Il Maradona di Kapadia (che racconta anche l’oscuro tra Napoli e Diego) è il miglior documentario sportivo per il Telegraph
Diego schiacciato dall’amore isterico che lo circondava ogni volta che usciva di casa. Nella top ten, anche il Apr di Briatore e la Corea del nord ai Mondiali del 66

1989 archivio Storico Image Sport / Napoli / Diego Armando Maradona / foto Imago/Image Sport
I documentari sportivi migliori non sono quelli delle vittorie e dei trionfi ma quelli che parlano di fallimenti, crolli nervosi e perdite di controllo. Non a caso i più belli parlano di Maradona. Alcuni vanno oltre lo sport per collocare i loro protagonisti in un contesto più ampio. Il Telegraph ne consiglia dieci per le feste natalizie. E al primo posto piazza il Maradona di Kapadia documentario strepitoso che a Napoli in pochi hanno apprezzato perché il regista ha osato mostrare anche i lati oscuri di quel rapporto, un amore tossico che ha finito con lo stritolare Diego.
In cima alla lista c’è
Diego Maradona (2019) – la storia del genio
Il capolavoro di Asif Kapadia si apre con l’euforia apparentemente insostenibile di Delorean Dynamite di Todd Terje, su immagini da dashcam che sfrecciano per le strade di Napoli (il viaggio di Diego nell’auto della polizia verso la conferenza stampa di presentazione, ndr). Incredibilmente il ritmo non cala mai: anzi, la parte dedicata al Mondiale 1986 sembra quasi una pausa rispetto al cuore del racconto, gli anni nel Sud Italia. Le immagini sono usate in modo così magistrale da far pensare che Kapadia abbia attinto a ogni ora di veglia della vita di Maradona. Il calcio è ipnotico, ma vediamo anche i suoi fallimenti: partite iniziali sbagliate, dribbling che non portano da nessuna parte. Arrivano la gloria e l’adorazione, ma anche una donna in un letto d’ospedale, pochi giorni dopo il parto, che sostiene che il bambino accanto a lei sia figlio di Maradona. Un peso si insinua nel suo volto e nel suo atteggiamento, schiacciato dall’amore isterico che lo circonda ogni volta che esce di casa, poi dalla cocaina, poi dalla mafia. C’è un epilogo elegiaco sugli anni successivi: drasticamente sovrappeso, tornato in Argentina e distrutto dalla dipendenza, ma almeno capace di fare un po’ di pace con il proprio passato. Un film bellissimo.
10) Home And Away (1984) – la trasferta a Londra per Liverpool-Everton
Due gruppi di tifosi del Merseyside in viaggio verso Londra per la finale di Coppa di Lega tra Everton e Liverpool. Si dice che un terzo della popolazione maschile di Liverpool abbia lasciato la città per la partita, ed è toccante vedere i sostenitori di entrambe le squadre lungo il tragitto cantare “Merseyside” più che il nome del proprio club. Le immagini della notte pre-partita a Londra ribollono di un pericolo alcolico, ma il vero risultato del film è catturare l’attesa di una grande partita e la depressione che segue. Sul pullman del ritorno, l’attenzione si sposta sulla ricerca infinita di un lavoro, realtà quotidiana dei protagonisti. Anche nella grigia metà degli anni Ottanta, il calcio restava una preziosa via di fuga.
8) The Four Year Plan (2011) – L’acquisizione del Qpr da parte di Briatore
La storia dell’acquisizione del Qpr da parte di Flavio Briatore e soci e della successiva promozione non è un grande trionfo tecnico del cinema, ma è un viaggio selvaggio. Come in altri titoli di questa lista, per gran parte del tempo ci si chiede perché la dirigenza abbia permesso a una troupe di entrare… e perché abbia poi autorizzato l’uscita del film. Briatore è una caricatura assurda del presidente impulsivo, incapace di resistere alla tentazione di interferire nelle scelte di formazione. Il club cambia cinque allenatori nei primi 18 mesi prima di approdare a Neil Warnock il cui primo gesto è togliere un cartello motivazionale al campo d’allenamento con scritto “solo vincitori”. La squadra arriva incredibilmente al lieto fine, e alla fine ci si ritrova persino a tifare per il presidente-zerbino Gianni Paladini che piange di gioia quando il club evita una penalizzazione.
6) Six Days To Saturday (1963) – Un giocatore professionista a Swindon Town negli anni 60
Molto avanti per i suoi tempi, questo studio sullo Swindon Town alle soglie dell’era moderna. Six Days To Saturday racconta cosa significhi essere un calciatore professionista. “Non possono mai rilassarsi davvero”, dice lo scrittore e narratore John Boorman che poi dirigerà Point Blank e Un tranquillo weekend di paura. “Ovunque vadano, sono riconosciuti e osservati. Sono il fulcro dell’orgoglio di una città industriale di 92.000 abitanti. La loro fama li rende vulnerabili. Gli uomini della Pressed Steel, della Plessey, del deposito locomotive ammirano la loro bravura, invidiano la loro libertà e i loro alti salari. A disagio nella loro stessa comunità, si difendono con modestia, decoro, educazione.” Un magnifico affresco d’epoca.
5) The Game of Their Lives (2002) – La Corea del nord al mondiale
Il regista Daniel Gordon impiegò quattro anni di negoziati per ottenere l’accesso alla Corea del Nord e alla squadra che partecipò ai Mondiali del 1966. Li trovò di buon umore, smentendo la teoria del complotto secondo cui sarebbero stati giustiziati dopo la sconfitta ai quarti contro il Portogallo. La Corea del Nord aveva base a Middlesbrough e il film è particolarmente bello nel raccontare il legame nato con la gente del posto. Un ex raccattapalle viene individuato nelle immagini del ’66 e intervistato quasi quarant’anni dopo. Ma ciò che distingue davvero il film è lo spaccato sulla vita nello Stato paria e la profondità delle interviste. Quasi tutti i membri della squadra vengono raccontati e si ritrovano, con voci tremanti, a cantare la canzone del torneo che avevano scritto loro stessi. In un momento si stringe il pugno in aria, in un altro uno di loro scoppia in lacrime ricordando il presidente Kim Il-sung.
3) The Two Escobars (2010) – I due Escobar in Colombia
Accosta con grande abilità le vite di due colombiani con lo stesso cognome: il difensore Andrés e il narcotrafficante Pablo. Sembra assurdo, ma il film chiarisce subito come il denaro del traffico di droga sia entrato nel calcio. All’inizio tutto appare quasi farsesco: dirigenti corrotti e risse caotiche in campo. Poi un arbitro viene assassinato e si comprende la gravità della situazione. Andrés faceva parte dell’Atlético Nacional, prima squadra colombiana a vincere la Copa Libertadores e beneficiaria dei soldi riciclati di Pablo. Elegante difensore centrale, andò al Mondiale Usa 1994 con una nazionale che ambiva a migliorare l’immagine del paese. Era considerata una possibile sorpresa, ma deluse. Con Andrés autore di un autogol nella decisiva seconda partita del girone. Nel frattempo, in The Two Escobars la violenza cresce fino a livelli spaventosi, finché entrambi i protagonisti non muoiono: Andrés viene ucciso a colpi di pistola cinque giorni dopo l’eliminazione, al termine di una lite fuori da una discoteca. Cupamente avvincente.











