L’Equipe racconta la “sindrome” Strava: prima lo usavano i runner ora anche per andare supermercato

L'app di tracking sportiva è ormai a tutti gli effetti un social, e usa gli stessi meccanismi di induzione alla dipendenza

Ferlaino Napoli camorra

Strava una volta era un’app che serviva a monitorare gli allenamenti, e poi a condividerli nella comunità di runners e ciclisti abbonati. Oggi invece c’è gente che attiva il tracciamento gps di Strava anche quando va a fare la spesa al supermercato. È diventato un tic, una mania. L’Equipe per esempio racconta di Charles che tra il 2018 e il 2021 registrava tutto: 400-500 attività l’anno, 10 mila chilometri, a volte anche solo il tragitto per comprare il pane. Il suo capolavoro resta un’uscita del 2021: 780 metri in due minuti e mezzo, titolo programmatico: “Questo giro è solo per inquinare il tuo feed Strava”.

Il giornale francese sottolinea questo fenomeno ormai patologico. Una sorta di sindrome Strava. E fa parlare i tossici del tracking prestazionale. Ma il punto non è la prestazione, dicono. È la somma. Sapere quanti chilometri hai a fine settimana, a fine anno. Bérengère per esempio lo sa benissimo: 4.561 km dall’inizio dell’anno, 636 uscite, media chirurgica. Unica regola: sotto il chilometro non si registra. Regola nata dopo le prese in giro degli amici per un’uscita da 900 metri. Anche l’ossessione ha bisogno di una linea rossa.

L’orologio, quando prende la mano, fa cose strane. Riscaldamento: on. Allenamento: off. Sessione: on. Rientro: on. Quattro attività, stesso pomeriggio. «Puoi calmarti, per favore?», le scrive un’amica. E poi la sentenza definitiva: «Se non è su Strava, non esiste».

Dietro c’è il lavoro sedentario, dicono. Il bisogno di muoversi, di misurarsi, di controllare. Ma c’è anche altro. Un po’ di esibizionismo, ammettono. Il riepilogo di fine anno, stile Spotify Wrapped, che ti dice che hai fatto “più dell’anno scorso”. Dopamina.

Strava è in realtà un social network travestito da app sportiva. Feed, follower, Kudos, commenti. C’è chi lo apre prima di Instagram, prima delle mail. Un riflesso pavloviano: esci di casa, premi “start”. Notifica, gratificazione. Poi arrivano i segmenti, le sfide, lo status di “leggenda locale”. Meccanismi semplici, efficaci. «Ti senti intrappolato», dice qualcuno.

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