Campedelli: «Al Chievo nel 2006 avevo preso Cavani, ma per Sartori non valeva 500.000 euro»
Alla Gazzetta: "Nel 2021 ho tentato il suicidio, hanno ucciso un club economicamente sano in 7 giorni"

Il Covid ha ucciso il Chievo in 7 giorni. Luca Campedelli racconta alla Gazzetta dello Sport, dopo un lungo silenzio, la sua versione della fine di quella squadra di quartiere che finì addirittura in Europa, prima di crollare in un attimo nel 2020, per beghe amministrative. Il presidente di quella “favola” (ormai andavano di pari passo, Chievo e “favola”) è precipitato con il club. Ha tentato anche il suicidio.
Le parole di Campedelli
“Le istituzioni si sono limitate a dire che il Chievo non aveva impugnato la normativa della Figc, però nessuno ha voluto vedere che lo Stato durante il periodo Covid aveva fatto una norma istituzionale che di fatto ha reso il club non inscrivibile al campionato. Senza il Covid il Chievo sarebbe ancora in vita perché noi non avevamo problemi economici, gli stipendi dei giocatori erano stati tutti regolarmente pagati. Il Chievo è stato cancellato in sette giorni, quando nel settembre 2020 venne emanato un dispositivo che bloccava tutte le rateizzazioni. Se avessi avuto più tempo, di sicuro avrei trovato una strada, ma nessuno mi ha ascoltato e mi ha dato una mano. Il mio più grande errore è stato non aver messo in sicurezza il Chievo prima di essere sospeso dalla carica di presidente perché imputato nel processo di Forlì per le plusvalenze. Sarei dovuto andare all’ufficio imposte e pagare tutta la cartella esattoriale per evitare la rateizzazione. Ci tengo a precisare che per le plusvalenze sono stato assolto, la condanna di due anni è per falso in bilancio e ho già fatto ricorso in appello”.
Da quel momento è stato dietro agli avvocati e alla scherma sportiva, racconta. Nel “novembre 2021, ho tentato il suicidio. Mi sentivo un peso, con addosso tutte le colpe del mondo. Non vedevo vie d’uscita. Avevo perso ogni briciolo di speranza, ora un po’ l’ho ritrovata. Il calcio è la mia vita, ma adesso preferisco quello dilettantistico, non inquinato dalla tecnologia. Sono stato solo qualche volta a vedere il Monza. Ho smesso anche di seguire l’Inter, squadra per la quale tifavo: da quando non c’è più Moratti ha perso la magia. Lui è stato uno dei pochi, insieme a Preziosi, a starmi vicino”.
E poi dice che ad un certo punto il Chievo di Delneri è stato sul punto di prendere prima Drogba, e poi Cavani: “Nel 2002 Drogba era già del Chievo: l’unica condizione era la cessione di Eriberto e Manfredini, che purtroppo saltò. Nel 2006 Cavani si allenò con noi, ma secondo Sartori e alcuni membri dello staff non valeva la spesa di 500.000 euro. Giovanni è uno dei primi cinque dirigenti europei, però da quando è andato via con i suoi comportamenti mi ha fatto capire che non voleva bene al Chievo. Quando avrebbe potuto aiutarci si è trincerato dietro la società”.
Il Chievo è ripartito come società tutta nuova, grazie al suo storico bomber Sergio Pellissier. Ma per Campedelli “resta un’altra cosa. Il Chievo non è solo il marchio: sono le coppe, le maglie che disegnavo, le persone che lavoravano con me. Fatico a identificare il Chievo di oggi con il mio: quello era calcio per il gusto di farlo, senza altri interessi, con un presidente che soffriva per la squadra. Non abbiamo sollevato trofei, ma abbiamo vinto tante Coppe Scirea e Coppe Fair Play: per me valgono tantissimo e infatti le ho ricomprate quando sono state messe all’asta. Non potevo permettere che andassero perdute”.











