Ganna, l’Agassi del ciclismo: «A volte odio la bici, alla fine del record dell’ora speravo di cadere»
L'intervista del Paìs al recordman dell'Ora: "Non ci riproverò più a meno che non battano il mio record. E se lo batteranno, aspetterò la fine della carriera. Sarà l'ultima gara che farò"

Filippo Ganna ha battuto il record dell’ora (56,792 km) l’8 ottobre e il record mondiale nell’inseguimento individuale il 14 ottobre (4.000 metri in 3:59.936 m). Ora vuole solo andare in vacanza e spegnere il cellulare per un mese. El Paìs l’ha intervistato un attimo prima che chiuda le comunicazioni col mondo. E’ un fenomeno mondiale ormai.
Racconta di aver cominciato a correre in bici perché il padre, ex canoista olimpico, non ne poteva più di quel bambino che in bici gli rovinava il prato. Provò, non gli piacque. Ma poi provò anche basket e pallavolo, che gli piacquero ancora meno. E allora tornò in bici.
“Quando ho iniziato a dedicarmi al ciclismo più seriamente, ho ammirato Wiggins, Cancellara, Boonen”. Non si considera un ciclista da pista. Gli piace anche la strada: “Riesco a dividermi. Faccio tre giorni di allenamento su strada, un giorno di riposo, che in realtà è un’ora di riposo, e altri tre su strada e un giorno intero di riposo. Nel 2022 penso che in totale avrò fatto solo un mese di allenamento in pista. Sembra poco ma è intenso”.
Lo vedremo mai vincere un Tour come Wiggins? “No”.
Non fa parte delle tue ambizioni? “No”.
Poi Ganna spiega il suo ciclismo alla Agassi, più odio che amore:
“I momenti prima della gara, le due ore in cui inizi a prepararti, le mani sono fredde, poi sudate, poi fredde, piangi, il viso è pallido. Il momento di maggior stress sono i 50 secondi precedenti, quando comincia il conto alla rovescia. Cerchi di nascondere l’ansia dietro gli occhiali. E’ una questione di testa, ma anche gambe, eh. Ti svuoti fisicamente. Avere una buona testa ti aiuta ad andare avanti quando non stai bene. La testa è il 70% della prova”.
“Quando è il tuo lavoro ci sono momenti in cui non è molto divertente, perché la giornata non finisce mai. Proprio come qualsiasi lavoro normale. Ci sono giorni in cui dici: “Jolín, sarei felice di fare qualcos’altro”. In quei giorni devi essere forte mentalmente, superarli e tornare ai bei giorni. Quando tutto va bene, ovviamente ti diverti, perché non ti dà fastidio, hai la sensazione che non vorresti mai smettere. Ma quando arriva la brutta giornata, o perché sei caduto, o perché hai problemi e non pedali come vorresti, odi la bici. E anche profondamente“.
Dall’esterno non si vede… “Forse per questo ci criticano facilmente, come i calciatori se sbagliano e non segnano due gol. Non critico il lavoro degli altri, sono abbastanza umile da tacere”.
Record dell’Ora. D. Cosa passa per la mente durante quell’ora?
“La prima mezz’ora niente, assolutamente niente, testa vuota, cercavo solo di sentire le gambe, che non erano stanche e rispettavano i tempi che ci eravamo prefissati. Per i successivi 15 minuti, mi sono detto: ‘Posso fare qualcosa di grande’. E negli ultimi 15 volevo cadere per porre fine a quella prova”. Ma la mia più grande virtù è la capacità che ho quando soffro molto in bici di dire: “No, non fa male, te lo stai immaginando”.
“Non ci riproverò più a meno che non battano il mio record. E se lo batteranno, farò come Wiggins, aspetterò fino alla fine della mia carriera per provarci. Sarà l’ultima gara che farò“.