La bomba del Chiringuito: Bin Salman vuole offrire 10 miliardi per comprare il Barcellona

La squadra catalana ha un debito superiore ai 2,5 miliardi di euro, difficile da estinguere. L’unico vero ostacolo sono i soci. Non sarebbe la prima squadra acquistata da un fondo arabo.

arabia bin salman

Saudi Crown Prince Mohammed bin Salman, FIFA president Gianni Infantino and Russian President Vladimir Putin watch the ceremony prior to the Russia 2018 World Cup Group A football match between Russia and Saudi Arabia at the Luzhniki Stadium in Moscow on June 14, 2018. (Photo by Alexey DRUZHININ / SPUTNIK / AFP)

Mohamed bin Salman sarebbe pronto a offrire 10 miliardi per il Barcellona, gravato da oltre 2,5 miliardi di debiti, ma il nodo decisivo resta l’approvazione dei soci.

Barcellona saudita

Scrive François Gallardo (El Chiringuito Tv) su X:

“Mohamed bin Salman, principe dell’Arabia Saudita, è pronto a presentare un’offerta da 10 miliardi di euro per acquistare il Barcellona.

Il Barça ha un debito superiore ai 2,5 miliardi di euro, difficile da estinguere.

L’unico vero ostacolo sono i soci, ma…attenti!”

 

 

 

Come ha fatto il Barcellona ad accumulare debiti per un miliardo e mezzo senza fallire?

Tutto parte nel 2017, con la cessione di Neymar al Psg per 222 milioni di euro, la più ricca cessione della storia. Invece di reinvestire con prudenza, il Barça si è lanciato in una corsa folle di spese: quasi un miliardo in trasferimenti (Coutinho, Dembélé, Griezmann) e un contratto faraonico a Messi (oltre 500 milioni lordi in quattro anni). Il monte stipendi è esploso, arrivando a oltre 80% dei ricavi, e la pandemia ha distrutto gli introiti da stadio. Risultato: un buco di 555 milioni di euro nel 2020-21, il peggior bilancio mai visto nel calcio.

Laporta, tornato presidente, ha ovviamente accusato i predecessori ma ha poi per andare avanti si è inventato le famose “palancas”, le leve economiche: vendita del 25% dei diritti tv della Liga per 25 anni al fondo americano Sixth Street (667 milioni incassati subito); cessione di quote di “Barça Studios” (poi Barça Vision) a società come Socios e Orpheus Media per altri 200 milioni, di cui una parte mai realmente incassata; nuove formule di finanziamento, come la vendita trentennale di posti vip al Camp Nou (altri 100 milioni). Tutte mosse pensate per gonfiare i bilanci e rispettare i parametri della Liga, più che per costruire sostenibilità. Molte di queste entrate erano una tantum, o persino virtuali.

Nel frattempo, il maxi progetto Espai Barça, cioè la ristrutturazione del Camp Nou e dell’area circostante, è diventato un pozzo senza fondo: costi saliti da 600 milioni a quasi 1 miliardo, con ritardi, stadio ancora chiuso e incassi dimezzati durante l’esilio all’Olimpic. Per finanziarlo, il club ha accumulato un debito lordo di circa 1,45 miliardi di euro, il più alto del calcio mondiale.

Oggi il Barça dichiara una “ripresa economica”, ma la realtà è che sopravvive vendendo il futuro per pagare il presente. Il ritorno al Camp Nou e il successo sportivo sono vitali per non far saltare il castello contabile costruito sulle palancas.

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