Io non ho paura, questa volta!!!

Ché uno poi nella vita deve avere sempre una missione. Certo, dipende da quello che si sa fare, perché se non ce n’è non ce n’è per nessuno, è ovvio. E a me due sono le cose che riescono meglio, scrivere ed essere positiva, anche quando tutto è contro. Due cose che mi hanno spesso […]

Ché uno poi nella vita deve avere sempre una missione. Certo, dipende da quello che si sa fare, perché se non ce n’è non ce n’è per nessuno, è ovvio. E a me due sono le cose che riescono meglio, scrivere ed essere positiva, anche quando tutto è contro. Due cose che mi hanno spesso salvato la vita. Mo sto pensando a sabato, per esempio. Anzi, sto pensando a martedì scorso, e alle partite precedenti. Sto pensando al campionato scorso, che mi è rimasto addosso come un vestito usato di quelli a cui tieni particolarmente e non butti via nel cambio stagione. Sto pensando a tutte le volte in cui abbiamo vissuto l’ansia del pre-partita pensando “non ce la faremo” e a quante, invece, ce l’abbiamo fatta eccome, e siamo stati pura gioia una volta di più.
Ecco, oggi ho passato una parte del mio pomeriggio con un interista. Era convinto di vincere, sabato. Parlava di andare a Milano, perché questa è un’occasione irripetibile, la squadra è forte, carica, lo spogliatoio acclama Ranieri. Ha detto che l’Inter contro il Napoli vince sempre. Io prima gli ho detto che aveva ragione, che non mi andava neppure un po’ l’idea di andare a Milano, che avevo ancora in testa il ricordo dell’anno scorso, partita di andata, quando arrivammo lì e trovammo i cinque trofei schierati a metterci addosso tutta quella paura. Ricordo l’sms che inviai a Gallo, che si trovava lì. Gli chiedevo di fargli esplodere una bomba carta sotto, a quei dannatissimi trofei. Quella volta ci misero paura, si sentiva attraverso la tv. Me lo ricordo come fosse ieri, anche io che memoria calcistica non ne ho mai avuta.
È stato quando mi sono ricordata ‘sta cosa che glie l’ho chiesto. Gli ho detto “cioè, tu mi stai sfidando?”, guarda che la Pugliapotenza non ha limiti, ho pensato tra me. Ché qua se ci mettiamo tutti d’impegno concentrati al massimo possiamo fare quello che vogliamo, che di voi ne facciamo carne di porco al risotto milanese, se non stai attento. Gli ho detto che va bene. E che però se vinciamo noi mi faccio dare il suo numero di telefono e sabato lo chiamo e che tra due settimane, quando ci rivediamo, gli porto il babà del bar Don Carlos di Casoria, che più buono non ce n’è.
E così, un giro nel gruppo degli Ultràmici e passa la nostalgia. Si scopre che nel 1968 abbiamo vinto 2-1 a casa loro, che c’era Pesaola con il suo cappotto. Lo so, sono passati milioni di anni, ma Pesaola mi torna in mente da giorni e deve pur significare qualcosa. Certo, certo, ci vorrebbe un miracolo. Di quelli che facciano passare Cavani dal 40% di ripresa oggi che è giovedì al 100% sabato. Un miracolo miracolo, per dirla alla Troisi. Ma se invece pensassimo tutti insieme che si può fare? Se ci mettessimo a recitarlo come un mantra in silenzio, bisbigliando, sorridendo la mattina quando andiamo al lavoro, e quando la sera torniamo a casa, e tutto il giorno, nonostante gli scazzi e le difficoltà? Perché se sei positivo attiri positività, ché Buddha c’aveva ragione. Ché magari un po’ dell’energia che siamo capaci di creare si trasmette pure a quegli undici in campo e Zuzù ci fa la malattia, come quella che ci ha portati in Champions League. Perché arriviamo pure carichi carichi di meraviglia, dopo il Villareal. Perché Pandev non è vero, ma se è vero se ne cade uno stadio, pure se lo stadio sta a Milano. Perché c’ho il mio amico Umberto che ci va e non mi va che si intossichi pure lui.
Insomma, abbiamo un milione e mezzo di motivi per pensarci tutti assieme. Come una catena di Sant’Antonio che sprigioni una tale quantità di elettricità da far fulminare tutte le lampadine di San Siro. Ecco, me n’è venuta in mente un’altra. Nel 1994 vincemmo 2-0, sempre a Milano. In panchina c’era Boskov, un mito personale, per me, quello di “scendete in campo e sparpagliatevi”, per intenderci, e di un milione di altre frasi rimaste nell’immaginario mio e di Gallo. Boskov è simpatico, positivo, leggero e semplice. Oh, insomma, chiamatemi pazza, ma io a queste cose ci credo. E ad Alfredo glielo voglio offrire quel babà. Perciò scendiamo in campo… e sparpagliamoci anche noi. E se non va bene? E vabbuò, pazienza. Vorrà dire che non era destino, ché credo pure a quello. Ci saranno tutte le altre partite del campionato. E pure il Bayern. Almeno ci saremmo vissuti meglio i tre giorni che mancano, contando i secondi. Non saremo stati soli neppure un minuto. Fortissimo. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia

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