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Questo rinnovo s’ha da fare, per consacrare Insigne come bandiera dal Napoli

Il nuovo contratto di Insigne: un potenziale affare per tutti, che riconoscerebbe a Lorenzo un ruolo importante, tecnico e narrativo, nel Napoli.

Questo rinnovo s’ha da fare, per consacrare Insigne come bandiera dal Napoli

Di che rinnovo stiamo parlando

Il tema del giorno è l’intervista di Lorenzo Insigne. In una giornata figlia di una settimana senza calcio, senza roba di campo, senza temi forti, le parole pacate ma ferme e significative del 24 azzurro aprono un fronte mediatico e di opinione importante.

Che però va analizzato nella maniera più oggettiva e approfondita possibile, iniziando a capire di cosa stiamo parlando. Ovvero, del tipo di rinnovo che Insigne chiede al Napoli dalla scorsa estate. Nel calcio, lo sappiamo tutti, esistono diversi tipi di nuovi accordi per estendere/adeguare i contratti dei giocatori. Quello firmato da Hamsik non è stato uguale a quello firmato da Cavani nel 2013 (scadenza nel 2017, come no), quello che firmerebbe Insigne non sarebbe uguale a quello di Mertens nè tantomeno a quello di Dybala. Il senso del nuovo contratto di Insigne è addirittura triplice, nel senso che è un’affermazione economica, tecnica e narrativa del calciatore.

Sono tre dimensioni parallele, viaggiano insieme: la crescita tecnica, nel caso di Lorenzo, si sposa con la sua volontà (dichiarata, a questo punto) di rimanere a Napoli. Napoli che è casa sua, è il luogo e la squadra in cui è cresciuto, non è un top club ma lui rinuncia a un certo tipo di trattamento economico pur di diventarne la postbandiera dopo Hamsik, capitan Futuro, leader riconosciuto. Tutto insieme, per un giocatore che a 26 anni da compiere è nel punto di massima maturazione della sua carriera. Analizziamo i fatti, punto per punto.

La crescita

È indubbia, verificata, accertata. Ne abbiamo scritto tantissimo, in questi ultimi tempi. Insigne è un giocatore determinante per questa squadra, nel senso letterale del termine. Come Callejon determina un certo sistema di gioco, Insigne ne controbilancia le doti. Tecnica mista a visione di gioco, intelligenza tattica, sacrificio. Lorenzo Insigne anno 2017 è un calciatore che tende alla completezza, alla totale insostituibilità. Che poi, questa, è una caratteristica che si porta indietro da un bel po’. Dopo l’anno di “lancio” con Mazzarri, entrambi i tecnici passati per Napoli non hanno avuto dubbi quando c’è stato da scegliere: tra Insigne e Mertens, hanno preso Lorenzo. Benitez l’ha trasformato da fantasista anarchico a esterno moderno, Sarri ne ha ultimato la costruzione attraverso l’esaltazione posizionale impostata fin dallo scorso campionato (il gioco del Napoli che si sviluppa tutto sulla sinistra) e la responsabilizzazione di quest’anno.

La risposta di Insigne è stata eccellente, e lo leggi nei numeri. I 9 gol in tutte le competizioni del primo anno di Benitez sono diventati 13 in tutta la scorsa stagione e sono altrettanti già in questa. Ma per Insigne, almeno per il nuovo Insigne, il gol è un di più rispetto al contributo nel gioco in senso assoluto. In questa stagione, 7 assist e 45 key passes, per 52 occasioni create in tutto. Solo Hamsik fa meglio, e Lorenzo sta facendo meglio della scorsa stagione, quando concluse l’annata con 65 occasioni create. Difficile pensare che in dieci partite non aggiorni i record già infranti nel 2015/2016. Ovvero, pensare che non faccia un solo gol totale e non costruisca 13 occasioni da gol in nove partite.

Ecco, questo è il punto raggiunto da Insigne: ormai siamo quasi perfettamente sicuri del suo rendimento. La sorpresa è il non-gol, l’assenza di una grande prestazione. Ha finito per abituarsi ad abituarci bene.

La narrativa

In una conversazione di redazione al Napolista, abbiamo sottolineato di come Insigne fosse presente, pesante, importante nell’economia del gioco del Napoli. E poi, di come negli ultimi anni abbia saputo ergersi a uomo fondamentale in tanti match importanti. Una veloce cronistoria: la punizione a 22 anni contro il Borussia Dortmund e il gol in Germania; le due reti in finale di Coppa Italia; la splendida partita contro la Roma, giusto prima di infortunarsi, a novembre 2014; il gol alla Juventus lo scorso anno, le tre reti a San Siro contro il Milan, sua vittima preferita; il peso della sua uscita dal campo nell’ultimo match di campionato allo Stadium, dopo l’assist per Callejon; il gol di Madrid.

Dimentichiamo sicuramente qualcosa, ma il concetto è chiaro: Lorenzo Insigne sa esserci, sempre, anche se non soprattutto quando il gioco si fa duro. Quando l’avversario diventa importante, e quindi cresce anche la posta in palio. Poi, cosa non meno significativa, ha imparato a essere efficace e quindi decisivo sempre, anche in momenti dove l’estetica della giocata conta poco o comunque è un fattore secondario. I quattro gol a Crotone ed Empoli, le reti realizzate in trasferta a Bologna e Udine, le splendide prestazioni sparse ci dicono che Insigne, oggi, riesce a essere continuo.

Il resto è un doppio atteggiamento consequenziale, quello del professionista serio e rigoroso e quindi del calciatore che si sente pronto a essere leader. A essere bandiera. Insigne ha sempre saputo riprendersi dai momenti difficili, siano stati indotti (l’infortunio del 2014) o autogenerati (il rendimento negativo all’inizio di questa stagione, la mancanza del gol in Serie A nell’autunno del 2013, le critiche dei tifosi che da lui hanno sempre voluto qualcosa in più). Tanti momenti bui, da cui è uscito sempre con il lavoro e con il comportamento migliore, che ha imparato col tempo: a Torino, al momento dell’ultima sostituzione controversa, nessuna piazzata. Anche questa è una crescita.

Il fattore economico

Da qui il terzo punto, quello decisivo. Insigne vuole una certa cifra, non sappiamo se il Napoli sia o meno disposto ad accontentarlo. Lui ha detto di aver abbassato le pretese, e che sarebbe disposto a rimanere a Napoli a vita. Il discorso della bandiera di cui sopra, che però è strettamente correlato al riconoscimento economico. Del grande calciatore, ma anche della sua dimensione simbolica. Al pari di Hamsik, verrebbe malignamente da dire. Ma il punto è proprio questo, anche se non è propriamente romantico. Se Insigne ha davvero un certo mercato, e in tanti sarebbero pronti ad offrire certe cifre, il Napoli deve essere competitivo. Perché Insigne ha saputo dare e rappresentare tanto, nel suo percorso azzurro. E perché questo è il calcio.

Infine, perché Insigne pare davvero ben disposto, anche se le dichiarazioni sono soprattutto una facciata, a impersonare un ruolo importante nella storia del club. Come Hamsik, in una dimensione ancora più ampia rispetto ad Hamsik. Sì, perché Insigne è come Juliano. È napoletano. Quindi, è qualcosa di più. Il paragone con Totti è forse stridente, troppo grande il divario tecnico. Però, come dire: dimensione a parte, siamo sullo stesso campo da gioco. Insigne è un bene di lusso, di gran lusso. E rinnovare il suo contratto, oggi, significa riconoscergli una posizione di leader tecnico, ma perché no anche carismatico, per il presente e il futuro.

Conclusioni

La domanda è semplice, a questo punto: ha dimostrato di meritarsi questo tipo di trattamento? Tecnicamente sì. Il rendimento migliora da anni e continua ad alzare le asticelle; l’atteggiamento è diventato positivo, anche se comunque Insigne non è mai stato davvero una testa calda; pure il rapporto con il pubblico non è mai stato così bello.

Insomma, nell’ottica di una crescita sportiva e pure economica, il Napoli ha bisogno di piazzare questo nuovo contratto. Di prometterlo almeno, a quello che è il miglior Insigne di sempre. Un rinnovo che rappresenterebbe un invito a migliorare, un ulteriore tentativo di responsabilizzare il calciatore. Sul Napolista abbiamo criticato modi e tempistiche dei suoi procuratori, lo strappo è rientrato e ora il momento è quello giusto. Per non strappare ancora.

Da qui a fine campionato, il Napoli ha il tempo per poter chiudere un grande affare con se stesso e con un calciatore diventato davvero importante. Il nuovo contratto di Insigne è soprattutto questo: l’affermazione di una crescita. Insigne con il Napoli e nel Napoli, il Napoli attraverso Insigne. L’incontro tra le due parti e  un accordo sarebbero un esercizio di buona gestione. E di buon senso, perché farebbe bene a tutti. Perché renderebbe felici proprio tutti. L’ideale sarebbe che il tutto avvenisse senza grossi proclami, senza nuove dichiarazioni pacate ma severe. Qualcuno ha criticato l’intervista di oggi, ma è un intervento di puntualizzazione e di apertura. Giusto, se resta isolato. I sassi sono stati gettati nel laghetto, in questo modo. Può bastare. Ora c’è solo da vedere se le ondine riusciranno a muovere la barchetta di carta nella giusta direzione.

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