Doping, combine, wild card comprate e flebo su Instagram: il tennis non se la passa benissimo
La Süddeutsche Zeitung ha letto tutti i dossier dell'Itia e ha riepilogato il 2025 "criminale" del tennis. E' successo un po' di tutto

Frances Tiafoe of the US walks past shoes das he plays against Learner Tien of the US in their menís Singles match at the 2023 US Open Tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York on August 28, 2023. (Photo by TIMOTHY A. CLARY / AFP)
Al momento dei classici resoconti dell’anno appena passato la Süddeutsche Zeitung ha deciso di dedicarsi a raccontare il 2025 del tennis, ma ribaltandone i cliché di sport del fair play. In un lunghissimo approfondimento il giornale tedesco ha analizzato il suo lato oscuro, una sorta di viaggio nel tennis criminale partendo dai fascicoli dell’International Tennis Integrity Agency (la famosa Itia che abbiamo imparato a conoscere per il caso doping di Sinner). Il risultato è che tra doping, partite truccate, telefoni che spariscono, scommesse sospette e doping il tennis non se la passa benissimo.
L’Itia è il cane da guardia del tennis mondiale. Controlla antidoping e integrità delle competizioni. Quando serve, colpisce. E nel 2025 ha colpito parecchio. Il caso più famoso del doping resta quello di Sinner, finito sotto la lente per due positività al clostebol e poi uscito con una sospensione concordata con la Wada. Ma il vero problema sta più in basso, lontano dai riflettori. A gennaio, due sospensioni provvisorie aprono l’anno: David Saye, americano, positivo all’anfetamina. Nessun ricorso. Fine della storia; e Yash Chaurasia, indiano, terbutalina nel sangue. Autosospensione, poi un anno di stop.
A febbraio arriva l’ennesima assoluzione “sudamericana”: Nicolas Zanellato, brasiliano, positivo al boldenone. “Colpa” della carne colombiana. L’Itia indaga, gli esperti confermano. Assolto. Non va altrettanto bene a Irina Fetecău, rumena: integratore contaminato, dieci mesi di stop. Né a Imran Sibille, marocchino, positivo alla cocaina: ammissione, programma di recupero, un mese di sospensione.
Capitolo partite truccate. Il vero buco nero resta la combine. Il nome chiave è sempre lo stesso: Grigor Sargsyan, detto “Maestro” o “Ragnar”. Base in Belgio, metodi rodati: Telegram, Sim anonime, Skrill, Western Union. Paghi, perdi un game. O un set. O tutta la partita. Risultato: Jérôme Inzerillo, ex promessa francese, cinque anni e mezzo di stop. Ora gioca a padel. Agustín Moyano, argentino: ricorre e rimedia 15 anni. Leny Mitjana, francese: 10 anni confermati dal Tas. Ventidue violazioni. Il Tas riduce invece la squalifica dello svedese Dragos Madaras: da quattro anni e mezzo a due. Per procedura sproporzionata. E poi c’è Joshua Muhire: quattro doppi falli consecutivi nello stesso game, scommesse piazzate in tempo reale dall’Italia. Una probabilità su 10.000. Spiegazione: caldo, stanchezza, strategia. Squalifica.
Non mancano nell’elenco della Sz i casi surreali: Thomas Fancutt, doppista australiano, posta su Instagram una flebo vitaminica. Peccato che superi i limiti consentiti. L’Itia ringrazia, indaga e squalifica. Mina Hodzic, tedesca, si allena con un ex tennista squalificato a vita. Tre mesi di stop e multa. “Non era allenamento”, dicono. Simon Ivanov, bulgaro, scommette, minaccia, non si presenta alle udienze: cinque anni di squalifica per “comportamento intimidatorio”.
E poi ci sono scorciatoie ulteriori. David Marrero e Malek Jaziri, ex top player di doppio e singolare, provano a comprare wild card. Tentativi maldestri, sanzioni leggere.
La bomba finale esplode a dicembre. Quentin Folliot, francese, identificato come perno di una rete criminale. Vent’anni di squalifica, 70.000 dollari di multa, restituzione dei profitti. Errori volontari. Nel tennis basta poco. Una palla lunga, una in rete, una smorfia di rabbia. Tutto normale. Tutto invisibile. Secondo la polizia belga, oltre 181 tennisti sono stati collegati alla rete di Sargsyan. Un sistema.











