Gli scudetti del Napoli nati dal rischio d’impresa: De Laurentiis ha investito (tanto) nei due periodi finanziari più bui

Nel 2022 investe cento milioni dopo tre anni di fila in rosso con perdite per 130 milioni. Nel 2024, ne spende 150 senza Champions né cessioni (Kvara viene venduto solo a gennaio)

scudetto De Laurentiis

Mg Napoli 23/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

I due scudetti del Napoli nascono dal rischio d’impresa: De Laurentiis investe (tanto) nei periodi finanziari più bui

(Prosegue l’analisi economico-calcistico-finanziaria dei ventuno anni di presidenza De Laurentiis, a cura di Salvatore Napolitano. Ieri la prima parte, di seguito la seconda e ultima).  

UNO SCUDETTO SFIORATO PER ANNI – A dicembre 2014 il Napoli vince la sua seconda Supercoppa italiana, superando di nuovo la Juventus, stavolta ai rigori, in quel di Doha: è l’unico squillo della stagione. Eliminata nei preliminari di Champions, la squadra disputa l’Europa League dove arriva in semifinale e in campionato chiude con un dimenticabile quinto posto. A causa dei minori premi Uefa e di minori plusvalenze – la più cospicua è di 9,34 milioni per la vendita di Fernandez – il bilancio chiude in rosso: -13,07 milioni. Va via Bigon, il cui posto è preso da Cristiano Giuntoli, uno degli artefici del miracolo Carpi, salito in soli cinque anni dalla D alla A. E lascia anche Benitez, sostituito da Maurizio Sarri, emerso all’Empoli per poca spesa e tanta resa e che resterà tre anni sulla panchina azzurra.

Il triennio va così così in Europa – ottavi di Champions e due sedicesimi di Europa League – e ottimamente in campionato, ma manca sempre quel soldo per fare una lira: secondo, terzo e ancora secondo posto. Soprattutto l’ultima stagione, la 2017-2018, è un lungo testa a testa con la Juventus, finito tra le polemiche per una ingiustificabile decisione dell’arbitro Orsato, favorevole ai bianconeri, nella trasferta contro l’Inter. E i conti? Il saldo del triennio è positivo per 57,02 milioni, nonostante due annate negative: il 2015-2016 e il 2017-2018 per 3,21 e 6,37 milioni. A far pendere positivamente la bilancia sono i 66,6 milioni di utili del 2016-2017, che polverizzano ogni record del Napoli: gli 86 milioni di plusvalenza per la vendita di Higuain alla Juventus gonfiano gli utili e il fatturato, che supera i 305 milioni.

La crescita dimensionale del Napoli – va ribadito – completamente autofinanziata, sia dagli utili sempre reinvestiti, che dall’aumento dei ricavi dovuto ai risultati sportivi più che buoni, si ripercuote anche sui costi: gli stipendi complessivi – giocatori e tecnici – sono cresciuti progressivamente fino ai 118,25 milioni del 2017-2018 e il costo annuo della rosa, ossia gli ammortamenti, fino a 75,96 milioni del 2016-2017.

Nell’estate 2018, De Laurentiis tenta il colpo Carlo Ancelotti: per provare a vincere lo scudetto, si punta ancora su un allenatore di grande esperienza e sui soldi della Champions. E chi meglio del tecnico di Reggiolo, che arriva a Napoli avendo vinto tre Champions, tre Supercoppe europee, due Coppe del mondo per squadre, e uno scudetto in Italia, Inghilterra, Francia e Germania? Tuttavia, il Napoli finisce ancora secondo dietro la Juventus. E in Champions si fa onore in un girone di ferro con Psg, Liverpool e Stella Rossa: secondo a pari punti con il Liverpool, con la stessa differenza reti sia negli scontri diretti che nel girone, ma con un minor numero di gol segnati, è eliminato, retrocedendo in Europa League, dove raggiunge i quarti di finale e perde con l’Arsenal. Il cammino europeo migliore rispetto all’anno prima fa sì che il bilancio torni in utile: 29,16 milioni.

ARRIVA IL COVID – Il triennio 2019-2022 è deludente: sul campo c’è di positivo solo la vittoria della Coppa Italia, sotto la guida di Gennaro Gattuso, subentrato all’esonerato Ancelotti, cui fanno da contraltare un settimo, un quinto e un terzo posto in campionato, gli ottavi di Champions, e poi i sedicesimi di Europa League e la fase a gironi, sempre in Europa League. La chiusura degli stadi e lo slittamento della stagione 2019-2020, terminata il 31 agosto 2020 mentre i bilanci chiudono il 30 giugno, incidono su ricavi e confronti. Ma i saldi non si discutono: -18,97 milioni nel 2019-2020, -58,94 nel 2020-2021, -51,95 nel 2021-2022, ossia 129,86 milioni di perdite totali. E gli utili precedenti? Dall’inizio dell’era De Laurentiis erano stati pari a 128,77 milioni. Insomma, in un triennio sono stati bruciati tutti i guadagni. Ma gli altri indicatori economico-finanziari, a partire dal fatturato, per proseguire con il valore della rosa, del marchio, dell’indebitamento, testimoniano di una crescita aziendale notevole.

I due scudetti sono il vero capolavoro di De Laurentiis, capolavoro imprenditoriale

E INFINE IL DOPPIO SCUDETTO – È il vero capolavoro di De Laurentiis: aver bruciato in tre anni tutti gli utili accumulati in precedenza non lo spinge sulla difensiva, tutt’altro: la ristrutturazione della rosa, partita nel 2021-2022 con Luciano Spalletti in panchina, prosegue l’anno dopo con il solito criterio di innestare i giovani: arrivano il ventunenne Kvaratskhelia, i ventiduenni Ostigard e Raspadori, il ventiquattrenne Olivera, il venticinquenne Kim Min-jae e il ventisettenne Simeone per un investimento complessivo che sfiora i 96 milioni. Salutano Koulibaly, la cui vendita al Chelsea genera una plusvalenza di 41,95 milioni, Fabian Ruiz che va al Psg per una plusvalenza di 21,52 milioni e financo Petagna, al Monza per 9 milioni di plusvalenza. Il Napoli domina il campionato: balzato in testa da solo alla nona giornata, accumula fino a 19 punti di vantaggio e vince lo scudetto dopo 33 anni, ottenendo per sovrappiù l’utile più grande della sua storia: 79,7 milioni. E, anche grazie ai quarti di Champions, il fatturato vola a 359,26 milioni: è record nella storia del Napoli, ma è pur sempre inferiore ai 507,65 milioni della Juventus, ai 425,47 dell’Inter e ai 404,53 del Milan.

Il trionfo fa talvolta emergere la hybris che alcuni nascondono a fatica: per sua fortuna, De Laurentiis non finisce scuoiato come Marsia, che si era illuso di suonare meglio di Apollo, ma paga con un decimo posto i divorzi da Giuntoli e Spalletti e i tre allenatori scelti nella stagione, Garcia, Mazzarri e Calzona. I conti però sorridono: 328,19 milioni di fatturato e 63,03 di utile.

Tornato immediatamente con i piedi per terra, cambia direttore sportivo – arriva Giovanni Manna al posto di Mauro Meluso – ma soprattutto sceglie ancora un numero uno della panchina: Antonio Conte. E lo convince promettendogli investimenti mai fatti prima: senza i 70,13 milioni di ricavi derivanti dall’ultima partecipazione alla Champions e senza vendere nessuno – Kvaratskhelia se ne andrà a gennaio – il Napoli investe sul mercato estivo 150 milioni netti, e lo fa alzando l’età media dei giocatori acquistati: si sa, l’allenatore leccese non è propriamente un maestro di pazienza. Così arrivano il ventiduenne Marin (che vedrà il campo per una manciata di minuti), il ventitreenne Gilmour, il venticinquenne Buongiorno, i ventisettenni Mc Tominay e Neres e i trentunenni Lukaku e Spinazzola.

Ed è il secondo scudetto, stavolta allo sprint con l’Inter: in attesa dell’approvazione ufficiale, si può presumere che il bilancio al 30 giugno 2025 chiuderà in deciso rosso, ma solo transitoriamente. Il ritorno in Champions, la prevedibile plusvalenza di Osimhen e la crescita dei ricavi per la vendita del materiale ufficiale – un settore in chiara espansione, con introiti negli ultimi due anni passati da 6,57 a 21,57 milioni – saranno la benzina di nuovi utili e di nuovi investimenti nella squadra: e, chissà, di nuove vittorie. (2- fine)

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