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Il Napoli vertical di Callejon e Gabbiadini (il Verona però è scarso)

Il Napoli vertical di Callejon e Gabbiadini (il Verona però è scarso)

C’era curiosità per questo Napoli-Verona. La prima in campionato senza Higuain, la riscossa dopo Udine, la pressione di dover giocare di nuovo contro la Juventus e dare un segnale alla Roma. Tante componenti, tutte condensate però in una partita che il calendario ha offerto come “perfetta” alla causa azzurra: troppo deficitario questo Verona per poter davvero pensare di mettere in difficoltà gli azzurri. La squadra di Delneri è carente, più che dal punto di vista tattico o fisico, su quello strettamente tecnico. Perché il primo tempo del Napoli è sì a tambur battente, ma il numero di occasioni da gol (10-0 secondo il report della Lega Calcio) è tanto gonfio soprattutto a causa degli errori individuali dei difensori gialloblu: i mancati fuorigioco sulle occasioni di Gabbiadini, il rigore procurato (con espulsione annessa) dal disastroso Souprayen. Quindi, come dire: meriti, tanti, al Napoli. Ma anche contro un avversario che non può essere probante per una squadra che, senza Higuain, è stata giocoforza costretta a cambiare qualcosina. 

C’era curiosità, si diceva. Soprattutto su come avrebbero reagito Sarri e i suoi alla mancanza del loro finalizzatore e accentratore. In effetti, rileggendo i dati e ripassando mentalmente la partita, inquadriamo un Napoli leggermente diverso. Intanto il possesso palla, in percentuali lontane dallo standard: 55% a 45%, con 684 passaggi contro 428. C’è differenza, non c’è il solito abisso. Anche perché il Napoli è stato squadra più verticale, più orientata a saltare le linee di pressing avverso piuttosto che aggirarle. Merito/colpa della scelta di Delneri, che ha pensato e deciso di ingolfare una precisa porzione del campo, fare densità e muovere la squadra in pressing seguendo il pallone e non gli uomini. Il campetto posizionale medio, la prima figura in basso (a sinistra il Napoli, a destra il Verona), illustra e insieme spiega questa scelta: considerando la propensione del Napoli a utilizzare soprattutto la fascia sinistra, il tecnico scaligero ha deciso di sbilanciare verso destra la fase difensiva della sua squadra. Un terzino di gran corsa (Pisano), un esterno di contenimento (Wszolek, con i più offensivi Emanuelson-Rebic sul lato opposto) e l’uomo in più Ionita, controllore quasi a uomo di Hamsik. Pure i ripiegamenti di Juanito Gomez, isolata e desolata unica punta preferita a Pazzini, erano tutti orientati a coprire questa zona. Sotto la prima immagine, il confronto su baricentro, posizionamento orizzontale e bilanciamento offensivo. Il Verona è sensibilmente spostato alla destra del campo,così il Napoli è costretto a equiparare il lavoro sulle due fasce laterali. Il 40% delle azioni azzurre nascono a sinistra, stessa percentuale a destra. 

La scelta, di principio giusta, si è rivelata controproducente. Per due motivi fondamentali, che sono due cognomi e tre nomi: Manolo Gabbiadini e José Maria Callejon. La presenza del numero 23 al posto di Higuain ha cambiato il modo di interpretare il lavoro di prima punta: se Higuain tende a voler impostare l’azione partendo da dietro per poi salire e chiuderla con la conclusione, Gabbiadini è sempre andato alla ricerca della profondità o dello scambio veloce, della sponda da centravanti “classico”. Il Napoli, in questo modo, ha recuperato un tempo di gioco e bypassato una costruzione più lenta della manovra. Da qui, anche il dato un po’ meno predominante sul possesso palla. L’altro nome, quello di Callejon, fa riferimento soprattutto alla sua innata capacità di inserimento e lettura del gioco. La quasi totalità delle occasioni nel primo tempo, così come il gol di Gabbiadini, nascono infatti da un cambio di gioco fatto nella terra di nessuno della difesa veronese nel frattempo schierata a sinistra. Una vera e propria manna dal cielo per l’ex Real, che ha poi causato anche il rigore e l’espulsione di Souprayen sfruttando una situazione pressoché identica. L’azione che più di ogni altra “spiega” l’errore di valutazione di Delneri e la prestazione eccellente di Callejon è quella dell’occasione di David Lopez: pallone alto che il numero 7 ha tutta la libertà di stoppare e di servire sull’inserimento interno del compagno. L’immagine caratteristica, però, è quella dei tre calciatori del Verona che corrono in diagonale per cercare di recuperare sul mediano ex Espanyol.

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Il supporto dei dati: Gabbiadini e Callejon sono i calciatori che hanno effettuato più tiri e avuto più occasioni da gol (4 e 3). Per lo spagnolo, anche 3 occasioni create con altrettanti passaggi chiave. È il secondo dato della partita dopo quello del calciatore che, per chi scrive, si è meritato la palma assoluta di migliore in campo. Parliamo di Marek Hamsik, perfetto nella gestione tecnica, tattica e pure psicologica della partita. Intanto, lo dicono le cifre: 4 occasioni create, una pass accuracy del 90% e pure 4 palle recuperate. Una prestazione totale, a tutto campo. Poi, la capacità di capire i momenti della partita, di alzare il ritmo o mantenere il possesso nei momenti giusti. Infine, last but not least, la lettura dei movimenti di Callejon: il lancio per l’occasione di Gabbiadini, quello sul primo gol e quello in occasione del calcio di rigore partono tutti quanti da un’azione dello slovacco. Sotto, nel campetto posizionale, i palloni lunghi giocati da Hamsik, 12. Uno solo sbagliato (in rosso, in giallo i passaggi chiave), e appena due dalla sua zona di competenza verso sinistra. Gli altri, sono tutti in diagonale verso destra. Facile, bello e verosimile immaginare che tutti quei lanci siano stati preda di José Maria Callejon. Una direttrice perfetta.

Il resto è poca roba, intanto perché la partita “vera” dura 45 minuti, fino al rigore di Insigne e al rosso per Souprayen. Tutta la ripresa è solo una discesa verso il 90esimo con dentro buone notizie sparse: intanto, un David Lopez (ancora) positivo e miglior “accumulatore di corsa” della partita, con 12 km di corsa di cui 8,4 con alto ritmo. Buona anche la sua prestazione tattica da uomo d’ordine in mezzo al campo, con un’ottima 92% di pass accuracy (terzo valore più alto tra i titolari dopo Ghoulam e Albiol). Da segnalare anche la solita, ottima partita difensiva di Hysaj (leader azzurro di palle recuperate in campo, 5) e il consueto lavoro di gestione da parte di Jorginho, 105 tocchi riusciti su 115. Il regista italobrasiliano ha sfruttato la maggiore libertà concessagli da Delneri, che ha preferito bloccare le linee di passaggio piuttosto che assegnargli un marcatore diretto. L’esatto contrario di quanto fatto da De Canio a Udine, con Thereau vero e proprio angelo custode del numero otto azzurro. Il tabellino delle due partita è eloquente nello stabilire quale, tra queste due, sia stata la scelta migliore.

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