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L’Argentina boccia il Pocho: “che delusione”

Batista non è più il commissario tecnico della nazionale Argentina, l’Afa ne ha ufficializzato l’esonero da poco più di ventiquattro ore. Per la successione si fa il nome di Alejandro Sabella, attuale tecnico dell’Estudiantes e uomo di fiducia di Daniel Passarella. E per Lavezzi, ora, il gioco si fa duro: confermarsi con la camiseta albiceleste non sarà facile. El Checho Batista, che lo aveva già allenato con la rappresentativa olimpionica in occasione di Pechino 2008, credeva molto in lui. Il rapporto con il nuovo ct, invece, sarà tutto da costruirsi.
Già, perché sono settimane che ci interroghiamo, imbeccati dai rumors di mercato e dalle dichiarazioni sul tema di De Laurentiis,  sui pensieri che attraversano la mente del Pocho: avrà bisogno di nuovi stimoli, voglia di cambiare aria, o vorrà rimanere a Napoli? Nel frattempo, però, ci sfugge una preoccupazione che certamente attanaglia Lavezzi, la sua possibile permanenza nel giro della nazionale.
Il bilancio dell’esperienza del Pocho con l’albiceleste non è difficile da tirare. Quando nell’estate del 2007 arrivò in azzurro era già nel giro dell’Under 21, mentre l’estate successiva  partì titolare nel torneo che portò l’Argentina ad essere medaglia iridata a Pechino: allenatore, come si diceva, era Batista, il quale puntò su Lavezzi nel girone (e il Pocho ricambiò con due gol), salvo poi preferirgli Angel Di Maria nella fase eliminatoria.
Superata anagraficamente l’avventura nelle selezioni under, il nostro Ezequiel ha partecipato con la nazionale maggiore alle qualificazioni per gli ultimi Mondiali, ma Diego Maradona non l’ha inserito nella rosa dei convocati per il torneo sudafricano (complice la doppietta di Milito in finale di Champions League). Si arriva così alla recente copa America, dove Lavezzi, ritrovando Batista ct e godendo dell’appoggio (o almeno così pare dai resoconti giornalistici) di Messi, è stato promosso titolare nel tridente con la Pulce e l’Apache Tevez. In campo dall’inizio nelle prime due partite contro Bolivia e Colombia, il Pocho non ha brillato facendosi preferire Agüero. Se non bastasse, in occasione del terzo e ultimo match contro il Costa Rica, subentrato al 39’ del secondo tempo sul risultato di 3 a 0 e con la qualificazione assicurata, è riuscito a farsi ammonire al 46’: già in diffida, ha saltato i quarti con l’Uruguay, e c’è da credere che difficilmente avrebbe riconquistato il posto titolare in occasione delle semifinali e, ancor di più, della finale. Bottino personale: zero gol, un palo e due ammonizioni.
Se si vuole dare un’occhiata alla stampa argentina per capire come le prestazioni di Lavezzi siano state valutate in patria, si capisce che il giudizio è negativo. In un pagellone consuntivo delle prestazioni di tutta la rosa pubblicato dal Clarìn, il nostro viene definito “una delle principali delusioni della squadra”; sullo stesso quotidiano non si trova molto altro sul Pocho (dato comunque indicativo: in latino si definirebbe “argumentum ex silentio”), ma lascia riflettere che all’indomani dell’eliminazione un’editoriale titolasse tipo “Pastore avrebbe dovuto giocare di più” . Su Olè, quotidiano sportivo, i commenti si fanno ancora più duri: Jose Sanfilippo, ex stella argentina degli anni ’50 e ’60, in un corsivo dove invita a fare repulisti nella Selecciòn incita il “pobrecito” Lavezzi “a tirare la testa fuori dal secchio”. All’indomani della squalifica subita per il giallo contro il Costa Rica, la stessa testata pubblicava un articoletto dal titolo suggestivo Ay Pocho”: chi avesse il buon cuore di dare un’occhiata ai commenti dei lettori per saggiare anche i sentimenti della base, vi troverebbe giudizi molto duri che non me la sento di riportare (diciamo molto simili ai nostri sulle prestazioni di Simone Pepe dopo Italia Slovacchia dello scorso Mondiale).
In conclusione, Lavezzi non è piaciuto e proprio per questo è di fronte al primo vero bivio della propria carriera: dentro o fuori la nazionale.
Di solito in questa situazione si dice che a fare la differenza per i giocatori è la propria squadra di club, ma non è il caso del Pocho. La sua non è una questione di vetrina o di rango, ma una sfida personale: deve dimostrare le proprie qualità. Lavezzi dovrà affermare al nuovo ct di avere le caratteristiche necessarie per chi voglia giocare in una nazionale che ha l’onere di partire sempre tra le favorite ad ogni torneo che disputa: vale a dire concretezza durante le partite (nel suo caso sotto porta e in fase di costruzione del gioco), capacità di reggere l’adrenalina delle sfide secche (e non solo le pressioni dei tornei lunghi), carattere nell’affrontare le difficoltà.
Lavezzi la prima opportunità per mettersi in gioco l’ha fallita. Il prossimo impegno sono le qualificazioni ai mondiali del Brasile, ma alla competizione iridata mancano ancora tre anni. Nel 2014 il Pocho avrà 29 anni, sarà al culmine della fase matura della propria carriera e sull’orlo della parabola discendente. Nel frattempo i suoi coetanei (Messi, Agüero, Di Maria, Tevez) saranno ancora in forma, mentre le nuove starlette del calcio argentino (Lamela, Ricky Alvarez e chi più ne ha più ne metta) saranno maturati.
La sfida per il Pocho si fa dura. Se vuole rimanere nel giro della nazionale per i prossimi tre anni deve fare molto bene: ci auguriamo con la maglietta del Napoli.
di Roberto Procaccini

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