Theo Hernandez: «Non volevo lasciare il Milan. Io e Calabria andammo a Milanello con la maglia di Maldini, a qualcuno non piacque»

Alla Gazzetta: «Quando un dirigente ti dice "se resti, vai fuori rosa", devi andar via per forza. Inzaghi mi ha detto per convincermi: "Andiamo a vincere insieme?"».

Theo Hernandez

Cm Milano 18/02/2025 - Champions League / Milan-Feyenoord / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Theo Hernandez

L’ex calciatore del Milan, ora all’Al Hilal, Theo Hernandez ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport dove smentisce le notizie uscite sulle modalità del suo addio in rossonero.

L’intervista di Theo Hernandez

Come l’ha convinta Inzaghi?

«Mi ha detto: ‘Andiamo a vincere insieme?’. So che all’Inter lo chiamavano ‘demone’. In campo una persona, fuori un’altra: un gentleman. Ogni tanto mi ha fatto qualche battuta sul fatto che l’anno scorso gli ho fatto perdere la Supercoppa qui a Riad, ma anche lo staff mi ricorda i derby o i duelli con Dumfries.»

Ha incontrato il Milan?

«Sì, prima della partita con il Napoli. Quando andai via non riuscii ad abbracciarli tutti come avrei voluto. Mi dispiace che abbiano perso. C’erano anche Allegri, Tare e Ibra. Furlani non si è fatto vedere.»

Non sarebbe mai andato via?

«Mai. La mia priorità era restare.»

Il suo post d’addio fu polemico: 

«È la verità. Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio».

Le critiche dei tifosi le hanno fatto male?

«Molto. So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, ma siamo umani. Non ero sereno mentalmente e avrei potuto fare meglio, ma i tifosi sanno chi è stato Theo al Milan.»

Si è parlato anche di presunte aggressioni…

«C’è chi vuole rovinarti la vita e la carriera. Sono stato male nel leggere certe cose, ma la mia famiglia sa che non è vero.»

Disertare il famoso cooling break di Fonseca fu un errore?

«È stato ingigantito. Io e Leao eravamo entrati da poco e siamo rimasti lì. Dicevano che non avessimo un bel rapporto con gli allenatori, ma non era vero. Io andavo d’accordo anche con Conceiçao». 

Si è sentito abbandonato dal Milan?

«Avrei meritato un trattamento migliore. Non me l’aspettavo. Alcuni compagni mi spingevano a restare, ma quando un dirigente ti chiama e ti dice ‘se resti qui ti mettiamo fuori rosa’ io che cosa posso fare? Cerco altro».

Era stato scelto grazie a Maldini:

«Il giorno in cui mi ha chiamato per incontrarci è stato il più bello della mia vita sportiva. Mi raggiunse a Ibiza e parlammo di fronte a un’aranciata. Se sono diventato ciò che sono, e anche il difensore del Milan con più gol, è grazie a lui. Tuttora siamo sempre in contatto. La sua maglia con dedica mi emoziona: ‘Theo, il mio degno erede’.»

Il suo addio l’ha spiazzata?

«Mi sono sentito spaesato. L’anno scorso io e Calabria ci presentammo a Milanello con la maglia di Paolo, a qualcuno non andò bene. A parte Ibra, la mancanza di milanismo di sente».

Com’era Zlatan come compagno?

«In allenamento ci massacrava. Per il nostro bene».

Il segreto di Pioli?

«Dopo quel ko a Bergamo per 5-0 ci rivoltò come un calzino. Ricordo i suoi discorsi e la sua calma. Lo scudetto del 2022 è nato lì, con quella sconfitta».

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