Goikoetxea su Maradona: il fallo più famoso del mondo compie trent’anni

Il fallo più famoso del mondo compie 30 anni. Ventiquattro settembre 1983, le 22.27 ora di Barcellona. Camp Nou, la sera in cui lo stadio sta festeggiando i suoi 26 anni di vita. Barcellona-Atletico Bilbao. I vincitori della Coppa del re contro i vincitori degli ultimi due campionati. Ci sarà poco da festeggiare. Il fallo […]

Il fallo più famoso del mondo compie 30 anni. Ventiquattro settembre 1983, le 22.27 ora di Barcellona. Camp Nou, la sera in cui lo stadio sta festeggiando i suoi 26 anni di vita. Barcellona-Atletico Bilbao. I vincitori della Coppa del re contro i vincitori degli ultimi due campionati. Ci sarà poco da festeggiare. Il fallo più cattivo del mondo va in scena al minuto 12 del secondo tempo, con il Barcellona in vantaggio per 2-0. Il numero 10 del Barcellona arriva sulla palla, la tocca col sinistro e se la allunga, il difensore dell’Atletico Bilbao gli arriva addosso con il piede sinistro. Lo manda giù. Il Dieci si capovolge, si gira su stesso, finisce seduto sull’erba e mette le mani sulla caviglia. Poi si piega sul fianco sinistro, i riccioli neri nell’erba, la faccia in giù, di nuovo la caviglia fra le mani, è finita, pensa. Diego, è finita. Frattura del malleolo alla caviglia sinistra, lesione del legamento collaterale interno. Il difensore, Andoni Goikoetxea Olaskoaga, 27 anni, sette mesi prima convocato in nazionale, diventerà per il mondo del calcio “il macellaio di Bilbao”, el carnicero. Mentre alla clinica Asepeyo Maradona attende l’intervento chirurgico, con suo padre, suo fratello Lalo, la fidanzata Claudia e il dottor Gonzalez Adrio, allo stadio l’allenatore Menotti attacca. “Hanno visto tutti, che cosa devo aggiungere? C’era una squadra che voleva dare spettacolo e un’altra che non voleva saperne di giocare a calcio. Che vogliamo fare? Aspettare che un giorno ci scappi il morto? Ci sono momenti in cui sono molto stanco di questo calcio”. Sotto accusa l’arbitro, il murciano Bartolomé Jimenez Madrid, che ha tollerato sin dall’inizio il gioco duro dei baschi. Javier Clemente, allenatore dell’Atletico, difende il suo Goikoetxea: “Sono molto orgoglioso dei miei giocatori. Se avessero dato il cartellino rosso a Schuster e a Migueli, lo avrebbe meritato anche Goikoetxea. Ma così no”. Clemente sarà ct della Spagna fra il ’92 e il ’98. Diego intanto parla al medico. “Fai quello che devi, io devo tornare in campo”. L’intervento durerà due ore. Alle quattro del mattino in clinica arriva l’unico compagno di squadra che si faccia vivo accanto a Maradona. E’ Enrique Castro Quini, il centravanti, con sua moglie Maria Neves. Quini, due anni prima, era stato protagonista di un episodio che aveva sconvolto la Spagna. Poche ore dopo una tripletta contro l’Hercules, viene rapito da due banditi. Resta sotto sequestro per 25 giorni, fino al blitz della polizia che lo libererà. Quini arriva in clinica da Maradona e gli dice: “Scusami, Diego, sono qui perché non riesco a dormire”. Si presenta un altro argentino, Raul Longhi, un calciatore del Girona. Arriva in clinica dopo essere stato espulso durante la sua partita, doppio giallo, il secondo per un’entrata dura. “Quando ho visto in tv quello che era successo a Diego, mi sono detto che dovevo venire qui”. “Goicoechea o Attila?”, titolerà il Mundo Deportivo il giorno dopo. In prima pagina la foto di Maradona e il titolo “Il crimine”. “Ci sono troppi Goicoetxea sui nostri campi”. La stampa basca tira in ballo Schuster e le sue provocazioni. Anni dopo il Times eleggerà il basco come giocatore più cattivo di tutti i tempi, davanti a Stuart Pearce del Nottingham Forest e Basile Boli del Marsiglia. Davanti alla commissione giudicante, Goikoetxea si presenta a capo chino, umile, pentito. Chiede che non gli sia inflitta nessuna sanzione, si dice pronto a telefonare a Maradona (non l’aveva ancora fatto), ribadisce l’involontarietà del fallo. La commissione guarda i filmati e decide: 18 giornate di squalifica. Ne rischiava 25. Meno contrito sarà negli anni Goikoetxea. Mette in una teca di cristallo la scarpetta con cui ha spaccato la caviglia a Maradona. Resta schiavo di quella notte. E’ la prima cosa che tutti gli chiedono, la sola cosa che gli pare lui debba raccontare di una carriera intera. Eppure nel 1986 è ai Mondiali, segna persino un gol, ma sono i Mondiali di Diego. Goikoetxea dirà: “C’è gente che con i suoi falli ha troncato carriere. Tutto quello che ha vinto Maradona, lo ha vinto dopo il mio fallo. Forse non gli ho fatto così male”. In clinica, in quella notte settembrina del 1983, anche al presidente Nunez scappa una frase che Diego non gradirà. “O cambiano le regole o ingaggeremo un altro tipo di calciatore”. Era la sua priorità. Quando l’intervento finisce, il medico annuncia: “Nella gravità di quello che è successo, ciò che conta è che Diego tornerà a giocare”. Dopo 283 giorni Maradona sta palleggiando dentro lo stadio San Paolo. Buonasera napolitani.
Il Ciuccio

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