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Una splendida intervista distopica a Frank de Boer: «Inter, ora abbiamo un gioco»

Il Nero e l’Azzurro immagina una stagione vissuta e conclusa con de Boer in panchina, la Coppa Italia in bacheca e un progetto da coltivare.

Una splendida intervista distopica a Frank de Boer: «Inter, ora abbiamo un gioco»
De Boer

Domande e risposte inventate

Quando abbiamo parlato di Inter-Napoli con Il Nero e l’Azzurro, scrivemmo che loro, intesi come sito/blog, la pensavano in un certo modo. Bene, oggi ne siamo ancora più sicuri. Michele Dalai ha pubblicato oggi una bellissima intervista distopica a Frank de Boer, immaginandolo ancora come tecnico dell’Inter. Immaginando una stagione proseguita con lui, quindi senza il suo esonero in autunno. Con il terzo posto e la Coppa Italia vinta, con la sensazione di aver costruito qualcosa. Insomma, un pezzo distopico ma fantastico. Che, molto meglio di altri scritti, racconta il calcio italiano e tutto quello gli gira intorno. Noi siamo assolutamente solidali a questo giudizio su de Boer, a questa strana considerazione che abbiamo dei tecnici stranieri. Anzi, di alcuni tecnici stranieri. E, soprattutto, dei progetti che rappresentano.

Sotto, un estratto – la prima e l’ultima domanda – dell’intervista. Che, ovviamente, vi consigliamo di leggere in maniera integrale. La trovate qui, poi se la stampate e la incorniciate (rileggendola una volta la settimana, magari) fate ancora meglio.

Frank de Boer è un uomo soddisfatto, i soliti modi posati e sobri non riescono a mascherare la felicità per quella che a tutti gli effetti è una piccola impresa. Partito con l’affanno di chi sale in corsa, osteggiato dalla critica e non sempre seguito da una parte della squadra (quella stessa che è costata il posto ad altri buoni allenatori prima di lui), l’olandese è riuscito a convincere società e tifosi che la strada del gioco e della programmazione è praticabile anche quando le aspettative sono alte e la tensione eccessiva. Il terzo posto non garantisce l’accesso alla Champions League ma la vittoria in Coppa Italia è un primo passo verso quella guarigione lungamente attesa e invocata fin dal 2011.

Ha mai pensato di gettare la spugna, di non farcela? 

Confesso che è capitato. Più che altro non riuscivo a capacitarmi di tanta ferocia e di tutti quei pregiudizi. Sono un allenatore giovane ma ho una lunga esperienza internazionale come giocatore e confesso che una cosa del genere non l’avevo mai vista. Come se fosse un intero sistema a reagire, come se fosse qualcosa di personale. Confesso di esserci restato male.

[…]

Rifarebbe questa scelta, salirebbe di nuovo su una macchina che sbanda pericolosamente per portarla fino al traguardo? 

A costo di ripetermi rispondo sì e aggiungo che la società, i tifosi e i giocatori mi hanno coperto d’amore e dimostrazioni di stima. Mi son sentito orgoglioso di allenare l’Inter. Ma non abbiamo ancora fatto nulla, siamo un cantiere aperto. Solo che abbiamo un gioco, sappiamo quali giocatori servono per il nostro sistema e abbiamo obiettivi chiari. Quindi sì, lo rifarei mille volte.

 

 

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