociale per inglobarli e condizionarli alle leggi di mercato.
Del resto una prova storica inoppugnabile della spregiudicatezza e del mancato rispetto della regole del sistema calcio è data dalle televisioni commerciali che ospitano come personaggi di riguardo soggetti come i Preziosi, Lotito, Moggi, agenti di calciatori, condannati dalla giustizia sportiva per gravi episodi di illeciti sportivi.
Questa evidente mercificazione del mondo del calcio, che nella splendida solitudine del nostro sito Napolista certamente non siamo in grado di contrastare, rende evidente comunque la necessità di una rivoluzione della impostazione culturale esistente per salvare il calcio come sport, a partire a mio avviso dalla urgenza di riconoscere nelle forme più appropriate una qualche legittimazione dei tifosi, utilizzatori finali dell’evento sportivo.
La nostra passione non deve comunque toglierci la speranza di un calcio migliore a misura d’uomo. In questa direzione qualcosa di personale si può fare ed è per questo che vorrei proporre, alla eletta comunità dei napolisti, di istituire, con un piccolo contributo personale, un premio del Napolista (ad esempio una medaglia d’oro) per ciascuna stagione sportiva, da assegnare a chiunque, indipendentemente dalla nostra patria napoletana, operando a qualsiasi titolo nel mondo del calcio abbia compiuto un atto significativo che esalti i valori spirituali dello sport.Antonio Patierno
Un premio Napolista per i valori dello sport
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