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La bellezza di Posillipo nell’Atlante di Napoli di Italo Ferraro

Il teatro all’interno della villa di Pollione potrebbe essere greco. È una delle sorprese del decimo volume dell’Atlante.

La bellezza di Posillipo nell’Atlante di Napoli di Italo Ferraro
Il volume di Italo Ferraro

Posillipo

“Napoli deve dotarsi di una nuova pianta urbana che aggiorni l’ultima datata 1870. È uno strumento prezioso, irrinunciabile”. Italo Ferraro, tra i più apprezzati studiosi della forma della città, si candida per questo compito ed è naturale che lo faccia dopo l’uscita del decimo volume del suo monumentale Atlante della città storica: dopo Chiaia e doppiato il Vomero, la ricerca ha puntato su Posillipo scoprendo gioielli di architettura romana e moderna in un percorso tra mare e collina che diventa un unicum straordinario per bellezza, storia e suggestioni grazie anche alla geografia aspra dei luoghi che non ha consentito un nuovo sacco edilizio. Il volume, come gli altri che l’hanno preceduto a partire dal primo – il Centro antico del 2002 -, si trasforma in una lente di ingrandimento: “vede” il bello e il brutto, il passabile e l’orrido e affida il giudizio alla sensibilità di chi lo consulta.

Concluso il tour urbano

“Il progetto che ho messo a punto con i miei collaboratori Andrea Stavrulakis e Manuela Marsala, ha esaurito il tour urbano, annuncia Italo Ferraro, ma siamo pronti a nuove fatiche per dare un quadro completo della evoluzione della città studiando i quartieri che adducono ai Campi Flegrei e la conurbazione della periferia vesuviana”.

Più bello della Gaiola non può esserci

Ma torniamo alla decima fatica. Le immagini e i testi mettono a fuoco tutte le “Posillipo” che il tempo conserva, quando non scolora. Dal teatro all’interno della Villa Pollione, al porto di Marechiaro e quindi all’azzurro celestiale del mare della Gaiola dove il percorso si conclude perché l’autore ritiene a giusta ragione “che qui è posto il limite della bellezza, di più non ci può essere”. Seguendolo nelle escursioni dentro cunicoli che il tempo ha quasi cancellato o percorrendo sentieri impervi che si tuffano a mare, scopriamo che Posillipo disvela i suoi tesori, spesso nascosti come Villa Emma sull’estremità della spiaggia dei bagni Elena, ma non li protegge e non li utilizza come dovrebbe.

La mappa di Carlo Carafa

La città, dunque, appare in una veste assolutamente inedita: più ricca di tesori perché l’occhio fotografico “vede” più in profondità, ma anche più indifesa. Anche perché le sue mura sono erette tra artificio e natura, come si ricava dalla leggenda allegata alla celebre mappa della città di Carlo Carafa duca di Noia. Al numero 132 della leggenda, ad esempio, è scritto: “vico Monterone, in ove chiesetta di Sant’Angiolillo. Qui terminava l’antichissima Palepoli. Ed al di là fu tutto mare”. E veniamo agli annunci. Il nuovo piano editoriale dell’Atlante prevede la riedizione dei primi tre tomi esauriti (Il Centro antico; i Quartieri bassi e il Risanamento; i Quartieri Spagnoli) e altre tappe a Fuorigrotta, Bagnoli e Agnano – , e, quindi, nei Campi Flegrei – e, successivamente, verso San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli addentrandosi nell’incanto calpestato delle ville vesuviane.

Un lavoro utile per il futuro

“È una fatica immane, ammette Ferraro che, però, non mostra di risentirne – e, infatti, dice di essere diventato più bravo -, ma è utile per il futuro, almeno lo spero, quando la città dovrà cambiare e magari avrà piacere di sapere come era fatta. I riferimenti ai quali mi ispiro sono nobili, dal Celano – dal quale tutti abbiamo imparato – e dal catalogo di tutti gli edifici sacri della città di Napoli e dei suoi sobborghi lasciataci da padre Alvina in un manoscritto del 1642. Oltre che dalla cartografia di Cesare De Seta che per primo ci ha messo di fronte ad una immagine completa di Napoli”.

Gli archivi

Un’altra fonte è rappresentata dai nuovi archivi disponibili, soprattutto quello del Tribunale civile, che è una sezione dell’Archivio di Stato e l’altro che custodisce le perizie elaborate per dirimere le controversie tra i proprietari di immobili ricche di notizie e, soprattutto, di documentazioni fotografiche. Materiali preziosi a conferma di una verità storica: Napoli è la città che più e meglio ha conservato tutti i tempi delle sue trasformazioni.

Il teatro all’interno della villa di Pollione è greco

Scorrendo le pagine di “Posillipo” ci imbattiamo in altre piacevoli sorprese. Ne elenchiamo due a volo di uccello partendo da un convincimento di Renato De Fusco autore del saggio di apertura del volume: la sistemazione di Bagnoli non può che essere l’estensione dell’urbanizzazione di Posillipo. Che è una sorta di nobile ritorno all’antico e ai sogni di Lamont Young.

La seconda sorpresa è una scoperta di Italo Ferraro: “Abbiamo scoperto che a Posillipo, pur non trovandone tracce certe, aleggia il tempo e la cultura greca in un contesto tutto romano”. È un pugno nello stomaco, ma non fa male perché Ferraro sa che i dubbi restano anche se si fa paladino di una tesi che spariglia le corte: il teatro all’interno della villa di Pollione, ad esempio, non è una costruzione romana ma greca perché le fondamenta sono radicate nella terra. E qui la discussione si apre a sviluppi di estremo interesse.

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