Thiago Silva: «Mi chiamano Thiago Button, Ancelotti mi disse di guardare Maldini: lì ho cambiato mentalità»

A L'Equipe: «Ancora non ho capito perché Leonardo mi fece fuori dal Psg. Sogno di concludere la carriera vincendo un Mondiale. Da allenatore mi ispirerò a Guardiola e Tuchel».

Thiago Silva Brasile

Db Milano 11/10/2022 - Champions League / Milan-Chelsea / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Thiago Silva

Thiago Silva a 41 anni sogna di giocare l’ultimo Mondiale con il Brasile, prima di diventare allenatore. L’intervista a L’Equipe.

L’intervista a Thiago Silva

Nove anni fa, a Belo Horizonte, ci hai detto: “Spero di giocare fino ai 40 anni, come Maldini”. Non era uno scherzo:

«Con il Fluminense abbiamo parlato di Paolo Maldini e del mio finale di carriera. L’idea di giocare il più a lungo possibile è nata quando sono arrivato al Milan nel 2009. Maldini stava giocando i suoi ultimi sei mesi, e non ero ancora idoneo per giocare. Ma Carlo Ancelotti mi ha chiesto di essere presente a tutte le partite per osservare da vicino Maldini. È stato da lì che ho cambiato mentalità e ho deciso di diventare un atleta, non solo un calciatore».

Thomas Tuchel, il tuo allenatore al Psg e Chelsea, ti ha soprannominato Benjamin Button:

Thiago Silva:«I tifosi mi hanno persino chiamato Brad Pitt per ridere. A poco a poco, sono diventato Thiago Button. Era bello perché significava che i miei sacrifici erano visibili. Mi hanno spinto ad allungare la mia carriera ma mi ha anche messo più pressione. Ho dovuto prepararmi in modo ancora più metodico. Perché queste lodi hanno un prezzo».

Hai influenzato diversi giocatori. Perché non sei riuscito a influenzare Neymar?

«Ma ha tutto: la camera iperbarica, la vasca di ghiaccio, uno chef, un fisioterapista, un personal trainer… La gente lo giudica male. Vi assicuro che si sta preparando correttamente, che è determinato ad essere al top per competere alla Coppa del Mondo. Poi i difetti fisici sono inevitabili. Guarda Rodri».

Al Psg, Mbappé e Neymar andavano d’accordo all’inizio, poi il loro rapporto si è deteriorato. Perché?

«E’ stata una storia molto bella però. Ricordo quando abbiamo vinto contro il Monaco di Kylian Mbappé nel 2017, lui mi disse: “Anche se Neymar firma, voglio venire anche io e far parte di questa squadra. Se puoi, parlarne con il presidente”. I due sono arrivati quell’estate e il loro rapporto è stata incredibile. Non so poi chi dei due abbia causato dei litigi».

Ci sono state incomprensioni con i tifosi brasiliani, specialmente durante la Coppa del Mondo 2014, ma alcuni chiedono il tuo ritorno per la Coppa del Mondo 2026…

«Mi rende felice che la gente pensi a me per giocare di nuovo con la Seleçao, a 41 anni. Questo è un motivo di orgoglio. Le critiche del 2014 avrebbero potuto spingermi a lasciare il calcio se non avessi avuto la forza mentale necessaria.» 

Sogni di indossare la maglia del Brasile più di tre anni dopo la tua ultima convocazione?

Thiago Silva:«Mentirei se dicessi che non è nei miei piani. Ma non ho parlato di un possibile ritorno con Carlo Ancelotti. Sono a sua disposizione, comunque. Ho esteso il contratto con il Fluminense proprio per provare a puntare al Mondiale. Ti immagini se finisco la mia carriera da campione del mondo? Sarebbe il momento perfetto per fermarsi.»

Prima del Psg, saresti potuto entrare in un altro club francese. Quale?

«Il Bordeaux, nel 2004. Ad essere onesti, non avrei mai immaginato di giocare in Francia. Quando ero al Milan, nel giugno 2012, Nesta, Pirlo, Gattuso dissero addio. Non io. Dissi che sarei rimasto. Ma, durante il raduno per le Olimpiadi, il Psg mise pressione. Non volevo andarmene ma Adriano Galliani mi disse: “Thiago, scusa, ma abbiamo problemi economici.” Ho quindi firmato ma il primo anno è stato complicato, poi mi sono sentito a casa». 

Cos’è successo con Leonardo, ex ds del Psg?

«Ancora non l’ho capito. E’ ancora una delusione per me. Quando mi ha convinto a firmare per il Milan, avevo un pre-contratto con un’altra squadra per la quale avrei potuto giocare subito, senza aspettare sei mesi come nel caso del Milan. Avevamo un rapporto di fiducia. Durante la pandemia, Leonardo mi chiama e mi informa che non farò parte del progetto per la stagione successiva. Ero deluso ma accetto di giocare altri tre mesi. Siamo arrivati contro il Bayern in finale. Il giorno dopo, Leonardo mi chiede se ho firmato altrove, magari per offrirmi di prolungare il contratto. Strano. Mi conosceva bene, e ho trovato il suo approccio ancora più deludente.»

Quando vinci la Champions League l’anno successivo con il Chelsea, pensi al Psg?

«Ho sognato tanto di arrivarci. Quindi, quando vinco con il Chelsea, la prima cosa a cui penso, sì, è il Psg, Marquinhos e gli altri che hanno fallito con me. Durante i festeggiamenti, Neymar e Marquinhos si sono congratulati con me in videochiamata, è stato bello».

Da futuro allenatore, il lavoro di Luis Enrique ti affascina?

«Sì, il suo lavoro mi ispirerà. Ammiro quello che Luis Enrique sta facendo, ma forse sono più vicino come filosofia a Guardiola o Tuchel. Mi piace anche il lavoro di De Zerbi».

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