L’infanzia di Alcaraz: “quante lampadine ha rotto, teneva immaginarie interviste post-partita”
Tre pagine su L'Equipe: “quando aveva sei anni, lo vide Pepe Imaz il coach new age (anche di Djokovic) e disse: «Emana una luce particolare, è unica e brillerà»

L’Equipe dedica tre pagine a Carlos Alcaraz il protagonista più atteso al Roland Garros che comincerà domenica prossima. È un lungo racconto-intervista con i suoi genitori (il papà ex giocatore e maestro di tennis) che raccontano aneddoti della sua infanzia.
A due anni ancora non parlava; era molto brave con le palle. Nella scuola materna, gli educatori spesso ci hanno detto quanto fossero impressionati dalla sua coordinazione, una qualità innata che non può essere spiegata.
Per molto tempo ha trascinato sul campo una racchetta più grande di lui. Giocava sempre. “A meno che non fossero sordi, i vicini non potevano ignorare la sua passione”, scherza sua madre. “Il muro del soggiorno abbiamo dovuto ridipingerlo più volte. E quante lampade mi ha rotto… Ci siamo arrabbiati, un po’, non troppo. Ogni tanto lo ascoltavamo mentre nella sua stanza rispondeva a immaginarie interviste post-partita».
“A cinque anni vedeva suo fratello maggiore impegnato nei tornei” ricorda suo padre. E ogni giorno insisteva: “Papò, anche io voglio partecipare ai tornei”. Gli ricordavo che era troppo piccolo e non aveva la tessera. “Beh, prendimi la tessera!”. Abbiamo resistito fino all’età di 7 anni e poi abbiamo chiesto una deroga perché l’età minima era di 8 anni; lo abbiamo inserito in un torneo per under 10 anni avvertendolo che tutti i suoi avversari sarebbero stati molto più alti di lui. “Non mi interessa, li batterò”»
Vinse le qualificazioni e, con sorpresa di tutti, raggiunse i quarti di finale dove ad attenderlo c’era il numero 1 del seeding, il migliore della regione, tra i migliori in Spagna nella categoria. Il papà, Carlo senior: “Era impossibile a quell’età, poiché la differenza di struttura e potenza era insormontabile, ma Carlos fu a un passo dal 2-0. Ha finito per perdere, ma producendo un incredibile livello di gioco e combattendo fino alla fine. Alla fine, era furioso. “Carlos ha il suo modo di affrontare gli avversari. Quando ha perso contro un bambino, l’ha battuto la volta successiva. Più forte era l’avversario, meglio giocava lui”.
Le ultime dichiarazioni sono relative a Pepe Imaz un coach molto famoso in Spagna per i suoi metodi new age, specialista di meditazione. ha seguito anche Djokovic.
Il padre di Alcaraz racconta:
Un giorno venne a trovarmi al club a Murcia. Siamo amici da quando eravamo giocatori. Ha iniziato abbracciandomi per un minuto e mezzo (lo fa con tutti, una storia di condivisione di energia) e poi gli ho mostrato il circolo. È rimasto per due ore. Carlitos stava giocando sul campo 6. Aveva dodici anni. Pepe lo guardò, e poi mi fece più o meno questo discorso: “Carlos, da tuo figlio emana una luce molto speciale. È come un angelo. Ha un’aura, non dobbiamo ostacolarlo. A volte non capirai tutto, ma lascia che le cose siano. Dovremo prenderci cura di lui, proteggerlo e non spegnere quella luce. Ha la sua luce, è unica e brillerà”. Il futuro gli ha dato ragione.