Virenque: «Pantani si dopava, ma colpirono me perché ero l’uomo di Chirac»

A Marca: "Nel 1998 tutto fu predisposto per distruggermi. Non sono mai risultato positivo, ma mi hanno tolto un Tour. Sul Courchevel mi vendicai di Pantani: il giorno prima mi aveva lasciato andare, un affronto"

Hervé

Frenchmen Richard Virenque (R) and Pascal Herve ride together in the col de la Madeleine climb during the 15th stage of the 87th Tour de France between Briancon and Courchevel, in the Alps mountains, southern France, 16 July 2000. Italian Marco Pantani won the stage. German Jan Ullrich retains his second place for few seconds only. Virenque finished 10th. AFP PHOTO JOEL SAGET (Photo by JOEL SAGET / AFP)

Richard Virenque è stato per decenni il volto più riconoscibile del ciclismo francese. Idolatrato dal pubblico, temuto in montagna, adorato dai media e preso di mira dai tribunali. Secondo al Tour de France del 1997, sette maglie a pois, sette vittorie di tappa: incarnava, nel bene e nel male, il ciclismo degli anni Novanta, scrive Marca. Nel 1998, quando sembrava pronto a conquistare il trono del Tour de France, finì travolto dallo scandalo Festina. “Mi hanno ricattato per farmi confessare”, racconta intervistato dal quotidiano spagnolo. “Tutto era stato predisposto per distruggermi”, racconta oggi al giornale. Sarebbe tornato, con altre imprese. Ma quella è una crepa.

Racconta che la famosa tappa di Courchevel è stata la “sua” tappa: “Il giorno prima, vicino alla vetta, Pantani mi ha lasciato andare, e mi ha fatto davvero male. L’ho preso come un affronto personale. Così il giorno dopo, a Courchevel, siamo partiti dalla prima salita a tutto gas con tutta la squadra. Era una questione di orgoglio. Volevo vendicarmi di Marco… e ci siamo riusciti. Quel giorno gli abbiamo preso sei minuti”.

“Nel mio caso, tutto è stato complicato dal contesto politico. Ero un ciclista strettamente legato a Jacques Chirac. Nel 1997, quando arrivai secondo al Tour, Chirac era presidente della Francia e ci fu un cambio di potere: la sinistra, con Marie-George Buffett, entrò nel governo. Chirac, che mi apprezzava, aveva persino dichiarato pubblicamente che avrei vinto il Tour del 1998. Ero il beniamino della destra. Quel Tour de France del 1998 era iniziato con grandi aspettative. Avevo vinto tappe ed ero uno dei favoriti. Ma poi, alla partenza della corsa, scoppiò lo scandalo. Willy Voet, il massaggiatore della mia squadra Festina, fu arrestato in Belgio con prodotti dopanti. Non sapevo che fosse anche un fornitore del gruppo. Quando i tribunali francesi lo pressarono, dichiarò che si trattava di un problema di squadra, che stava solo eseguendo degli ordini. Ed è lì che tutto ebbe inizio. Pur sapendo che si trattava di un problema strutturale del ciclismo, concentrarono la loro attenzione su di me. Perché, ripeto, ero il protetto di Chirac”.

“Mi hanno aspettato. Non mi hanno arrestato da nessuna parte, ma in Corrèze, il paese di Chirac. È stato simbolico. La polizia mi ha arrestato proprio lì. Mi hanno tenuto in custodia tre volte, 72 ore ogni volta. E sono sempre risultato negativo. Non sono mai risultato positivo. Ma nonostante ciò, mi hanno interrogato come se fossi la mente di una rete di doping. Dicevano che istigavo i miei compagni di squadra a doparsi. Riesci a immaginartelo? Non era così. In una squadra ci sono i medici, c’è una struttura. Non può ricadere tutto su un solo corridore”.

“La giustizia mi ha individuato, si è concentrata su di me. Il giudice che si è occupato del mio caso, Gilbert, è stato condannato anni dopo per corruzione. Quel giudice è finito in prigione! Questo dice tutto. È stata una caccia alle streghe. Una macchinazione politica per attaccare l’entourage di Chirac. E io, come suo simbolo nello sport, ne ho pagato il prezzo. Dopo tutta quella pressione, mi hanno ricattato. Mi hanno detto che se avessi parlato, se avessi confessato, tutto sarebbe andato meglio. E così ho fatto. E poi, anche se non sono stato condannato, mi hanno sospeso per un anno. Mi hanno tolto un Tour de France. Nel frattempo, altri compagni di squadra, risultati positivi al test, hanno ricevuto tre mesi. Tre. Io, che non sono risultato positivo, ne ho ricevuto uno intero. È giusto?”.

“Nel 2013, il Senato francese ha reso pubblici i risultati dei test del Tour de France del 1998. Furono testati 180 ciclisti. Cento risultarono positivi. Io non ero tra loro. Ma Pantani, Jan Ullrich e molti altri sì. Eppure, tutta la pressione ricadde su di me. Mi allontanarono dal ciclismo. Mi crocifissero pubblicamente. E alla fine, fui io a pagarne le conseguenze. Ero il simbolo, come se fossi stato io il responsabile di tutto il male del ciclismo. La Francia me la fece pagare cara… pur essendo francese. Tutto ciò che dico è verificabile. È su internet. Non sono un mitomane”.

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