Da Equitalia un’assurda gogna per Maradona

<div id="_mcePaste">Non pretendiamo di staccare dalla maglietta numero 10 più famosa del mondo l’etichetta che hanno incollato, saldato, tatuato: “evasore fiscale”. E nemmeno pretendiamo di avere l’esclusiva sull’argomento “Maradona Vs Fisco italiano” soltanto perché abbiamo pubblicato, ormai due anni fa, il libro “L’Oro del Pibe, paradossi e ingiustizie del fisco italiano. Da Maradona al signor Nessuno”. Ma alcuni punti vanno […]

<div id="_mcePaste">Non pretendiamo di staccare dalla maglietta numero 10 più famosa del mondo l’etichetta che hanno incollato, saldato, tatuato: “evasore fiscale”. E nemmeno pretendiamo di avere l’esclusiva sull’argomento “Maradona Vs Fisco italiano” soltanto perché abbiamo pubblicato, ormai due anni fa, il libro “L’Oro del Pibe, paradossi e ingiustizie del fisco italiano. Da Maradona al signor Nessuno”. Ma alcuni punti vanno ribaditi, soprattutto dopo aver letto il comunicato stampa di Equitalia: “… è necessario un cambiamento del modello culturale che ha favorito l’evasione fiscale nel nostro Paese” sostiene la società che gestisce la riscossione per conto (anche) dell’Agenzia delle entrate, in risposta a quanto affermato dall’ex compagno di squadra di Diego Armando Maradona, Salvatore Bagni, che invitava Diego a non portare con sa orecchini e gioielli in caso di ritorno a Napoli. Bagni, evidentemente, faceva riferimento al pignoramento effettuato da Equitalia di un orecchino del Pibe de Oro (successivamente acquistato da Fabrizio Miccoli all’asta). Per motivi che ancora stentiamo a comprendere, Maradona è sempre un po’ più colpevole degli altri. Anche per tasse e imposte. Abbiamo più volte chiesto quanti orecchini, oltre a quello famoso di Diego, siano stati sequestrati da Equitalia. Quanti bracciali d’oro, quanti orologi di valore sono stati strappato dal pignoratore di turno ai contribuenti italiani? Vorremmo sapere nome e cognome di questi sventurati evasori diligentemente pedinati e (giuridicamente) aggrediti. A noi non risultano casi analoghi ma, se ci fossero, che siano rivelati nomi e cognomi. Questa gogna fiscale</div>
<div id="_mcePaste">perché deve subirla soltanto Maradona? La legge è uguale per tutti. In Italia sono tornati tutti, anche i Savoia, che non hanno evaso le tasse ma che furono considerati colpevoli di ben più gravi misfatti. Uno di loro addirittura ha vinto il festival di Sanremo (pur non essendo tecnicamente un cantante), ha ballato in tv per settimane (ma non è un ballerino) e ora farà il presentatore, per lui (ennesimo) nuovo mestiere.La sentenza depositata il 17 febbraio 2005 dalla Corte di Cassazione ha stabilito che Diego Armando Maradona deve pagare una cifra che ad oggi ammonta a circa 37</div>
<div id="_mcePaste">milioni di euro e aumenta, di oltre due euro al minuto.
Ma è giusto chiarire quanto segue. Maradona è colpevole non “nel merito”. Nella causa contro il fisco non si è mai discusso del fatto che Diego avesse pattuito con Ferlaino un compenso netto; che i fatti contestati dal fisco all’epoca non furono considerati penalmente rilevanti, che altri calciatori si videro accogliere i propri ricorsi; che quei 37 milioni di euro sono la decuplicazione delle imposte ritenute evase. Si è discusso, nei tre gradi di giudizio, soltanto della validità della notifica del 1991, quella a un Maradona “sloggiato e sconosciuto”, “irreperibile”. Tutti i giudici interpellati hanno detto che quella notifica è valida. Eppure il ministro Tremonti ha più volte dichiarato che in Italia le procedure per le notifiche sono ormai ottocentesche. Invece di utilizzare Maradona come strumento per educazione civica e fiscale di cui sicuramente l’Italia ha bisogno, perché non ci si siede serenamente intorno a un tavolo per trovare una soluzione? Non si ha paura delle leggi ad aziendam né di quelle ad personam, perché si teme tanto una legge ad campionem? Ne beneficerebbero tutti gli “sloggiati e sconosciuti d’Italia”. Sarebbe l’occasione ideale anche per rimettere mano, finalmente, a un sistema fiscale saldo nei suoi indiscutibili principi, ma inefficace nelle sue modalità di approccio col contribuente, al quale, spesso e volentieri, si lasciano meccanismi di autotutela inadeguati e farraginosi, determinando di fatto una sproporzione di forze e di mezzi tra accusa e difesa. Sia che si parli del campione superpagato, alle prese con il suo stipendio miliardario, che del cittadino impegnato a difendersi da multe vere e cartelle pazze.</div>
<div><strong>Giuseppe Pedersoli e Luca Maurelli</strong></div>

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