Simoncelli: «Il motociclismo è bello, ma fa anche schifo»
Paolo Simoncelli parla dell'incidente di Lunetta ad Assen e ricorda la sorte di Marco: "So come va a finire quando il destino suona la campana"

Lg Phillip Island (Australia) 13/10/2011 - conferenza stampa motogp / foto Luca gambuti/Image Sport nella foto: Marco Simoncelli
Ha tremato, Paolo Simoncelli. Quando al penultimo giro della Moto3 ad Assen Luca Lunetta è caduto ed è stato investito, colpito alla schiena da Taiyo Furusato e alle gambe da Adrían Fernández che non potevano evitarlo, ha tremato di nuovo. “Uscire dall’incidente con solo una frattura multipla alla gamba è comunque il danno minore rispetto a quello che sarebbe potuto succedere”, dirà poi il giovane pilota. Ma Simoncelli ha ovviamente pensato al figlio. A quel giorno del 2011 in Malesia in cui, con una dinamica simile ha perso Marco, “Sic”. E’ il team principal di Lunetta, adesso.
“È stata una gara piena di imprevisti sfortunati, ma con la fortuna, se così si può chiamare, di fratturarsi ‘solo’ tibia e perone. Perché se cadere è già una partita a poker, quando succede con dieci altri corridori alle spalle, è una partita di fortuna“.
“La pista è implacabile – dice ad As – Si potrebbe dire che la sfortuna ci perseguita, ma non possiamo permettercelo. So bene come va a finire quando il destino suona la campana”. Dal suo box, tutto ciò che devono fare è “alzare lo sguardo per ricordare che il motociclismo è bello, ma fa anche schifo”. “È imprevedibile perché il motociclismo non si può spiegare. Lo ami, lo soffri, lo vivi. Anche quando fa male, non possiamo voltargli le spalle. Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante in termini di sicurezza, non è mai abbastanza. Ci siano cose che non si possono prevenire”.