Dal turn-over al modulo: vi smontiamo i luoghi comuni contro Benitez

Ci sono cose che nei momenti difficili non ci possiamo permettere. Le frasi fatte. Le ripetizioni ostinate di parole già sentite, ma che non contengono analisi. Un Napoli che viene da 2 punti in 3 partite questo non può permetterselo. Non può permettersi la litania di luoghi comuni che girano intorno alla squadra e intorno […]

Ci sono cose che nei momenti difficili non ci possiamo permettere. Le frasi fatte. Le ripetizioni ostinate di parole già sentite, ma che non contengono analisi. Un Napoli che viene da 2 punti in 3 partite questo non può permetterselo. Non può permettersi la litania di luoghi comuni che girano intorno alla squadra e intorno alla figura di Rafael Benitez, al quale vengono rimproverate un po’ di cose, molte delle quali per partito preso. Vediamole.

Dopo il terribile 3-0 di ieri il ritornello più ascoltato riguarda il turnover. L’aggettivo sceglietelo voi: dissennato, irragionevole, sconsiderato. Alcuni giornali hanno scritto: sorprendente. Nel senso che non se lo aspettavano. Effettivamente nessun giornale domenica mattina aveva previsto la formazione di Bergamo: o nessuno capisce gli allenamenti o nessuno li guarda. Più probabile la seconda, i ritiri e gli allenamenti delle squadre sono molto blindati. Ma se sono blindati e i giornalisti non vi hanno accesso, come possono sapere chi è più in forma in una squadra? Vi darò una notizia: il turnover a Bergamo non c’è stato. La parola turnover a me fa venire in mente quello che accade a ottobre 2012, quando da Sampdoria-Napoli (0-1) a Psv-Napoli (3-0) furono cambiati dieci titolari su undici. Oppure mi viene in mente Chievo-Napoli del 2012 (2-0), quando rimasero in panchina sette titolari rispetto alla precedente partita contro il Milan.

A Bergamo, ieri, è rimasto in panchina Higuain, Non mi pare si possa chiamare turnover, secondo me è solo l’esigenza di far riposare il proprio uomo migliore (quello con minori alternative dello stesso livello) nel mese in cui dovremo giocare 8 partite. Otto. Fra Atalanta, Roma, Milan e di nuovo Roma, Higuain quale doveva saltare? In panchina c’erano pure Hamsik e Jorginho. Ma di Hamsik, quando gioca, diciamo che non è lo stesso di inizio stagione. E considerare Jorginho irrinunciabile dopo una partita e mezza forse è prematuro. Era una formazione sbagliata? Forse si poteva mettere Jorginho dall’inizio da trequartista e lasciare Pandev di punta al posto di Zapata. Forse. Ma avremmo vinto? E chi lo sa. Se i giornali non sanno neppure chi gioca, chi è più o meno in forma, figurarsi noi che non vediamo i giocatori in allenamento. “Dopo” sappiamo sempre tutto prima.

Anche la storia del vice Higuain è una solfa antica. Zapata non è all’altezza di Gonzalo. Questa è proprio un’affermazione bella, perché pretende di guadagnare in autorevolezza basandosi sulla sua evidenza. Ma non è la sua evidenza a farne una verità. Con Zapata centravanti titolare avevamo vinto sul campo del Genoa, che non è più scarso dell’Atalanta (vi darò un’altra notizia: Hamsik era in panchina anche quella sera a Marassi. E pure Mertens. C’era Pandev in campo. Fece due gol), senza dimenticare il suo gol a Marsiglia quando fu spedito in campo al posto di uno spento Higuain. Con Zapata titolare abbiamo giocato contro la stessa Atalanta in Coppa Italia. Non barerò dicendo che l’abbiamo battuta così, l’abbiamo battuta quando sono entrati Hamsik e Higuain. Ma senza quei due in campo eravamo comunque sull’1-1. Il piano di Benitez, credo io (ma non vedo gli allenamenti), era lo stesso. Vincere la gara nella seconda parte mettendo dentro Higuain dopo avergli risparmiato 60-65 minuti.

Ed è una tiritera senza alcun riscontro oggettivo con i fatti la proposizione secondo cui il 4-2-3-1 del Napoli trova difficoltà contro le squadre chiuse. E’ esattamente l’opposto di quanto si diceva a inizio stagione, quando si ammetteva che rispetto agli anni precedenti la squadra faceva meno fatica a vincere contro avversarie medio-piccole (3-0 al Bologna, 4-2 al Chievo, 2-0 all’Atalanta, 2-0 al Genoa, 4-0 al Livorno) e che però aveva delle difficoltà a battere le più forti. Facciamo così: prendetevi dieci minuti, vi mettete d’accordo con voi stessi e poi mi dite. La conosco la vostra obiezione: prima era così, adesso non più. Qua vi volevo. Se prima era così e adesso non più, significa che è accaduto qualcosa. Qualcosa che ha portato il Napoli, per paradosso, a essere più efficace nel momento in cui conosceva peggio il nuovo modulo.

Ora ciascuno di noi può individuare un motivo (la condizione meno brillante, gli infortuni, la mancanza di terzini che sono essenziali in questo modulo), ma come può il motivo essere Benitez in sé? Benitez, lui. La persona, l’allenatore. Perché a questo intende arrivare la lagna che gira e rigira e rigira. Una barba che si racchiude nella stupefacente affermazione secondo la quale non sarebbe adatto al campionato italiano. In epoca di fact-checking si fa fatica a capire dove siano le basi oggettive del ragionamento. Nei suoi mesi da interista? Andiamo, senza neppure citare le due Coppe comunque vinte, credo di non dover nemmeno ricordare cosa era la prima Inter dopo Mourinho e come da allora quella squadra e quel club non si siano mai più ripresi. E’ veramente bizzarro sentire che non sarebbe adatto al campionato italiano un allenatore che in Spagna ha vinto due campionati, in Inghilterra una Coppa e una Supercoppa, in Europa una Champions, una Supercoppa e due Uefa. A meno di non considerare il campionato italiano di un livello superiore a quello spagnolo e inglese. Chi volesse sottoscrivere una simile tesi, lo facesse pure. Però non mi fate sentire, quasi contemporaneamente, che la serie A è un campionato mediocre. Pure in questo caso vi darei dieci minuti per mettervi d’accordo con voi stessi.

“Era molto migliore la difesa di Mazzarri”, ha detto ieri Massimo Mauro. Avendo negli occhi gli strafalcioni di Bergamo, si è portati a pensare che abbia ragione. Lo scarto, vi informo, è di cinque gol in tutto. Cinque. Praticamente i gol subiti fra Bologna e Bergamo. E stiamo confrontando una squadra che stava insieme da tre anni con una che sta insieme da sei mesi. In più i giornali napoletani, stamattina (stamattina, non nelle settimane scorse) scrivono che il Napoli di Mazzarri dello scorso torneo aveva fatto più punti. Vero. Da ieri è vero. Ma come ricorderete non aveva la Champions, con tutto il corollario che il grande Walter avrebbe aggiunto a questo punto. E poi però sarebbe ora di finirla con Mazzarri. Basta. Basta. Vi darò un’ultima notizia. Se Benitez è qui, è perché Mazzarri ha scelto di andare via, di rinunciare al rinnovo del contratto che il Napoli (parole sue) gli aveva offerto con un assegno in bianco. Scegliete voi perché è scappato via di notte con le scarpe in mano. Non ci credeva più. Aveva paura che gli sarebbe stato chiesto lo scudetto. Non voleva affrontare la sfida di una ricostruzione senza Cavani. Non lo so. So che se n’è andato e che davvero il Napoli ha dovuto ricominciare daccapo. Con un uomo in panchina che poco concede all’ambiente, inteso come gruppo di interessi locali, un piccolo notabilato che pretende l’omaggio quotidiano per aprirti una linea di credito. Oppure te la fa pagare al primo pareggio in casa, figurarsi se perdi e perdi male sul campo dell’Atalanta.
Il Ciuccio

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