Mancini: «Non sono cattivo, mai dato gomitate o pugni in faccia. Materazzi il mio idolo»
A La Stampa alla vigilia di Juventus-Roma: «Quando Ranieri ha aperto la porta dello spogliatoio è stato come vedere una luce nuova»

Dc Roma 06/04/2024 - campionato di calcio serie A / Roma-Lazio / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Gianluca Mancini
Mancini: «Non sono cattivo, mai dato gomitate o pugni in faccia. Materazzi il mio idolo»
Sabato si gioca Juventus-Roma e La Stampa, con Matteo De Santis, intervista Gianluca Mancini difensore della Roma (e della Nazionale) oggi il duro della Serie A.
Gianluca Mancini, negli occhi di tutti c’è ancora lei che discute animatamente con Fabregas al termine di Roma-Como: è davvero cattivo o la disegnano così?
«Assolutamente no, basta parlare con chi mi conosce bene. Poi in campo subentrano tanti fattori, come l’adrenalina e la tensione, che fanno parte di una competizione. Ma non mi sembra di essere mai stato protagonista di gomitate, entrate killer o pugni in faccia: i miei sono tutti scontri di gioco».
Le dà fastidio o la motiva di più essere antipatico ai tifosi avversari? Detto che per i romanisti è un beniamino…
«Penso a giocare con la massima dedizione, dando tutto per la maglia della mia squadra, per i miei compagni e per me stesso. L’antipatia di chi tifa per le squadre avversarie può dispiacere, ma preferisco sempre essere visto di buon occhio dai miei tifosi».
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I suoi idoli giovanili?
«Uno è sempre stato Marco Materazzi. Anche se giocavo centrocampista, mi affascinava che fosse un difensore con un piede sinistro devastante, che segnasse tanti gol e mostrasse una fortissima determinazione. Poi mi piacevano anche Aldair, Samuel e Maldini. Ora apprezzo Sergio Ramos, Van Dijk e Rudiger, difensori tosti fisicamente e che vivono le partite intensamente».
Quello che è successo un anno fa alla Roma con Ranieri?
«Quando Ranieri ha aperto la porta dello spogliatoio è stato come vedere una luce nuova. Ci ha fatto stare bene, nella nostra testa è scattato qualcosa».
Anche lei, avendo vinto la Conference, è del partito che un trofeo a Roma valga di più un titolo altrove?
«Sì, ha un valore enorme. Ricordare quello che è successo con la Conference, pensando di poterlo rivivere, mi fa quasi piangere dall’emozione».











