Duplantis: «Se batto i record è anche per denaro, il limite è dove lo metto io» (El Pais)
Primatista mondiale con 6,30 m, ha battuto il record del mondo 14 volte. Si chiama "Mondo" perché un amico siciliano lo utilizzava come diminutivo di Armando

Sweden's Armand Duplantis competes to pass 6.25m and set the new world record in the men's pole vault final of the athletics event at the Paris 2024 Olympic Games at Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on August 5, 2024. (Photo by Antonin THUILLIER / AFP)
Lo hanno chiamato Armand, ma per il mondo, e per se stesso, è Mondo. Lui è Armand “Mondo” Duplantis, è un astista svedese, nato nel 1999 a Lafayette da padre statunitense e madre svedese, e che ha scelto di gareggiare per il Paese scandinavo. Considerato il più grande di sempre nella specialità. Primatista mondiale con 6,30 m, ha battuto il record del mondo 14 volte. È doppio campione olimpico e domina tutte le categorie d’età fin dall’adolescenza. Tecnica, velocità e forza mentale lo rendono un unicum nella storia dell’atletica. Lo ha intervistato El Pais
Le parole di Duplantis
«Il migliore amico di mio padre è siciliano e ha iniziato a chiamarmi Mondo quando avevo quattro anni, come forma affettuosa di dire Armando», spiega. «So che in italiano significa “mondo” e mi piace molto. Si collega al mio modo di essere».
Il suo obiettivo era essere il migliore della storia o semplicemente superare l’asticella che aveva fissato suo padre, senza altro?
Direi entrambe le cose, allo stesso tempo. Avevo grandi sogni e aspirazioni e volevo essere il migliore della storia, il migliore che fosse mai esistito. Ma era anche una competizione interna con me stesso. Ho sempre voluto essere la miglior versione possibile di me e sentire di stare migliorando, di progredire.
Lei è diventato il migliore della storia già a 15 anni… Detiene i record mondiali in tutte le categorie d’età: ragazzi, allievi, junior, under 23, senior… È imbattuto da due anni. Ha battuto 14 volte il record del mondo assoluto. È doppio campione olimpico. È sempre stato il migliore. Come si può vivere sapendo di essere il migliore ed essere allo stesso tempo una persona sensata?
Bisogna abituarsi, perché lo sport trova sempre il modo di abbatterti. L’ego può essere letale. Bisogna rispettare quanto sia difficile rendere giorno dopo giorno, essere costanti e restare in cima. So quanto è difficile e quanto velocemente possano cambiare le cose, quindi cerco di restare grato e concentrato, di capire cosa mi rende forte e nutrirlo sempre, senza mai allontanarmene. Lo sport non è mai facile: semplicemente diventi sempre più bravo a gestire le parti difficili. Non puoi mai permettere all’ego di farti credere che lo sport sia facile, perché non lo è mai. Ed è per questo che bisogna mantenere sempre un atteggiamento umile e modesto.
Esiste un limite?
No, non lo credo. Il limite è dove lo metto io. Ovunque finisca.
Il suo primo record del mondo fu 6,17 m e centimetro dopo centimetro, in sei anni, è arrivato a 6,30 m… Non c’è troppo calcolo economico in questa pratica di salire centimetro per centimetro?
La spiegazione più comune è che ogni volta che batto un record ricevo un bonus in denaro. Non è una bugia, è vero: è un fattore che entra nel calcolo, ma non è l’unico. Battere un record è un momento unico che posso regalare al pubblico, condividere con tutti. E quando lo fai, alla gente non importa se è per uno o per dieci centimetri: vogliono solo vedere qualcosa che non hanno mai visto prima, vedermi superare i limiti, anche solo di un centimetro.
Inoltre, quando batto un record è la prima volta che affronto quell’asticella. Non provo mai record in allenamento: lì salto circa 20 centimetri in meno. In gara c’è l’energia del pubblico, che è ciò che mi dà la velocità necessaria. Non è vero che potrei saltare 6,40 m in allenamento ma tento solo 6,30 m per guadagnare di più. È falso.
Se potesse competere contro una leggenda del passato, chi sceglierebbe?
Suppongo Bubka. Sarebbe stato fantastico competere contro di lui al massimo della forma. Credo che lui pensi di poter avere qualche possibilità di battermi, ma io non lo credo.
Parigi sembrava magica, ma l’atmosfera di Tokyo l’ha superata…
È vero, ma non ti rendi conto di quanto tutto sia speciale finché non senti gli altri parlarne, perché per noi è naturale. Ci sono atleti come Manolo e Sam Kendricks, persone incredibili. Vogliamo batterci in pista, ma ci rispettiamo, ci vogliamo bene, siamo come fratelli. Non è come il calcio: qui siamo tutti contro l’asticella. La competizione non è necessariamente tra di noi.
Forse è una questione generazionale, come Alcaraz e Sinner nel tennis?
Sì, forse. È possibile essere amici e allo stesso tempo competitivi. Alla fine è un gioco. Lo giochiamo al livello più alto del mondo, con molto in gioco, ma resta un gioco.











