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Vincere è bello, sotto
il diluvio lo è di più

Quando le gocce di pioggia si mischiano al fango e disegnano una nuova maschera, è più bello vederli sorridere. Quel Pocho benedetto nel diluvio di Brescia che rideva come un bambino mi ha fatto ricordare Diego contro la Juventus. 3 novembre 1985, tra qualche giorno saranno passati venticinque anni. Io ero sugli spalti.  Pioveva che Dio la mandava. La punizione, prodezza balistica e il sorriso. La pioggia che da nemica, e che si infila dappertutto,  improvvisamente diventa amica. Getti via l’ombrello e vuoi solo cantare la tua felicità. C’è più gusto a vincere quando le condizioni atmosferiche sono avverse. Lo sanno i giocatori ed anche i tifosi. Provate a chiederlo a quelli che erano al Rigamonti ieri. Se fosse finita 0-0 vi avrebbero parlato “solo” di un freddo cane. Vento, pioggia, tempo da lupi. Ha segnato Lavezzi e diventa una vittoria da tregenda, come una tappa del Gavia del Giro, come il Mortirolo sotto l’acquazzone o la Parigi-Roubaix corsa nel fango della foresta di Aremberg.
E allora parte il disco dei ricordi. Il fango è trasversale, è democratico, colpisce tutti. La vittoria sulla Juventus di vent’anni fa è parente di quella contro la Sampdoria del campionato 1987/88. Maradona e chi sennò? 17 gennaio 1988, gran botta di sinistro e palla all’incrocio dei pali a quattro minuti dalla fine. E poi tutti a festeggiare nel fango, perché sporco è più bello. E il pareggio 1-1 di Como che ci lanciò verso lo scudetto? Scherzi di Carnevale che stoppò la palla con le mani per il successivo pareggio. Profumo di tricolore. Anche allora una maglia bianca sporcata dagli schizzi di fango. Acqua nelle scarpe e calzini bagnati quel 6 gennaio del 1985 per vedere Maradona, Zico, Edinho e Bertoni. Napoli-Udinese 4-3. Faceva talmente freddo che il pubblico si riscaldò esultando per i gol. Il campo? Una risaia. E il diluvio contro la Reggina al San Paolo? 3-0 con tripletta di Denis e l’ultimo gol nascosto dal nubifragio. Che bello vederlo sorridere con il volto rigato dal fango. Ora il pocho a Brescia, tre punti che entrano nelle ossa, come quella pioggia del Rigamonti bella e purificatrice.
Gianluca Agata

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