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La Champions ufficializza la morte del calcio di posizione: oggi si gioca per il risultato

Juventus e Atletico Madrid dimostrano come un calcio meno dominante possa condurre a grandi risultati. Ma il vero tema è la scomparsa di un modello di riferimento.

La Champions ufficializza la morte del calcio di posizione: oggi si gioca per il risultato

La vera notizia

Era nell’aria già da diverso tempo, ieri sera abbiamo avuto la conferma definitiva. L’agonizzante calcio di posizione ha probabilmente conosciuto la sua fine. Ovviamente, stiamo facendo i drastici, e i melodrammatici. La squadre che praticano un gioco ispirato ai dettami del calcio totale riveduto e corretto dal guardiolismo, ovvero dal City di Guardiola – ovviamente – fino al Barcellona, e alle tedesche (contaminate) Bayern Monaco e Borussia Dortmund, sono andate fuori anche a causa di episodi. Non necessariamente quelli arbitrali che hanno condizionato (Zidane docet) Real Madrid-Bayern, ma anche episodi di campo in senso stretto.

Come dire: la vera notizia è che tutte le squadre che giocheranno le semifinali di Champions praticano un gioco molto diverso da quello in voga negli ultimi anni. Differente da quello sostenuto dalla rivoluzione tattica più recente. L’approccio vincente, oggi, è più vario. Forse meno spettacolare in senso assoluto, ma con caratteristiche diverse.

La filosofia di ieri

Tutta colpa di Guardiola. Che, alla fine del primo decennio di questo secolo, cambia letteralmente l’approccio al gioco. Scrive un nuovo modo di fare calcio: l’obiettivo è la creazione della superiorità numerica in tutte le zone del campo. Attraverso il possesso, e la posizione (da qui la dicitura) di ogni giocatore, che si fa vedere alle spalle delle linee di pressione avversaria. È un calcio ragionato, paziente, bello da vedere quando la qualità degli interpreti è alta. E che di alto ha anche l’intensità di fondo: la fase offensiva, fatta di mille passaggi tutti utili, serve a rifiatare. Il concetto base della fase di non possesso è il recupero immediato del pallone tramite pressing.

Ovviamente, stiamo semplificando. Ci sono diversi modi per giocare il calcio di posizione. L’esasperazione del concetto del pressing (Gegenpressing) alla tedesca produce uno stile di altissima velocità e intensità; lo stesso guardiolismo, rivisitato in Germania, ha dato vita a un modello più fluido, meno estremizzante sui concetti del possesso e degli scambi. E così via.

La filosofia era chiara: vincere nel risultato attraverso un predominio del gioco. Espresso, a sua volta, da e attraverso un controllo maggiore della sfera. Quindi, del campo e dei ritmi di gioco. La perfetta congiunzione tra estetica e propensione al risultato.

La filosofia di oggi

I primi stop alle vittorie di questa impostazione hanno in qualche modo congelato l’evoluzione. Non che Real, Atletico, Monaco e Juventus pratichino un calcio negativoreattivo o comunque necessariamente “brutto”. Ma l’impostazione è diversa: verticale e orientata alle transizioni quella dei francesi, prettamente difensiva quella dell’Atletico, più slow quella della Juventus. Poi c’è il Real Madrid, che ad alcuni principi del guardiolismo accoppia una gestione dei momenti della partita che è soprattutto mentale. Il possesso e la squadra che cerca di occupare il campo in ampiezza e profondità, la ricerca degli esterni e dei loro tagli. Ma anche la capacità di soffrire e ripartire. Uno stile fluido, che cambia. Che si modifica anche in base all’avversario. Piccoli accorgimenti, certo, Kroos e Modric e Cristiano Ronaldo e Benzema vanno prima fermati piuttosto che schiacciati. Però è un calcio più paziente e meno dispendioso in tutte le zone del campo.

Irriconoscibilità (che non vuol dire immobilismo)

L’evoluzione di oggi non esalta un modello bello e vincente. Lo stesso Napoli, che (piaccia o non piaccia) rappresenta un benchmark di spettacolo e di risultati (buoni, non ottimi) in Italia e in Europa, dimostra come un’idea di gioco sempre proattiva possa portare a dei buoni frutti. Anche oggi, ancora oggi. Che lo scenario, però, è estremamente variegato. Ed è orientato (di nuovo, verrebbe da dire) alla ricerca del risultato attraverso la prestazione. Non alla prestazione che porta al risultato. Sono due concetti sottilmente diversi, ma che trovano nell’applicazione tattica di Juventus e Atletico Madrid la loro espressione più tangibile.

Certo, poi tutto si riduce ai minimi termini e vengono fuori le qualità. Anche il Leicester ha un approccio ben lontano dal guardiolismo, eppure è uscita contro una squadra da tre semifinali Champions negli ultimi tre anni. Quindi, contro un collettivo di un certo valore. La stessa Juventus, finalista due anni fa, è stata eliminata agli ottavi l’anno scorso proprio contro il Bayern di Guardiola. Ha alzato la qualità dell’organico ed è arrivata, con pienissimo merito, fino alle semifinali. 

Il calcio di fine anni Dieci si caratterizza per un’irriconoscibilità di fondo. Che non vuol dire immobilismo o ritorno al passato, ma semplice evoluzione. Difensiva, in questo caso, perché due squadre su quattro nelle semifinali della competizione più importante praticano un gioco orientato a subire il meno possibile. E a ripartire, certo. Ma solo dopo. La tendenza, oggi, è questa. Ad altissimi livelli, con i campioni più forti, si gioca in un certo modo. Per chi deve vincere, almeno. Con buona pace dei puristi e degli esteti.

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