È morto Amadei, il beniamino di Achille Lauro

Si è spento ieri a Frascati, dov’era nato 92 anni fa, Amedeo Amadei, centravanti del primo scudetto della Roma, giocatore del Napoli dal 1950 al 1956 (47 gol in 171 partite) e allenatore azzurro dal 1956 al 1961. Era chiamato “il fornaretto” perché figlio di un fornaio di Frascati. Sul campo del Vomero, una fionda […]

Si è spento ieri a Frascati, dov’era nato 92 anni fa, Amedeo Amadei, centravanti del primo scudetto della Roma, giocatore del Napoli dal 1950 al 1956 (47 gol in 171 partite) e allenatore azzurro dal 1956 al 1961. Era chiamato “il fornaretto” perché figlio di un fornaio di Frascati. Sul campo del Vomero, una fionda umana. Non molto alto, con un tronco robusto e cosce grosse, scagliava i palloni a duecento all’ora. La sua specialità era il tiro rasoterra di una violenza unica. Colpiva di punta in corsa e dal suo piede partiva un missile. Giocava e correva impettito, di testa staccava poco. Memorabile il gol al 90’ nella vittoria sulla Juventus del 1953 (3-2).
Nell’ultimo anno di Amadei, il Napoli precipitò al quattordicesimo posto. Cominciarono le stagioni dei “lunghi coltelli”, lo spogliatoio spaccato in clan, la “guerra” all’allenatore Monzeglio. Un gruppo di giocatori, capitanato da Amadei e che comprendeva Vitali, Posio, Tre Re, Granata e Pesaola, chiese a Monzeglio, che era per il gioco d’attacco, di ripiegare su una tattica più difensiva. Cominciarono gli asti.
Amadei era il beniamino di Lauro che lo riceveva al mattino sul terrazzo della villa in via Crispi dove il Comandante si esponeva nudo al sole anche d’inverno. Amadei, con un misto di sicurezza e sottomissione, era abile nel rapporto con Lauro. Fu chiaro che brigò per far fuori Monzeglio. I clan, allora, si divisero in due blocchi: quello favorevole ad Amadei e quello che rimase fedele a Monzeglio (Pesaola in testa) che cominciò a vedere ombre dappertutto. I risultati non aiutavano, il rendimento di Jeppson calava e non funzionò il tandem d’attacco dello svedese con Vinicio. Monzeglio presentava dimissioni che venivano respinte fino a che Lauro gli dette un mese di riposo. Fu l’”anticamera” dell’esonero quando, nel girone di ritorno della stagione ’55-’56, Lauro affidò la squadra ad Amadei, che era l’azzurro più anziano. L’anno prima, Monzeglio si era opposto alla cessione di Amadei al Bari e ora il “fornaretto” gli soffiava la panchina.
Splendido da giocatore, Amadei non lo fu altrettanto da allenatore pur conquistando un quarto posto nel ’57-’58 grazie ai 21 gol di Vinicio. C’era sempre malumore in squadra determinato dalla scelte di Amadei che, per salvare la stagione ’55-’56, fece giocare a turno Vinicio e Jeppson ritenendo che insieme non funzionassero. Jeppson, poi, andò via e con Vinicio il rapporto non fu mai buono fino all’anno in cui, declinando il rendimento del brasiliano che non segnava più a raffica, Amadei disse che Luis era afflitto dalla mancanza di globuli rossi. Poiché Pesaola legava molto con Vinicio, Amadei non vide l’ora di sbarazzarsi dei due e li fece cedere alla fine del campionato ’59-’60 che il Napoli concluse al tredicesimo posto salvandosi per due punti. Col campionato 1960-61, che segnò la terza retrocessione del Napoli in serie B, si concluse la stagione partenopea di Amadei durata undici anni, cinque da allenatore, sei da giocatore.
I funerali di Amadei si terranno domani, martedì, nella cattedrale di San Piero a Frascati (ore 15).
MIMMO CARRATELLI

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