La tribuna stampa dello stadio di Napoli finisce sul Times: «Piena di finti giornalisti ultras»
Il caso Keane fa discutere in Inghilterra: "Che fine ha fatto l'imparzialità dei commentatori? Ormai la militanza viene monetizzata"

lavori di ristrutturazione dello stadio san paolo di Napoli
In Inghilterra c’è un’indagine in corso su una presunta aggressione a Roy Keane da parte di un tifoso dell’Arsenal. Keane era all’Emirates Stadium per fare il suo lavoro di commentatore di Sky, parziale. Anzi, più che parziale: commentatore in quota Manchester United, ecco. Il tema – non tanto la violenza, ma più che altro la parzialità del giornalismo sportivo – sta appassionando la stampa inglese. E a questo proposito da un editoriale del prestigioso Times spunta… la tribuna stampa del San Paolo, o Maradona che dir si voglia.
Scrive Martin Samuel (un decano del giornalismo sportivo anglosassone), che “se Keane e i suoi colleghi ora necessitano di una scorta per svolgere il loro lavoro, hanno tutto il diritto di chiedere ai loro datori di lavoro: perché? Come sono finiti in un percorso in cui sono percepiti non come commentatori stimati e informati che senza dubbio sono, ma come tifosi di una parte o dell’altra?”. In fondo, dice Samuel, è come se vestissero la maglia di una squadra in un campo che dovrebbe essere neutrale: la tribuna stampa.
E invece no, non va così, “soprattutto all’estero”. Per esempio “i tifosi della stampa estera del Real Madrid sventolavano immaginari cartellini se qualcuno solo sfiorava Cristiano Ronaldo”. E “l’area media del Napoli è piena di presunti giornalisti in divisa, ma senza taccuino né laptop, che esplodono come ultras quando la loro squadra segna”.
“Qui non è così – continua – Ovviamente, la maggior parte degli scrittori di calcio è cresciuta tifando per una squadra. Eppure il lavoro richiede che tale fedeltà venga lasciata alla porta, al momento del ritiro del biglietto. E questo vale anche per le emittenti. Non sono gli esperti a ricordare costantemente al pubblico dove risiede il loro cuore. Ma i producer ora lo fanno, mostrando festeggiamenti per i gol, agonie, estasi”.
E’ una cosa che “bolle in pentola da un po’. Keane e i suoi colleghi indossano metaforicamente una maglia quando si siedono in studio”. “Che fine ha fatto l’imparzialità?”, si chiede Samuel. “Lo studio televisivo è una glorificata sala stampa, tutto qui. Forse alcuni non vogliono sentirlo perché non amano la stampa e si considerano al di sopra di essa, ma i loro lasciapassare sono comunque passaporti mediatici. E una maglietta da calcio non sarebbe ammessa nella sala stampa; e nemmeno le esultanze”. “Tutti quei ragazzi in studio: Jamie Carragher, Gary Neville, Micah Richards, Alan Shearer, Wright, Gary Lineker, sappiamo tutti chi vogliono che vinca”.
La verità è che adesso siamo “entrati in un’epoca in cui le vecchie militanze non sono tanto dimenticate, quanto messe in risalto e monetizzate“.
Ma dovremmo accettarlo, scrive il Times: “Che generazione meschina è quella che non riesce ad accettare che un amante del calcio possa tifare per uno qualsiasi dei mille club. Eppure sappiamo che ora non è così”.