Bastoni: «Mio padre faceva 130 km per farmi allenare. Senza la mia famiglia farei un altro mestiere» 

A Repubblica: «Quando sbaglio una partita mi tiene il muso. Inzaghi e Mancini curano il contatto umano, così sei più rilassato nei momenti cruciali».

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foto Hermann

La Repubblica intervista Alessandro Bastoni, difensore dell’Inter e della Nazionale italiana. La sua carriera è iniziata nelle giovanili dell’Atalanta.

«Nelle giovanili dell’Atalanta ho incontrato ragazzi più talentuosi di me. Mi allenavo con compagni più grandi, facevo fatica. Mio padre mi ha insegnato a non mollare. Per anni mi ha accompagnato da Cremona a Zingonia e ritorno, 130 chilometri senza mai farmelo pesare. In un’altra famiglia, oggi forse farei un altro mestiere».

Era tifoso da bambino?

«Papà, sanguigno interista, mi ha passato la fede. Quando sbaglio una partita mi tiene il muso».

Sua madre alla festa scudetto la imboccò con la pizza e le pulì la bocca con un tovagliolo.

«La sento sempre vicina. Mi dà pace tornare da lei a mangiare un piatto di tortelli. Fatti in casa, così il nutrizionista non si arrabbia».

Vi divertite in campo?

«Sì. Inzaghi ci ha dato la libertà che permette di ricordarci che il calcio è un gioco. Tranne quando perdi».

Gasperini, Conte, Inzaghi, Mancini. In base al carattere, che coppie formerebbe?

«Metto Gasperini con Conte e Mancini con Inzaghi. I primi due sono sempre sul pezzo. Inzaghi e Mancini, oltre al fortissimo impegno, curano il contatto umano. Il risultato è che sei più rilassato nei momenti cruciali».

 

 

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