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Chievo-Napoli, analisi tattica: perfetti per 70 minuti. Poi il buio: 1 gol e 8 tiri subiti fino al 90′

La squadra di Sarri domina il match del Bentegodi, poi scompare: è uno stato mentale più che fisico. Pavoletti non è brillante, ma il suo inserimento è appena iniziato.

Chievo-Napoli, analisi tattica: perfetti per 70 minuti. Poi il buio: 1 gol e 8 tiri subiti fino al 90′

Due partite, una da 70′ e una da 20′

Chievo-Napoli è una partita semplicissima da spiegare. Una squadra più forte incontra un’altra squadra più debole; la più forte va in vantaggio di tre gol, e domina fino al 70′. Poi, un errore marchiano cambia l’inerzia psicologica della sfida, la squadra debole comincia a caricare a testa bassa e quella forte – per paura, ma soprattutto per stanchezza – si ritrae e subisce l’iniziativa degli avversari. Moltiplica gli errori dei singoli e pregiudica il rendimento globale, ma resta comunque più forte. Tanto da costruire un gol (annullato) e un’altra occasione a porta spalancata (Milik è arrivato per un soffio sul pallone) anche in situazione di oggettiva difficoltà. Chiaro. Semplice. Lineare.

La preoccupazione per il rendimento difensivo è sacrosanta, perché il Napoli subisce gol praticamente sempre. E praticamente da tutti. Però, i numeri vanno contestualizzati. Delle 13 conclusioni concesse al Chievo, 11 sono arrivate nella ripresa. Di questi 11 tentativi dei secondi 45′ di gioco, 8 sono arrivati dopo il 70esimo. E i tre tiri precedenti al gol di Meggiorini sono stati tutti respinti (o bloccati) dai difensori di Sarri.

Quindi, preoccuparsi per la tenuta difensiva del Napoli è giusto, ma solo in riferimento a un periodo di gioco estremamente limitato. Fino al 70esimo, al di là dell’occasione nitida per Inglese, il Chievo non ha tirato in porta. E la stessa conclusione dell’attaccante ex Carpi nasce da un retropassaggio sbagliato di Insigne, non in situazione di attacco posizionale. Sotto, giusto per capire di cosa parliamo, vediamo la heatmap del Chievo fino al fatidico minuto 70. Semplicemente, l’inizio di una nuova partita. Di un’altra partita.

In casi come questi, è inutile chiarire che il Chievo attacca da sinistra verso destra.

Aspettare il Napoli

La squadra di Sarri ha dominato il match per tre quarti del tempo di gioco. Un merito, ma anche la conseguenza di una precisa dell’avversario. Piuttosto che giocare in stile-Genoa, accorciando continuamente sui portatori di palla e alzando il baricentro, la squadra di Maran ha preferito aspettare il Napoli restando rintanata nella sua metà campo. Il dispositivo di pressing alto dei gialloblù si azionava solo in caso di costruzione statica dal basso, in situazioni come la rimessa dal fondo o comunque un pallone giocato con i soliti duetti tra i centrali e Jorginho.

Palla giocata indietro dal Napoli e immediata salita in pressing del Chievo. La squadra di Maran porta quattro giocatori e crea situazione di parità numerica (dei giocatori di movimento).

Se in qualche modo il Napoli riusciva a superare la primissima linea di pressione, oppure avviava in maniera differente la manovra, il Chievo scappava subito all’indietro e portava l’intera squadra – schierata con uno speculare 4-5-1 in fase di non possesso – nella propria metà del terreno di gioco. L’idea di Maran, ovviamente, era quella di intasare gli spazi per la ricezione del pallone da parte dei calciatori più avanzati. Il tecnico del Chievo, d’altro canto, non poteva inventarsi molto in questo senso: la difesa schierata ieri, portiere escluso, aveva un’età media di 33,75 anni. Non poteva brillare in dinamismo, quindi era costretta – per caratteristiche fisiche – ad aspettare il Napoli senza alzare troppo il pressing.

Napoli che risale il campo, e tutto il Chievo è nella sua metà campo. Non ci sono marcature a uomo, ma solo coperture di zona. Koulibaly è libero di avanzare.

Giocate e linee di passaggio

Le due reti che hanno indirizzato la partita nascono da quest’atteggiamento del Chievo. O meglio, dalla risposta del Napoli a questo atteggiamento. La squadra di Sarri, preso in mano il pallino del gioco, ha iniziato a riempire la metà campo avversaria con un numero di giocatori altissimo. La stessa capacità di lettura del gioco mostrata col Genoa, solo che in questo caso non si trattava di attendere il momento buono per colpire, ma l’occasione giusta dal punto di vista posizionale. Sotto, il posizionamento medio del primo tempo degli undici calciatori azzurri e di quelli di Maran. Entrambi i campetti riguardano le fasi di possesso palla. Una grafica eloquente.

Napoli

Non è un caso, dunque, che entrambe le segnature nascano dalla creazione di una linea di passaggio alternativa rispetto alle direttrici classiche: Hysaj che taglia il campo per servire Insigne partendo dalla posizione di mezzala destra e l’inserimento interno di Allan dopo scambio con Callejon. Tra le due, ovviamente, è molto più inconsueta la prima situazione di gioco.

Il Napoli porta sei uomini a ridosso dell’area. Lo sviluppo del gioco a destra garantisce parità numerica; il ribaltamento permette a Insigne di giocare il pallone in situazione di uno contro uno.

Il solito Napoli

Il resto della partita, ovviamente parliamo sempre di quella che si è giocata fino al 70′, racconta la solita storia tattica. Abbiamo visto, sopra, come la squadra di Sarri sia riuscita a sviluppare in maniera diversa la parte finale della sua azione. I principi di gioco iniziali, però, e i giocatori cui far riferimento per applicarli, sono costanti rispetto alla narrazione recente della squadra. Il Napoli visto ieri a Verona ha fatto grande affidamento sulla regia di Jorginho, primatista in campo per pass accuracy (90%) e palloni toccati (137); ha sfruttato molto le corsie laterali (a fine partita, i cross tentati sono 19, ovviamente 18 fino al 70′); ha trovato gli appunti tecnici di una Hamsik brillante, numero uno in campo per passaggi chiave (4).

Insomma, nulla di nuovo. A parte la capacità di sbloccare il match seguendo strade alternative per la creazione di occasioni limpide. Un po’ quello che era mancato con il Palermo e con il Sassuolo. Ovvero, le due partite che “gridano vendetta” in questa stagione.

Pavoletti

L’unico che non può pienamente “festeggiare” un Napoli così vicino alla sua espressione classica è Leonardo Pavoletti. Il centravanti ex Genoa non è riuscito a concludere una sola volta verso la porta. È stato paradossalmente più utile in fase difensiva (5 eventi totali, 2 intercetti e 3 palloni spazzati), ma non ha offerto un contributo palpabile in fase di costruzione del gioco (0 occasioni create). Rispetto a Gabbiadini, almeno, l’attaccante livornese ha fatto registrare una presenza costante nella sua zona di campo: sotto, la sua mappa dei palloni giocati. Tutti in zona centrale, a ridosso dell’area di rigore.

Il dato sulla precisione dei passaggi non è brillante (78%), ma il primo passo per rendere Pavoletti partecipe al gioco è stato compiuto. Il Napoli, con il 32 in campo, ha un riferimento centrale su cui appoggiare il pallone per far salire la squadra e occupare nel frattempo gli spazi. Il resto (contributo tecnico alla costruzione del gioco, capacità di leggere le situazioni offensive e di “chiamare” più palloni a centro area) migliorerà con il crescere della condizione e della conoscenza con i compagni.

Conclusioni

Il Napoli visto ieri è una squadra in salute. Dal punto di vista tattico e tecnico, e basta guardare la prestazione di Insigne per rendersene conto. Se parliamo di condizione fisica, è evidente il calo dopo il gol di Meggiorini. Certo, è fondamentale in questo senso la partita di mercoledì. Che, ricordiamolo, non è stata propriamente un’amichevole. Più che dal punto di vista della condizione, però, la “seconda” Chievo-Napoli ha messo in mostra le difficoltà della squadra  rispondere al primo – e unico – momento di appannamento lungo i 90′.

Uno stato mentale, certo. Che, però, va in qualche modo evitato. In match come quelli che aspettano il Napoli, vedasi Juve e Real Madrid, gli avversari difficilmente ti concederanno tre reti. E i blackout che caratterizzano il Napoli portano spesso, praticamente sempre, a un gol degli avversari. Il lavoro di Sarri deve ripartire da qui. Soprattutto da qui. Perché il resto, lo dice il campo, è perfetto o quasi.

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