È in atto una vera e propria battuta di caccia contro Lamine Yamal. La causa? Il disprezzo razziale
Si legge su El País: "Sono gli ariani, spagnoli e catalani, uniti dal disprezzo razziale verso un ragazzo nato in Catalogna ma di origini magrebine. Lui, fortunatamente, continua ad andare avanti"

Barcellona 30/04/2025 - Champions League / Barcellona-Inter / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Lamine Yamal ONLY ITALY
Rafa Cabeleira, sulle colonne di El País, analizza senza filtri il clima che si è creato attorno a Lamine Yamal: non solo critica sportiva, ma una vera e propria campagna di delegittimazione che va oltre la rivalità calcistica e tocca dinamiche culturali, identitarie e sociali molto più profonde.
Lamine Yamal, vittima di un clima altamente tossico: i dettagli
Si legge su El País:
Esiste una campagna di delegittimazione contro Lamine Yamal e non tutti i colpi partono da Madrid, per quanto possa essere comodo ridurre tutto a una mera questione di politica territoriale. Basta affinare un po’ l’orecchio per rendersi conto che la battuta di caccia organizzata contro Lamine Yamal attinge da altre fonti, altre motivazioni e universi ben più complessi della semplice rivalità calcistica.
Se frequentasse soltanto il liceo o l’università, e non giocasse in una squadra di Primera División, chiunque potrebbe riconoscere attorno a lui comportamenti più vicini al bullismo che alla critica legittima. Ma senza forzare troppo l’analisi, bisogna anche accettare che tutto ciò che circonda il calcio è intriso di un grado di barbarie difficilmente riscontrabile in altri ambiti della vita, appena giustificato dai tanti zeri dello stipendio.
Il gruppo che inquieta davvero non sfoggia sciarpe né si nasconde più di tanto. Sono gli ariani, spagnoli e catalani, uniti dal disprezzo razziale verso un ragazzo nato in Catalogna ma di origini magrebine. Quelli della scusa culturale, che è sempre la peggiore delle scuse. Basta ricordare i commenti ricevuti durante l’ultimo Europeo o quanto accaduto proprio questa settimana in un programma di Tv3, dove uno degli opinionisti è arrivato a insinuare, senza il minimo imbarazzo, se dovesse essere considerato catalano. Come se la catalanità fosse una tessera distribuita nei talk show e ritirata a piacimento.
Altri tipi di critica
Poi ci sono gli altri, meno pericolosi ma altrettanto attivi. I nostalgici del “non è Messi”. I moderati del “gli piace troppo piacersi”. I paladini dell’umiltà con il loro “non serve ostentare”. Gli annoiati del “il calcio non è un gioco”. Quelli del “non corre, non pensa alla squadra”. E naturalmente i cartomanti del “finirà male”. Tutti insieme formano un coro denso, soffocante, dedicato a iper-analizzare ogni gesto, ogni esultanza e ogni silenzio.
Lamine non sta pagando tanto per ciò che fa, quanto per ciò che rappresenta: un talento precoce, sfrontato e meticcio in un Paese che tollera a fatica chi non chiede permesso per brillare. Per questo il branco ringhia, anche quando il pallone non rotola, mentre lui cammina a testa alta sapendo (anche se nessuno glielo ha spiegato) che non esiste altra difesa se non continuare ad andare avanti.











