“Dopo vado fuori e vi difendo. Ma ora ascoltatemi”. Le parole di Benitez a fine partita nello spogliatoio

Ora vi mettete un attimo seduti che dobbiamo parlare. Tu, levati quelle cuffie dalle orecchie, la musica te la senti a casa, adesso ascolta me. Me, il tuo allenatore, Rafa Benitez, che dopo uscirà da questo spogliatoio, metterà la faccia davanti alla telecamera e ti difenderà. Come è già successo, come ancora succederà. Le cose […]

Ora vi mettete un attimo seduti che dobbiamo parlare. Tu, levati quelle cuffie dalle orecchie, la musica te la senti a casa, adesso ascolta me. Me, il tuo allenatore, Rafa Benitez, che dopo uscirà da questo spogliatoio, metterà la faccia davanti alla telecamera e ti difenderà. Come è già successo, come ancora succederà. Le cose ce le diciamo qui dentro, ma fuori io sono voi e voi siete me. Parlerò in italiano, se mi metto a urlare in spagnolo va a finire che esagero. Sarebbe il caso urlare, ma non lo meritereste. Sarebbe il caso, dico, perché stasera siamo stati quelli di Londra, invece ci eravamo detti come Londra mai più. Sarebbe il caso, dico a te, a te laggiù che tieni la testa bassa, perché avevamo preparato la partita in un altro modo. Lo so, lo so. Il gol al secondo minuto. E allora? Non valgono forse i gol dopo due minuti? Meglio prenderlo al 2’ che a due minuti dalla fine. Invece ci siamo bloccati. Impauriti. Demoralizzati. Sarebbe il caso perché ci siamo comportati come una squadra che non è ancora pronta per partite così. Non dico per vincerle, dico proprio per giocarle. Invece ognuno di voi, preso singolarmente, lo sarebbe. Tu, dico a te, tu sei uno dei migliori al mondo nel tuo ruolo, anche tu, e tu. Insieme però non ancora. Sarebbe il caso che io urlassi in spagnolo quando vedo certe cose che non mi piacciono e il risultato nemmeno c’entra. Vedo occhi al cielo, guance che sbuffano, braccia che si allargano. Gonzalo y Calle: cos’è questa storia con Lorenzo? Nunca mas, mai più.

Poi c’è altro che non ha funzionato. Ma quelli sono errori, gli errori non sono reati. Gokhan, dovevi venire dietro a prenderti più spesso la palla, lo hai visto che Llorente ti tagliava fuori dalla rete dei passaggi? La palla doveva girare di più sugli esterni, ce lo siamo detti, così avremmo allargato la loro difesa a tre, allargando la loro difesa a tre avremmo lasciato spazio a Gonzalo e Marek per entrare. Non lo abbiamo fatto. Un po’ abbiamo sbagliato noi, un po’ ce lo hanno impedito loro. Perciò quando dico che potrei urlare aggiungo che non lo meritereste. Non si è mai soli in campo, chi ha giocato lo sa. Nonostante tutto, anche se dominati – perché ci hanno dominati – a lungo ci sarebbe bastato un gol per pareggiare. Questo, fuori non lo dirò perché sembrerebbe una scusa, io scuse non ne voglio. Ma tra di noi diciamocelo. Ci schiacciavano ma non ci hanno schiacciato. Per 75 minuti.

Ci basta? Ci piace? Ci accontenta? Non ci basta. A me no. Sono venuto a Napoli per vincere qualcosa, non per contare quanti punti ho in più rispetto all’anno scorso. Per vincere dobbiamo crescere. Io, voi, tutti. Colpa mia: fuori parlerò così. Dobbiamo crescere. Me importa un bledo, non mi importa niente de lo que diràn. Ricomincerà todo el asunto sulla posizione di Hamsik. Sì, tutte le critiche. Sono gli stessi che dopo 5 gol dicevano che avevo inventato un altro Gerrard, io me li ricordo, tu Marek te li ricordi, no? Lasciali perdere. Scriveranno che ti sei smarrito perché giochi spalle alla porta. Spalle alla porta. È successo qualche volta, ti ringrazio del sacrificio che hai fatto, ma non succede sempre, non giochi sempre spalle alla porta, in ogni caso non è successo stasera. Scriveranno che non lasci il segno nelle partite decisive, quando invece, me lo hai detto tu, facevano il calcolo e gli articoli su quante partite il Napoli avesse vinto senza di te. Poche, scrivevano. Va così. Quando perdi, le civette escono dal buio. Estoy hasta el culo, sì, ne ho abbastanza.

Parleranno di calcio e vorranno sembrare esperti. Diranno che dovevo mettere Mertens invece di Callejon, lo sai Dries?, tre mesi fa non conoscevano né te né lui, sì, nemmeno te, José. Io vi difendo, ma stasera devo dirvi che crescere significa trovare insieme le soluzioni. Vedrete, usciranno gli scienziati. Diranno che sono un testardo a insistere con questo modulo, che abbiamo regalato un uomo a centrocampo, nessuno però che lo abbia detto prima, nessuno parla mai prima. Vi diranno che siete rimasti gli stessi degli anni scorsi, quelli a cui manca il centesimo per fare un euro. Lo impedirò. Ve lo giuro. Lo impedirò perché è una bugia. Non siete gli stessi di un anno fa, non lasciate che vi convincano. Avete battuto il Borussia Dortmund, un anno fa perdevate con il Viktoria Plzen. Siete andati in campo a San Siro con il Milan, dopo cinque minuti potevamo stare 2 a 0 per noi e l’avete vinta. Siete andati in campo a Firenze, dove la Juve ha perso – dove la Juve ha perso – e l’avete vinta. Avete battuto il Chievo a Verona, il Bologna, andiamo, su, non vi devo fare tutto l’elenco, mentre l’anno scorso avete regalato punti contro quelle squadre lì, me lo avete raccontato voi che forse lo scudetto se n’è andato così, il problema era imporre un gioco contro le più piccole.

Dopo che avrò parlato, qualcuno forse dirà finanche che il mio è un linguaggio vecchio. Ma io dico dobbiamo crescere, Napoli era abituata a sentire: “siamo cresciuti”. Io dico siamo al 75% per cento e guardo avanti, guardo al 25% che mi manca come a un assillo, a un orizzonte verso cui tendere. Non guardo indietro, ai punti in più che ho rispetto a un anno fa. Potrei farlo. Sono due rispetto a un anno fa. E lo sapete quanti sono rispetto all’ultimo anno in cui giocavate campionato e Champions? Lo sapete? Sono undici. In 12 giornate perdeste a Verona, a Catania, con il Parma in casa, in casa 0-0 con la Lazio e con la Fiorentina. Ma non lo dirò. Dico che bisogna crescere. Vi pare la stessa lingua? Dobbiamo crescere significa che non ci accontentiamo, significa alzare la voce con voi dopo aver perso 3 a 0 con la Juventus perché io dentro di me sono sicuro che ci manca poco per giocarcela alla pari e vincerla. Significa alzare la voce anche se non lo meritate, perché avete fatto un grandissimo lavoro in questi mesi e non era scontato. Lo dà per scontato chi non conosce il calcio, ma se non conosce il calcio allora no me jodas, ve lo ripeto, non mi rompano le scatole. A quelli fuori piace ripetere “sin prisa pero sin pausa” solo quando vinciamo, mentre “sin prisa pero sin pausa” andrebbe ripetuto adesso, proprio in questo momento. Che devo farci? Un tempo certa gente parlava nei bar, brontolava, sparava chorradas, come se dice?, cazzate. Tu li sentivi, scuotevi la testa, passava un amico, ti metteva una mano sulla spalla e ti diceva: lascialo stare, lo vedi che è ubriaco.
Perciò adesso vado fuori e vi difendo.
Il Ciuccio

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