Il calcio ormai si gioca nei tribunali, gli avvocati inglesi sono famosi quanto i direttori sportivi (The Athletic)

Le battaglie legali in Premier sono aumentate vertiginosamente. Ogni anno vengono spesi 45 milioni di euro in avvocati: è in aula che si decidono i destini del calcio

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Everton's English goalkeeper #01 Jordan Pickford saves a penalty from Manchester City's Norwegian striker #09 Erling Haaland during the English Premier League football match between Manchester City and Everton at the Etihad Stadium in Manchester, north west England, on December 26, 2024. (Photo by Darren Staples / AFP)

Il calcio ormai si gioca nei tribunali, gli avvocati inglesi sono famosi quanto i direttori sportivi (The Athletic)

L’Idrc è un edificio anonimo vicino a St Paul’s, centro di Londra. In quelle stanze si gioca un pezzo cruciale del calcio inglese e della Premier. Quelle sale d’arbitrato da 5.000 sterline al giorno sono diventate l’equivalente di un campo di gioco parallelo, il campo di battaglia degli avvocati nel luogo dove si decide ciò che accade fuori dal rettangolo verde eppure incide pesantemente sui risultati, sui bilanci e persino sulle carriere. Athletic racconta come il calcio oggi sia quello giocato tanto sul campo quanto nelle aule di tribunale.

Calcio inglese, la Premier League spende oltre 40 milioni di sterline l’anno per avvocati

«È lì che il Manchester City si è presentato per rispondere ai 115 capi d’accusa della Premier League… ed è lì che il Burnley ha chiesto fino a 60 milioni di sterline di risarcimento all’Everton». Tre casi riservatissimi, con decine di milioni e reputazioni in gioco, che mostrano come il rapporto tra calcio e legge sia cambiato in modo radicale. Un settore che per decenni aveva evitato tribunali e contenziosi, oggi ricorre agli avvocati con la stessa frequenza con cui ricorre al mercato. «Si investono somme enormi per difendere posizioni e contestare norme. I migliori avvocati vengono assunti per rappresentare gli interessi degli stakeholder… I costi, per alcuni, sono quasi irrilevanti quando c’è così tanto in gioco».

Negli ultimi mesi la Premier League è stata travolta da un’ondata senza precedenti di ricorsi, appelli e minacce giudiziarie: Everton, Nottingham Forest, Leicester, la Pfa (ossia il sindacato calciatori), alcune delle più grandi agenzie del mondo e persino club pronti a contestare ogni regola, ogni limite, ogni provvedimento. «La Premier League… spende oltre 40 milioni di sterline l’anno in spese legali».

Venerdì la battaglia sul tetto salariale in Premier

Prosegue Athletic:

Venerdì i club di Premier voteranno la riforma finanziaria — il famoso “top to bottom anchoring” – che introdurrebbe una sorta di tetto rigido ai costi sportivi. Un voto che sembra fatto apposta per alimentare un’altra ondata di ricorsi da parte degli avvocati: «Queste nuove regole garantiranno solo più contenziosi legali costosi», ha avvertito Maheta Molango della Pfa l’associazione dei giocatori. E molti, osservando dall’esterno, hanno già pronto l’avvocato.

Non sorprende: il calcio è diventato una battaglia di potere, denaro e precedenti giuridici. «Il denaro e la corsa alla competitività… fanno sì che le persone siano disposte — e desiderose — di contestare ogni decisione», afferma Alistair Maclean, ex direttore legale della Football Association. I club sono ormai aziende globali, spesso controllate da fondi sovrani o gruppi multilaterali: realtà per cui ingaggiare studi top tier come Freshfields, Clifford Chance o Slaughter and May è ordinaria amministrazione. «Questi investitori sono fondi o proprietari da miliardi di dollari, felici di scontrarsi legalmente perché possono permetterselo… sommergono la controparte contestando tutto e ricorrendo all’“over-lawyering”.»

In questo scenario, la disputa del City sulle Apt (Associated Party Transactions) e la storica vittoria al Tas contro la Uefa del 2020 sono stati momenti fondativi: hanno dimostrato che, con abbastanza risorse, ogni norma può essere contestata, reinterpretata, ribaltata. Non stupisce che ora anche club meno ricchi adottino lo stesso approccio: Everton, Forest, Leicester e lo stesso Lucas Paquetá con l’avvocato Nick De Marco sono entrati nel nuovo ecosistema, dove la legge è tanto un’arma quanto uno scudo.

«Il calcio rappresenta il 58% di tutti i casi pubblicati sul sito del Tar (il tribunale dello sport)… una differenza enorme rispetto a qualsiasi altro sport.»

Avvocati come De Marco o Pannick sono diventati star quasi al pari di un diesse, citati dai tifosi, celebrati dagli striscioni e percepiti come parte integrante del successo sportivo. Una dimensione impensabile solo dieci anni fa. La verità è semplice: i gol li segnano i giocatori e gli allenatori decidono il gioco, ma molte stagioni — e molti bilanci — si decidono ormai lontano dagli stadi.

«Non si può dire che il futuro del calcio sarà deciso dagli avvocati… ma il loro potere è sempre più evidente».

E così, mentre si avvicina venerdì, nel mondo della Premier League c’è la sensazione diffusa che il voto sia solo l’inizio. La prossima partita si giocherà nelle aule, non sul campo. E sarà lunghissima.

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