Pessina: «Sul mio modo di giocare e sul mio ruolo ha influito la mia formazione culturale e umana»

A Sportweek: «Studio economia per diventare direttore generale di un club. Ho fatto lo scientifico, quindi tanta matematica e geometria, materie che ti aprono la mente. In latino avevo voti bellissimi»

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Il trequartista dell’Atalanta, Matteo Pessina, ha rilasciato un’intervista a Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport. Racconta di essersi iscritto alla Luiss perché, studiando Economia, potrebbe diventare, in futuro direttore generale di un club.

«E’ un’università importante e prestigiosa e poi perché consente di seguire i corsi anche agli portivi professionisti che non possono frequentare in presenza. A me ed altri (Caldara, Tamberi o Tortu) è stato affiancato un tutor che ci segue mentre studiamo da casa. Dobbiamo andare a Roma solo per gli esami. Sto per iniziare il terzo anno, ho dato 5 esami. Mi sono un po’ fermato dopo l’infortunio: ho spiegato ai docenti che volevo concentrarmi solo sul recupero, poi ci sono state tante partite ravvicinate. Ma adesso ricomincio a darci sotto».

In realtà, gli sarebbe piaciuto fare Architettura.

«Avrei voluto fare architettura, seguendo le orme di mia madre. Ero bravo nel disegno tecnico. Proiezioni ortogonali e prospettive mi rilassano. Non mi importava tanto il soggetto da disegnare, ma come arrivarci. Però architettura non è una facoltà che puoi affrontare da casa. Il lavoro di mio padre (commercialista) non sarà affascinante, ma è interessante: insegna a gestire i soldi, e alla mia età non è facile maneggiare il denaro nella maniera giusta. E, quando smetterò di giocare, mi piacerebbe restare nel calcio, ma in un ruolo diverso dall’allenatore. Con le giuste basi di economia potrei diventare direttore generale di un club».

Pessina sottolinea l’importanza delle idee e della creatività per il suo ruolo.

«Nel mio ruolo bisogna avere idee e creatività. Si accende una lampadina nella testa e vedi una linea di passaggio a un compagno dove un istante prima non c’era. Tra il pensarlo e l’eseguirlo passa un millesimo di secondo. Ho fatto lo scientifico, quindi tanta matematica e geometria: sono materie che ti aprono la mente, acquisisci prontezza di pensiero. Ti abituano a imparare più cose velocemente. Oggi assimilo in fretta le cose che mi chiede l’allenatore. Perciò mi piace pensare che la mia formazione culturale e umana possa aver influito sul ruolo e, soprattutto, sul mio modo di giocare».

E a proposito di formazione culturale. Una materia gli piaceva più delle altre, a scuola, il latino.

«Avevo voti bellissimi, mia nonna materna mi dava ripetizioni quasi tutti i pomeriggi. Più di una volta è successo che mi facesse fare una versione che poi mi sono ritrovato pari pari come compito in classe. Il mio motto preferito è proprio una frase latina, Gutta cavat lapidem, la goccia scava la roccia. Ci ritrovo in pieno la mia filosofia di vita e di lavoro: anch’io sono uno che piano piano, un giorno e un passo alla volta, senza farsi troppo vedere, raggiunge gli obiettivi».

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