Sinner: «Non è stato facile lasciare famiglia e amici a 13 anni. Ci temiamo in contatto con Fortnite»
A La Stampa: «Ho comprato l'auto di mio padre. Voleva venderla, ma non gliela valutavano molto, l’ho aiutato»

2020 archivio Image Sport / Sport / Tennis / Jannik Sinner / foto Imago/Image Sport
La Stampa intervista Jannik Sinner: a vent’anni è il più giovane italiano ad essere classificato tra i primi 10 al mondo, il quarto azzurro a giocare le Atp Finals dopo Panatta, Barazzutti e Berrettini.
Le Finals erano l’obiettivo di quest’anno?
«Mi avvicinavo e mi allontanavo. Non volevo che diventassero un’ossessione ma direi una bugia se dicessi che non ci pensavo. Matteo è stato molto sfortunato, ma sarei entrato comunque per il ritiro di Tsitsipas».
Quando ha capito che avrebbe giocato?
«Con Matteo ci siamo incrociati ma non avevo il coraggio di chiedergli come stava. Poi mi è arrivato il suo bellissimo messaggio: «scaldati, in bocca al lupo, e divertiti». Mi ha dato una spinta in più. In campo serve un mix fra divertimento e concentrazione per dare il meglio».
Hurkacz è un suo amico…
«Il più caro che ho nel circuito. Mi ha accolto dicendomi che era contento di vedermi qui. Sono cose che valgono più di una vittoria».
Da casa è andato via a 13 anni…
«Non è stato facile, soprattutto lasciare la famiglia, gli amici. Mi tengo in contatto con loro giocando a Fortnite con loro la sera. Ma senza fare troppo tardi…».
I sacrifici le costano?
«No, perché so di fare una vita che in tanti solo si sognano».
Lei cosa guida?
«Ho comprato la Mercedes CL station wagon di mio padre. Voleva venderla, ma non gliela valutavano molto, l’ho aiutato. Mi piaceva l’Audi RS, ma la verità è che la macchina non la uso tanto, meglio noleggiarla quando serve».